CAPITOLO IV
IL
PARLAMENTO MODELLO
Gli anni che seguono la sconfitta di Simone
di Montfort sono anni di preparazione e di assestamento. Non tutto il programma
di riforma dei baroni andò perduto. Parte di esso fu acquisito in via
definitiva al patrimonio giuridico-costituzionale che in quegli anni si andava
accumulando.
Il Dictum di Kenilworth del 1267 segna il
momento di riconciliazione tra i baroni e la casa reale, di cui ormai Edoardo,
il vincitore di Evesham, è l'indiscusso campione.
L'anno successivo fu approvato lo statuto di
Marlborough, nel quale furono recepite interamente - o quasi - tutte le
clausole giuridiche delle Provvisioni di Westminster. Del programma dei baroni
fu rigettato solo la parte politico-istituzionale delle Provvisioni di Oxford.
Essa era troppo avanzata per quei tempi. Se
si fosse realizzata, il re « sarebbe diventato il primus inter pares » (1).
Questo era l'obiettivo, anche se inconscio e confuso, della settennale Guerra
dei Baroni. Con la loro ribellione, infatti, « i baroni fecero il primo
tentativo di ottenere il controllo del potere esecutivo.
I baroni di Runnymede avevano cercato, con
la clausola di garanzia della Magna Charta, soltanto un meccanismo per imporre
al re il rispetto dei patti, nel caso egli intendesse violarli e per
costringerlo a rimettere giustizia; i baroni che imposero ad Enrica III le
Provvisioni di Oxford cercavano molto di più e, per un certo periodo,
l'ottennero; essi miravano ad assicurarsi il controllo e l'esercizio del potere
esecutivo. Essi non miravano ad abolire la monarchia, ma intendevano esercitare
il potere esecutivo nel modo che essi più ritenevano giusto, senza tener conto
dei desideri personali del re.
« Il Consiglio dei Quindici, istituito nel
1258, come giustamente osserva Sìr Maurice Powick, al contrario di ogni altro
consiglio del passato, non era considerato e non agiva come espressione della
Curia Regis. Per un breve periodo, di conseguenza, il re regnava e il
Consiglio governava » (2).
Gli ultimi anni del regno di Enrico III
vedono una Inghilterra provata dalla lunga lotta e con un'amministrazione
statale approssimativa, che non riesce a tenere il passo con l'evoluzione
della società che proprio in quegli anni incominciava ad uscire dal lungo
tunnel del feudalesimo (3).
Alla morte di Enrico, nel novembre del 1272,
Edoardo si trova impegnato in una crociata in terra santa e ritornerà in patria
ne: 1274. Nonostante la lunga assenza dall'Inghilterra, il suo diritto alla
successione non fu mai messo in discussione (4); anzi, « per la prima volta
all'erede venne riconosciuta la piena legalità degli atti prima ancora della
sua incoronazione: il nuovo regno fu ufficialmente datato dal 20 novembre e
non dal giorno dell'incoronazione... Nel gennaio del 1273 una grande assemblea
fu convocata a Westminster per far prestare il giuramento di fedeltà a re Edoardo
ai grandi del regno che non l'avevano fatto, perchè assenti, ai funerali [di
Enrico] ed ai rappresentanti delle contee e dei Comuni »(5)
Il regno di Edoardo I occupa un posto
fondamentale nello sviluppo della costituzione inglese. Uomo dalla forte
personalità, delle qualità necessarie per essere un ottimo sovrano, come in
effetti fu, Edoardo si pose come primo compito, alla sua ascesa al trono, la
riforma dell'amministrazione del regno. Egli si rendeva conto che il sistema
feudale non corrispodeva più alle esigenze dei tempi e al corretto
funzionamento di un'amministrazione centralizzata. I rapporti tra stato e
baroni, tra stato e chiesa, tra baroni e piccola nobiltà, andavano corretti,
rivisti, razionalizzati (6).
In questo egli fu l'erede
spirituale del gran ribelle della Guerra dei Baroni (1258-1265), Simone de
Montfort, di cui era nipote e figlioccio.
Edoardo fu il primo sovrano inglese che
iniziò un'attività legislativa che non fosse limitata alla trascrizione o
promulgazione della consuetudine, ma fosse l'attività cosciente di un
legislatore che intendeva modificare o regolamentare la nuova realtà sociale
con un atto di volontà espresso dalla comunità su cui quell'atto ricadeva. In
questo senso egli fece del parlamento la seconda fonte del diritto: il diritto
scritto.
