CAPITOLO II
L'INGHILTERRA NORMANNA
« Perchè gli inglesi
riuscirono dove nessun popolo transalpino contemporaneo si dimostrò all'altezza
del compito »? Le ragioni furono almeno quattro, oltre naturalmente a quelle di
natura fisico-geografica già citate nel precedente capitolo, e tutte legate alla
particolare esperienza storica di quel popolo.
Nel 1066 Guglielmo II di Normandia, vassallo
del re di Francia, diventa - per diritto di conquista - signore e sovrana del
regno d'Inghilterra., I signori sassoni vengono spodestati e le loro terre
vengono distribuite tra i seguaci del Conquistatore. Il popolo minuto continua
a lavorare la terra quasi a livello di schiavo. Le istituzioni sassoni vengono
abolite e vengono introdotte quelle feudali continentali. Il Witenagemote viene
sostituito con un consiglio del regno. La continuità dello Stato viene
assicurata dalla struttura amministrativa degli anglo-sassoni che viene
lasciata sopravvivere (1) e dal diritto sassone che i Normanni adottano.
In quest'ultimo campo i primi normanni non
introducono nulla e le corti di giustizia restano la hundred moot e la shire
moot, che muta soltanto di nome e diviene la County court (corte di contea). Essi a più
riprese affermano che intendono amministrare il
regno in base alla Legge
di Edoardo il Confessore (2), che a sua volta l'aveva ereditata da Canuto, il
re danese che governò l'Inghilterra dal 1016 al 1035 e che diede agli inglesi
la prima Carta delle Libertà.
Per incontrare un sovrano normanno che abbia
iniziato una politica precisa nel campo della giustizia, che fosse il risultato
di un disegno organico, bisogna aspettare fino ad Enrico II, che - con le
Assise di Clarendon del 1166 - diede inizio alla razionalizzazione della
giustizia e alla codificazione del diritto.
Gli istituti feudali che i normanni
introducono nell'isola subiscono profonde modificazioni che danno loro un
aspetto tutt'affatto diverso da quelli continentali e fanno dell'Inghilterra il
primo stato nazionale moderno nell'Europa medievale(3). L'evoluzione storica
del parlamento inglese non si può capire se non si tengono presenti queste
differenziazioni strutturali che l'hanno resa possibile. Esse sono: 1) il
sistema feudale; 2) lo stato unitario centralizzato; 3) il carattere della
monarchia; 4) il sistema della Common Law (diritto comune).
Il feudalesimo era un'organizzazione della
società basata sul possesso della terra (economia agricola, curtense). La terra
era posseduta in feudo. Il re, per ricompensare i suoi uomini, assegnava loro
delle terre e questi, in cambio, si impegnavano a rendergli alcuni servigi ed a
fornigli certi sussidi'. E « poichè... la cessione di diritti sovrani è
considerata un negozio di diritto civile, i cessionari, vale a dire i vassalli
e fra essi soprattutto i grandi feudatari, si ritengono in diritto di
sub-concedere, o, meglio, di cedere a loro volta, parte dei diritti così
acquistati dal re » (5), alla piccola nobiltà, con la quale stabilivano lo
stesso tipo di rapporto che essi avevano col re, loro signore feudale. Tra il
re e la piccola nobiltà non intercorreva alcun rapporto, in quanto la lealtà di
quest'ultima non andava al re che era il legittimo ed unico proprietario delle
terre (stato patrimoniale) in godimento, ma andava al signore intermedio (il
feudatario) che l’aveva investita del
beneficio e a cui aveva giurato fedeltà' (6). Questo aveva fatto sorgere una
struttura piramidale della società, di cui il vertice (il re) rappresentava
soltanto il momento culminante, ma non aveva alcuna possibilità di disporne per
perseguire un disegno politico generale.
Al di fuori dei servigi e dei sussidi, il re
non aveva nulla a pretendere dai suoi nobili. Essi erano diventati signori
quasi indipendenti (7). Nel proprio feudo amministravano l'alta e bassa
giustizia e molto spesso formavano eserciti personali con i quali muovevano
guerra al proprio re.
In Inghilterra le cose stavano diversamente.
«Un aspetto del feudalesimo inglese (diverso cioè dal feudalesimo tedesco e
francese) che va sottolineato è il divieto fatto dalla legge feudale inglese
ai vassalli di investire a loro volta altri delle terre ricevute dal re o da un
altro grande personaggio; i vassalli dipendevano quindi per la maggior parte
direttamente dal re, e quest'ultimo poteva esercitare su di essi un controllo
assai più stretto di quanto fosse possibile, ad esempio, in Germania » (8).