«Per l'uomo medievale il diritto non era
qualcosa che poteva essere foggiata, ma era un insieme di consuetudini che
dovevano essere definite, affermate, promulgate ed applicate, poichè si pensava
che fossero basate su principi che andavano al di là dell'uomo » (7). L'uomo
poteva soltanto trascriverle ed interpretarle e questo era quanto si ora
incominciata a fare nei tribunali e nelle assisi a partire da Enrico II, il
codificatore del diritto consuetudinario.
Ma molto spesso questo diritto si dimostrava
insufficiente a soddisfare tutte le richieste di giustizia che si presentavano
nei tribunali. Lo stesso Enrico II, come Enrico III e persino Edoardo I si
erano trovati costretti a modificarlo « con istruzioni impartite ai giudici, ma
questa prassi non poteva essere mantenuta indefinitivamente. Il diritto
scritto è la conseguenza del necessario bisogno di emendare il corpo delle
leggi per iscritto, in una forma accessibile per il pubblico »(8). Tuttavia,
in Europa « gli statuti di Edoardo I non erano assolutamente un fenomeno... La
stessa cosa avveniva ìn Aragona, Castiglia, Sicilia (9) e, in qualche misura,
anche in Francia. Una grande attività legislativa stava percorrendo l'Europa »
(10).
Nell'arco di quindici anni (1275-1290) fu
approvata dal parlamento una serie di statuti che fece dell'Inghilterra uno
stato moderno. A questi parlamenti i borghesi non furono convocati se non saltuariamente.
Da documenti di recente scoperta risulta che essi furono convocati con certezza
nel parlamento del 1275 e in quello del 1283. L'esempio di Simone de Montfort, pur
costituendo un precedente, rimaneva al di fuori della continuità legittima
delle istituzioni. Il suo parlamento, infatti, pur essendo stato convocato in
nome del re, era - come abbiamo visto - un'assemblea rivoluzionaria a cui i
borghesi furono convocati per rispondere ad una esigenza di natura politica:
quella di coinvolgere ì Comuni alla causa del partito dì Simone che, per la
defezione dì molti baroni, si era di molto indebolita. Con la loro
convocazione, Simone si proproneva di dare al suo tentativo di rinnovamento un
più vasto consenso nel paese e una più vasta base popolare.
Ma la
convocazione dei Comuni non diventerà continua neanche quando essi saranno
chiamati da Edoardo. Per avere la loro definitiva presenza bisognerà aspettare
ancora mezzo secolo, sino a quando, cioè, sì prenderà coscienza, in via
definitiva, del fatto che essi non erano semplicemente e soltanto i
rappresentanti di una località (i Comuni) - come venivano considerati
precedentemente - ma erano anche e soprattutto i rappresentanti dì una classe,
di una nuova classe in ascesa: la borghesia.
I grandi statuti di Edoardo si muovono in
quattro direzioni:
1) ordine pubblico
(statuto di Westmínster I e II, Distríctiones, Winchester);
2)riaffermazione dei
poteri del sovrano (statuto di Gloucester, «-arronto);
3 ) aggiornamento delle
leggi (statuto di Westminster II, Marlborough, Quia Emptores);
4) regolamentazione del
commercio (statuto di Acton Burnell, Merchant).
Lo sviluppo del diritto rappresenta una delle
tre direttrici in cui Edoardo dispiega la sua azione. La seconda, quella
dell'espansione territoriale, lo vide impegnato a combattere su tre diversi
fronti: contro il Galles, che conquista definitivamente; contro la Scozia, che riuscirà, dopo
dure lotte e alterne vicende, a conservare la sua indipendenza, e contro la Francia per la conquista
di alcuni possedimenti perduti dai suoi avi. La terza, infine, è quella dello
sviluppo del parlamento.
Ma mentre nelle prime due egli agiva sulla
base di un disegno politico preciso, in quella dello sviluppo del parlamento
agiva secondo le necessità del momento e non sempre si rendeva conto di quali
conseguenze erano gravide le concessioni che egli faceva alla comunità che esso
ormai rappresentava.
Sotto Edoardo il parlamento continua a
svolgere le funzioni ed i compiti ad esso tradizionali (fiscali, politici e
giurisdizionali) ma con più ampi scopi e maggiore determinazione. La funzione
politica, con la partecipazione più o meno regolare dei borghesi, assumerà un
significato e una dimensione nuova rispetto al passato.
« Edoardo I fece
diventare consuetudine un espediente occasionale, non per associare tutta la
nazione al governo del regno, ma per rafforzare il potere reale. Egli convocò i
rappresentanti dei Comuni quando gli sembrò che ciò favoriva i suoi interessi;
e spesso i problemi più importanti furono discussi senza di loro. Se alla fine
li convocò quasi regolarmente fu perchè egli percepì che il preventivo consenso
della piccola nobiltà e dei borghesi facilitava in modo notevole la raccolta
dei tributi e metteva persino il governo nella condizione di raccogliere di più
di quanto sarebbe stato altrimenti possibile senza il loro consenso.
« Un'altra ragione era
che le petizioni, attraverso le quali i rappresentanti della comunità lo
supplicavano di riparare i torti e le ingiustizie che non ricadevano sotto
1'imperio della legge ordinaria, gli davano un'esatta informazione sulla
condizione del paese e lo mettevano in condizione di far sentire a tutti la
potenza del braccio reale.
« Ogni abuso di potere da
parte dei grandi baroni, ogni ingiustizia dei funzionari pubblici, ogni
invasione dei diritti reali veniva denunciata davanti alla corte del re; e così
le sessioni, in cui erano rappresentate tutte le classi, continuavano le grandi
inchieste dell'inizio del regno normanno.
« Infine, le assemblee dei
rappresentanti delle contee e dei Comuni realizzavano una delle idee
fondamentali della politica di Edoardo. In parlamento, come egli lo formò, la
vecchia distinzione feudale tra signore e vassallo fu abolita completamente. Il
re aveva davanti a sè soltanto sudditi. Nonostante la sua forma feudale, la
convocazione dei Comuni fu essenzialmente una misura antifeudale, il cui
obiettivo era quello di rafforzare il potere centrale e di sottomettere tutti
gli abitanti del regno, non importa quale gradino occupassero nella gerarchia
feudale, alla diretta autorità del monarca...
« Ma il piano di Edoardo
non riuscì: o piuttosto esso riuscì solo in parte. L'assemblea dei
rappresentanti delle contee e dei Comuni riuscì a distruggere rapidamente il
sistema feudale. Ma questo non si risolse in un rafforzamento del potere reale,
come Edoardo sperava » (11).
La funzione giurisdizionale, che vedeva il
parlamento impegnato come corte di giustizia, incomincia a trasformarsi -
attraverso la consuetudine delle petizioni - in funzione legislativa con
potere di iniziativa. In questa seconda funzione risiede una delle condizioni
essenziali che resero possibile lo sviluppo del parlamento inglese nella forma
in cui lo conosciamo. Senza di essa molto difficilmente esso si sarebbe
sviluppato in assemblea legislativa.
« Si afferma che le fondamenta del parlamento
sono dì natura finanziaria e che il suo sviluppo fu dovuto alle necessità del
re e al controllo parlamentare della borsa nazionale. Nessuno negherà che
l'aspetto fiscale e finanziario abbiamo svolto un ruolo ìmportante nello
sviluppo delle istituzioni rappresentative; ma ci sono due ragioni che ci fanno
affermare che l'aspetto fiscale e finanziario non fu l'unico fattore nella
nascita e sviluppo del parlamento inglese... In molti dei parlamenti di
Edoardo Il, se non anche di Edoardo III, non fu richiesto alcun aiuto
finanziario, nè ne fu concesso alcuno. le frequenti convocazioni del parlamento
non fuono tanto richieste dalla Corona quanto dai sudditi.
« Furono i baroni che nel
1258 chiesero che il parlamento fosse convocato tre volte all'anno; furono i
Lords Ordinatori che insistettero affinchè si tenessero una o più sessioni
all'anno; e furono borghesi che sotto Edoardo III lo reclamavano. Non possiamo
credere che i baroni e i borghesi volessero andare a Westminster per essere
tassati tre volte o anche una volta all'anno.
“”Se fosse stato per la tassazione essi
avrebbero rinunciato volentieri al suo controllo se ciò avesse consentito loro
di evitarla. Se essi volevano che si tenessero dei parlamenti era per la
giustizia che in quella sede si dispensava e non per la tassazione che vi
veniva imposta.