Inoltre, sin dai tempi di Guglielmo, che
conosceva molto bene i difetti del sistema continenale, in quanto egli stesso
era un vassallo difficile, si era stabilito il principio che il giuramento di
fedeltà della piccola nobiltà non andava fatto al barone o signore che l'aveva
investita del beneficio, ma andava fatto direttamente al re (9).
Il sistema feudale fu un
fattore disgregatore e non unificante dell'autorità centrale. Il signore
feudale, nell'ambito del suo feudo, aveva acquisito la massima autonomia
politica, amministrativa e giurisdizionale a seguito di privilegi ed immunità
concesse dal re. Al di fuori dei territori sotto la diretta amministrazione del
re, lo stato non esercitava più alcun, potere. Lo stato centralizzato di
Carlomagno si era frantumato in tante comunità semi indipendenti che
perseguivano, quando la perseguivano, una propria politica dettata da interessi
particolari che nulla aveva a che fare con le esigenze nazionali. Molto spesso
si stringevano alleanze con stati stranieri
per combattere il
proprio sovrano o altri
signori del regno. Ogni feudatario aveva una corte del tutto simile a quella
del re e il simbolo della sua potenza era il castello, una vera e propria
roccaforte, espugnabile solo dopo lunghi mesi di assedio.
In Inghilterra lo stato unitario
centralizzato era esistito sin dai tempi di Alfredo il Grande (871-901) e
continuò la sua esistenza anche sotto i normanni. Senza dubbio vi erano delle
ragioni geografiche che favorivano la sua esistenza. Infatti, l'Inghilterra
(il Galles e la Scozia
erano due regni separati) era territorialmente limitata ed aveva confini certi
e relativamente sicuri (10).
Ma il merito della sua sopravvîvenza - sotto
i normanni - va attribuito interamente al Conquistatore che - memore delle
guerre che aveva dovuto combattere contro i baroni ribelli del suo possedimento
francese - aveva proibito ai nobili di costruire dei castelli propri nei loro
feudi. Se il loro feudo rappresentava un punto strategico per la difesa del
regno, il re vi costruiva dei castelli, ma essi venivano affidati a suoi
ufficiali. « Con l'eccezione di Chester e dì Shrewbucy, che erano due feudi di
frontiera istituiti per tenere i gallesi sotto controllo, e la contea di Durham
sotto il suo principe vescovo che serviva allo stesso scopo contro gli
scozzesi, non fu permesso il sorgere - in Inghilterra - di alcuna grande
príncipalità che potesse permettere al suo signore dì diventare un principe
semi indipendente, come erano diventati molti feudatari francesi. Di
conseguenza, lo sceriffo, il rappresentante del governo centrale nelle singole
contee, era più potente di qualsiasi barone nel suo feudo... L'Inghilterra
ebbe, perciò, uno sviluppo unico nella storia europea. Sin dal principio il
potere dello stato fu più grande e quello dei nobili minore” (11).
Questa proibizione di costruire castelli
serviva ad un duplice scopo: 1) la mancanza di una propria cittadella
fortificata indeboliva di molto il signore feudale sul piano militare; 2)
psicologicamente il feudatario sentiva che il potere apparteneva al re che lo
esercitava attraverso il suo rappresentante in loco: lo sceriffo (12). Solo in
un breve periodo della storia inglese, i nobili riuscirono a prendere il sopravvento
sulla corona. E questo avvenne nell'interregno di Stephen (1135-1154), quando
essi riuscirono a far prevalere il particolarismo e il frazionismo feudale e
si abbandonarono alla costruzione di castelli fortificati. Ma Enrico Il
(1154-1189), che gli successe al trono, riuscì a ristabilire l'autorità dello
stato e fece demolire la maggior parte dei castelli costruiti sotto Stephen.
La struttura
centralizzata del potere, che si avvaleva dei servigi di una nascente
burocrazia, rendeva il signore feudale singolo molto debole nei confronti del
sovrano,
non solo sul piano offensivo, ma anche su quello difensivo. Quando
un re dispotico voleva imporgli oneri troppo gravosi, egli poteva tentare di
resistergli solo unendosi ad altri feudatari (13) e tutti insieme coalizzati,
non solo potevano farlo desistere dalla sua azione, ma potevano anche
strappargli delle concessioni sui piano giuridico-politico, come spesso
avveniva.
Questa è la molla
principale della futura evoluzione delle istituzioni inglesi: la lotta dei
baroni contro un sovrano forte e potente per la conquista di alcuni diritti di
libertà e di alcune garanzie costituzionali, diremmo oggi. In un secondo
momento entrano nell'arena anche i borghesi e la lotta, quasi sempre incruenta,
si arricchisce, coinvolgendovi tutti gli strati della popolazione. L'inizio
della lotta aveva sempre, nei primi secoli, una origine finanziaria.