« I fattori rappresentativi e finanziari
erano strettamente connessi con una corte di giustizia; e fu questa unione che
diede al parlamento inglese la sua forza. La sua assenza, la separazione tra il
parlement (12) francese e gli stati [generali], fu fatale all'ordinato
sviluppo costituzionale in Francia » (13)
Nella funzione fiscale, infine, il
parlamento porrà le basi per il suo esclusivo controllo.
Il parlamento del 1275 è
importante non solo perchè esso approvò alcuni statuti fondamentali, di cui
abbiamo già parlato, o per il fatto che, per la prima volta dopo l'esperienza
di Simone de Montfort, vi furono convocati i borghesi, ma anche e soprattutto
perchè esso costituisce un precedente importante nella lunga marcia per il
controllo parlamentare sulla tassazione indiretta (la lotta per la tassazione
diretta, come abbiamo visto, era iniziata con la Magna Charta).
Con la Magna Charta, il re
aveva rinunciato ad imporre le tasse dirette senza il consenso del Gran
Consiglio. Rinuncia che verrà poi riconfermata - ma quasi mai rispettata - con
le varie riconferme della Charta che si ebbero nel corso del secolo. Della
tassazione indiretta, nella stesura della Charta, non si parla che evasivamente
all'art. 13. In
questo articolo, infatti, si riconoscono alla città di Londra e agli altri
Comuni « le antiche libertà e la franchìglia daziale ».
Per antica consuetudine feudale, il signore
aveva la facoltà di imporre taglie « a piacimento » all'interno del proprio feudo. Il re, come
gli altri feudatari, godeva di questo diritto nei domini sotto la sua diretta
amministrazione (15). Molto spesso, però, i sovrani concedevano alle comunità
più importanti delle franchigie in cambio di un contributo una tantum oppure
annuale. La Magna Charta
non faceva altro che riconoscere queste franchigie alla città di Londra e le
estendeva ad alcune comunità minori.
La tassazione sulle attività commerciali era
e rimaneva una prerogativa regia. Ma, nel parlamento del 1275, Edoardo rinunciò
a questo « suo diritto prerogativo di imporre la tassazione indiretta sul
commercio e fissò il dazio sulla lana e sul cuoio col consenso dei rappresentanti
dei Comuni. Un errore che egli ed i suoi successori dovevano rimpiangere e che
invano cercheranno di eliminare » (16).
Sotto Edoardo il parlamento divenne uno
strumento di cui il re molto spesso si serviva per ottenere il consenso e il
sostegno (non sempre e non necessariamente di natura materiale) della nazione
alla sua politica dì potenza. Edoardo si rendeva conto che la sua posizione
diventava più forte quando aveva dietro di sé tutto il paese e questo consenso
gli era necessario per realizzare la sua ambiziosa politica di espansione
nell'isola e all'estero.
Il Model Parliament del 1295 fu convocato con
questo spirito. Edoardo era impegnato nella lotta contro i francesi per la
riconquista dei possedimenti perduti e, nello stesso tempo, aveva intrapreso
una camnpagna contro la Scozia,
mentre la campagna del Galles si era appena conclusa vittoriosamente.
Al Parlamento Modello furono convocate
tutte le classi sociali allora importanti. Ed esse si riunirono separatamente
in tre assemblee distinte: i nobili, a cui si unì la piccola nobiltà o cavalieri,
l'alto clero - feudatario del re - assieme al basso clero, per la prima volta
convocato a sedere in parlamento; e la borghesia. Le tre assemblee votarono
separatamente.
Questo tipo di assemblea parlamentare non
costituiva una novità per l'Europa di quell'epoca. Abbiamo visto che in Spagna
essa si era realizzata più di un secolo prima; in Sicilia quasi sessanta anni
prima e in Francia sarebbe stata convocata - col nome di Stati Generali - da Filippo
IV, il Bello, nel 1302.
Quello che renderà il Parlamento Modello il
punto di partenza del moderno sistema parlamentare bicamerale è l'evoluzione
della sua struttura sociale. In Inghilterra si faceva netta distinzione tra
alta nobiltà - i grandi feudatari, i conti ed i grandi baroni - che veniva
convocata al parlamento per mezzo di un decreto personale e diretto, e la
piccola nobiltà - i barones minores - che veniva convocata con decreto generale
attraverso lo sceriffo. Anche il clero veniva distinto in basso clero e alto
clero, feudatario del re o grande ufficiale della corona, che a questo titolo
veniva convocato al parlamento per mezzo di decreto personale e diretto e,
quindi, era assimilabile all'alta nobiltà.