Il monarca inglese,
mentre rappresentava il potere sovrano nell'isola, era un vassallo sul
continente, anche se un grosso vassallo, che spesso doveva combattere per
mantenere tale condizione e combattere su un duplice fronte: 1) contro i
baroni ribelli del proprio feudo in Normandia che spesso erano capeggiati dai
principi della Casa reale (il primo a prendere le armi contro il proprio
genitore fu Roberto, erede riconosciuto al ducato di Normandia) ; 2) contro il
re di Francia che, preoccupato dalla crescente potenza del suo vassallo,
cercava di ridurne il peso sul continente (14).
Dal 1066 fino al 1453, quando termina la
guerra dei Cento Anni (la guerra civile delle due rose non entra in questo
discorso, 1454-1485), l'Inghilterra conobbe uno stato di guerra quasi continuo
(15), guerre combattute principalmente sul continente per difendere i propri
domini, ma anche in casa propria contro l'Irlanda, ìl Galles e la Scozia. Guglielmo
stesso, subito dopo la conquista, dovette correre in Normandia per domare una
rivolta dei nobili.
Le prime campagne di queste guerre furono
affrontate con un esercito feudale, ma già a partire da Enrico I (1100-1135), i
baroni erano sempre meno propensi ad andare a combattere per cose che solo
indirettamente interessavano il regno d'Inghilterra e quindi preferivano pagare
una tassa (diritto di scutaggio) ìn sostituzione del servizio militare che
dovevano al loro signore. Sotto Enrico II, questa pratica si affermò e l'antico
rapporto di carattere militare tra signore e feudatario sì trasformò in un
rapporto di natura finanziaria.
Il re, da questo momento, per combattere le
sue guerre, ha bisogno di mezzi finanziari e i nobili glieli devono fornire.
Era naturale che tanto più frequenti
erano le guerre tante più
volte i baroni dovevano aprire la borsa. Giovanni Senza Terra (1199-1216)
pretese questa tassa finanche in periodo di pace (16) e, nel 1214, « ordinò al
justiciar Peter des Roches, vescovo di Winchester, di imporre un diritto di
scutaggio al rateo senza precedente di tre marchi» (17). Ma i nobili, già
esausti si opposero e fecero ricorso alle armi, riuscendo a strappare al
sovrano inglese uno dei documenti fondamentali della storia costituzionale
inglese: la Magna Charta,
di cui parleremo più avanti, ma di cui dobbiamo anticipare il principio
fondamentale che la sorregge: la tassazione non doveva essere imposta
unilateralmente dal re, ma doveva essere approvata dal Consiglio del Regno.
Questo è un altro fattore che rese il
terreno inglese fertile per l'evoluzione del parlamento. Da questo momento in
poi, il controllo della tassazione resta nelle mani dei nobili e mai più nella
storia d'Inghilterra esso passerà nelle mani del sovrano, contrariamente a
quanto avverrà negli stati del continente, dove il re diventerà, come abbiamo
visto, il signore assoluto che può decidere ad libitum - grazie alla presenza
di un esercito stanziale - il gravame di tasse da imporre ai suoi sudditi.
In Inghilterra il re non riuscirà mai a
formare un esercito permanente per un duplice motivo: 1) perchè lo stato era
dotato di confini difficilmente superabili (18); 2) per la precoce coscienza
del popolo che vedeva nell'esercito permanente un possibile strumento di
oppressione nelle mani del sovrano e quindi si opporrà sempre alla sua
formazione.
I Comuni verranno alla ribalta quando il re
andrà alla ricerca di nuove fonti di finanziamento, dopo che le risorse che
potevano fornire i nobili non riuscivano più a far fronte alle crescenti
necessità della Corona. Quando essi prenderanno coscienza della loro forza
strapperanno, uno a uno, tutti ì poteri aì nobili, incluso il controllo sulla
tassazione, per diventare il pilastro fondamentale del sistema politico
inglese. « ... L'appello ai borghesi in Inghilterra costituì un'innovazione
molto... importante: era un passo verso il nazionalismo nel vero significato
politico, e costituiva l'inizio della più lunga delle marce verso la democrazia
» (19).
Il sistema della Common
Law e l'ultimo, ma non il minore per importanza, elemento che fa
dell'Inghilterra un Paese dell'Europa feudale con una struttura istituzionale
alquanto diversa dagli altri stati del continente.