La divisione del Model Parliament in tre
stati non trovava giustificazione nella struttura sociale del paese. «
Infatti, la più importante caratteristica della società inglese del primo
medioevo è la confusione delle classi » (17). La piccola nobiltà era molto più
vicina alla borghesia che non all'alta nobiltà. L'alto clero era strettamente
legato ai grandi baroni, insieme ai quali costituiva la struttura portante di
tutta l'amministrazione del regno. Il basso clero, infine, sentiva di fare
parte a sè e mal sopportava la sua presenza in parlamento: successivamente
otterrà di votare le tasse in una propria assemblea, detta Convocazione (18).
Lo stesso sistema di convocazione reale
metteva in evidenza questa realtà del paese. Il decreto personale e diretto
della corona, tramite il quale la grande nobiltà e l'alto clero venivano convocati
al parlamento, stava. a significare che il destinatario era un « pari » del
regno ed apparteneva a quella ristrettissima cerchia di Lords temporali o
spirituali che nel XIV secolo si costituirà in Camera dei Lords. L'uscita del
basso clero dal parlamento facilitò questa evoluzione.
La piccola nobiltà e la borghesia, invece,
venivano convocati attraverso un decreto generale che ingiungeva agli sceriffi
di inviare al parlamento due « discreti cavalieri » della contea e due «
borghesi » di ogni singolo comune esistente nella loro giurisdizione.
«Se mai ci fu una classe
di nobili in Inghilterra, essa fu tagliata in due, senza cerimonie, dai
monarchi inglesi: la parte più piccola fu convocata alla Camera dei Lords,
mentre la parte più grande fu relegata - nelle persone dei cavalieri - col
terzo stato, nella Camera dei Comuni. Poichè i cavalieri erano baroni, i
barones minores che, in base alla Magna Charta, venivano convocati al Gran
Consiglia per mezzo di un decreto generale indirizzato allo sceriffo e non
attraverso un decreto indirizzato al singolo barone.
« Meno che mai la Camera dei Comuni può
essere considerata la rappresentante del terzo stato. Essa non è una semplice
assemblea di borghesi sul modello del vecchio terzo stato francese. Il suo
elemento più importante e turbolento nel medioevo è costituito dai cavalieri,
i barones minores o chivalers, come sono chiamati, ì quali erano feudatari
della corona, che spesso si autodefinivano "nobili" e che, in base
alla teoria degli stati, appartenevano al secondo e non al terzo stato.
« Fu il loro amalgamarsi
con i rappresentanti dei Comuni che diede alla Camera dei Comuni la sua
particolare forza nel medioeo e la rese unica traa le istituzioni
rappresentative » (19).
« Gli anni immediatamente
successivi al 1295 videro una serie di grandi crisi, politiche, militari,
finanziari ed ecclesiastiche. Per poter continuare le sue numerose guerre,
Edoardo I aveva bisogno di grandi mezzi finanziari che egli raccoglieva
imponendo a tutte le classi, laiche ed ecclesiastiche, tributi arbitrari.
« Il clero cercò, invano,
di sfuggire citando la bolla di Bonifacio VIII, clericos laicos (24 febbraio
1296), che gli proibiva in modo assoluto, sotto pena di scomunica, il pagamento
di qualsiasi tassa al potere laico sui redditi della chiesa...
« .., i mercanti erano
ugualmente risentiti a causa delle pesanti imposizioni sull'esportazione della
lana che veniva in parte confiscata... anche i baroni erano risentiti a causa
dell'atteggiamento provocatorio del re che violava apertamente le clausole della Magna Charta e della
Charta delle Foreste, che si era sempre rifiutato di confermare » (20).
La crisi sfociò in aperto conflitto nel
parlamento del 1297, quando i baroni, stanchi dei metodi dittatoriali del re,
che nel frattempo si era fatto votare da un'assemblea irregolare (21) gli «
aiuti » finanziari richiesti, fanno ricorso alle armi e gli strappano la
riconferma delle Carte concesse dai suoi predecessori (Magna Charta e Charta
delle Foreste) con l'aggiunta di nuovi articoli.
Questi nuovi articoli, che alcuni ritengono
abbiano fatto parte di uno statuto a parte, approvato insieme alla riconferma
delle Carte, stabilivano, tra l'altro, che: «Nessuna taglia o contributo sarà
imposto o riscosso da noi e dai nostri successori, nel nostro regno, senza la
volontà e l'assenso comune degli arcivescovi, vescovi ed altri prelati, conti,
baroni, uomini d'arme, borghesi ed altri liberi cittadini del nostro regno »
(art. 1) e che « nulla sarà prelevato sui sacchi di lana a titolo di mal tolto
o a qualsiasi titolo » (art. 3) .
« Questi articoli sono la
somma dei vantaggi acqusiiti al termine di una lotta di ottantadue anni e,
nella lettera, essi ammortarono a poco più di una re-introduzione delle
clausole omesse dalla
Magna Charta di Giovanni (23). Ma in realtà essi stanno a
quelle clausole nella stessa relazione tra la sostanza e la forma, tra la
attuazione e la promessa. Poichè il consenso della nazione del 1297 non significa,
come nel 1215, il consenso di un corpo cosciente della sua esistenza e dei suoi
interessi, ma è incapace di far rispettare le sue richieste senza un meccanismo
adeguato, la continuità dei precedenti, o un definitivo accordo sui ruoli e
sulle funzioni, ma esso significa il consenso deliberato di un parlamenti
formato e basato su severi principi organizzativi, convocato per mezzo di
decreti distinti e per scopi distinti - un ben definito e. per quel tempo, un
ben organizzato rappresentante della volontà. popolare » (24).
Con l'approvazione dello
Statuto De Tallagìo non Concedendo si acquisisce il principio che il re non può
imporre tributi e tasse senza il consenso e l'approvazione del parlamento.
Ma se nel 1297 la
questione della tassazione diretta poteva dirsi avviata a soluzione in favore
del parlamento, ben diversamente stavano le cose per quella indiretta. Essa
rimarrà una questione aperta ancora per alcuni secoli e verrà definitivamente
risolta con la guerra civile del 1640-49.
Gli eventi del 1297 confermano, ancora una
volta, che il parlamento inglese cresce e si sviluppa nei momenti di tensione.
La dura e fiera lotta dei baroni contro il potere del sovrano, lotta condotta
in nome dei diritti della comunità, pose le basi dei primi poteri del
parlamento. La dura e fiera lotta - sempre in nome della comunità - del
parlamento contro la volontà egemonica del re farà del parlamento - nel XVII
secolo -- l'organo sovrano nello stato. La dura e fiera lotta della comunità
contro il parlamento darà al paese - nel XIX secolo - la democrazia.
Negli ultimi anni del regno, Edoardo tentò di
far pendere la bilancia dalla sua parte e « quando mori (1307).., era sulla via
divetare padrone assoluto dell'Inghilterra e della Scozia. Negli ultimi anni della sua vita era giunto molto avanti
nell'opera di smantellamento dell'opposizione dei baroni in patria ed era
riuscito in gran parte a soffocare le braci del fuoco che Wallace aveva acceso
e che Bruce tentava di ravvivare.
Un abile successore avrebbe potuto
distruggere la libertà costituzionale in Inghilterra e la libertà nazionale in
Scozia. Il parlamneto sarebbe potuto diventare non una forza di opposizione e
di critica, ma un utile ingranaggio nel
meccanismo del governo regio, come senza dubbio lo intendeva Edoardo » (35).
L'Inghilterra fu salvata da questo fato dalla
particolarità della sua storia che ha visto un succedersi alternato di re
forti, a cui venivano strappate concessioni di valore costituzionale, e re
deboli, che consentivano a quelle concessioni di consolidarsi, almeno fino alla
dinastia dei Tudor. Ma anche questa dinastia non sarà in grado, nè tenterà mai,
di diminuire o sopprimere i poteri del parlamento (l'esperienza di Riccardo Il
insegnava) che erano,ormai, profondamente radicati nella coscienza della
nazione, ma li eviterà non convocandolo (Enrico VII) e quando lo convocherà lo
farà per servirsi di esso per portare avanti la propria politica (Enrico VIII).
Quando gli Stuart, nel XVII secolo, tenteranno di introdurre la monarchia assoluta,
sulla scia di quella francese, sarà troppo tardi e il parlamento, dopo un'aspra
e cruenta lotta, si affermerà come la vera sede del potere sovrano.