La tradizione giuridica teutonica, comune a
tutti i popoli che nel V secolo avevano
invaso l'Europa, qui ebbe la possibilità di svilupparsi senza subire influenze
esterne di rilievo che ne mutassero la natura, come invece era avvenuto sul
continente, dove gl` altri popoli germanici, dopo un periodo di parallellismo
giuridico (20), avevano assorbito la dottrina del più evoluto diritto romano e
abbiamo visto quale conseguenza ciò ebbe sull'evoluzione delle istituzioni.
In Inghilterra il diritto germanico conserva
i suoi caratteri originali anche dopo la conquista dei Normanni, i primi dei
quali - come abbiamo visto - non sono dei legislatori. Essi si limitano ad
introdurre nel diritto del popolo vinto alcuni elementi ed istituti del diritto
franco - anch'esso di origine germanica, ma stemperato dell'influenza di quello
romano - il più importante dei quali è senza dubbio il sistema della giuria
(21),
Ad Enrico II va il merito di aver unificato
e reso omogeneo questo diritto che prima aveva una base territoriale molta
ristretta. Prima di questo sovrano ogni contea aveva un sistema di leggi
proprio ed indipendente, basato sui costumi e sulle tradizioni locali, per cui
non di rado accadeva che un reato punito in una contea con una ammenda pecuniaria,
in un'altra veniva punito con una pena molta più severa. Per ovviare a questo
stato dì cose. Enrico II avocò al potere centrale le cause più importanti e
diede vita ad un gruppo di giudici itineranti che avevano il preciso compito di
recarsi nelle varie contee per presiedere le cause di competenza del governo
centrale e cercare di emettere sentenze che, pur rispettando i costumi e le
tradizioni locali, potessero trovare uniforme applicazione su tutto il
territorio nazionale. Il principio che doveva guidarli nelle loro lunghe
peregrinazioni può essere così sintetizzato: a reati simili, pene simili in
tutte le contee e common aw vuole appunto significare legge comune a tutte le
contee del regno, in contrapposizione a locai law o legge locale.
Il tratto fondamentale di questo sistema è
che esso non è un insieme di norme
volute da un potere legislativo o da una volontà legiferante (il monarca), che
il giudice deve applicare al caso concreto, ma è un insieme di sentenze che i
giudici hanno emesso in casi concreti,
basando il loro giudizio sulla consuetudine e sulla tradizione (22).
« Il sistema fu tenuto
insieme dalla dottrina dello stare
decisis o attenersi ai giudizi precedenti. Cosi quando un giudice giudicava un nuovo caso, il suo
giudizio diventava una nuova norma di legge di cui i giudici successivi
tenevano conto. In seguito questa pratica si cristallizzò nella forma
conosciuta come la forza vincolante del precedente giudiziale e i giudici si
sentirono obbligati a seguire le decisioni precedenti invece di guardare ad esse come ad una guida ».
Nella vita pubblica si affermò lo stesso
principio. Tutti i documenti o patti che
regolavano i rapporti tra la corona ed i nobili, tra questi e la nascente
borghesia e tra la corona e quest'ultima, acquistavano valore vincolante per le
generazioni successive, anche se non saranno mai trasformate in vere e proprie leggi, e conserveranno la loro
efficacia fino ai giorni nostri. La
formula tipica della concessione era che essa legava, non solo il sovrano che
la concedeva, ma anche ì propri discendenti. Ed è proprio questo voler
associare, legare al patto, le generazioni future, che darà la possibilità al
popolo, in tempi futuri, di rievocarlo e di chiederne l'osservanza, in quanto
esso costituiva un precedente che sanciva dei diritti mai revocati o caduti in
prescrizione.
Il precedente ha giocato un grande ruolo
nello sviluppo delle istituzioni inglesi. Il Parlamento e la costituzione si
sono « sviluppati di precedente in precedente » (25) attraverso i secoli. I
poteri del parlamento non furono mai sanciti da una carta fondamentale, frutto
di un disegno teorico od ideale, ma furono costruiti uno per uno in base alle
esigenze dei tempi e sulla base dei suggerimenti dettati dall'esperienza.
La costituzione stessa «non è stata mai
sancita in un documento scritto che riflettesse le teorie politiche di un
gruppo particolare o i sentimenti di un'epoca particolare. Essa include alcune
dichiarazioni memorabili e alcuni statuti, pietre miliari del suo sviluppo
storico - dalla Magna Charta allo statuto di Westminster. Ma alcune delle sue
più importanti caratteristiche non fanno parte della sua struttura legale e
formale e non hanno altra sanzione che non sia la consuetudine e il precedente
».
Ecco la quarta molla che rese possibile
l'evoluzione del parlamento inglese: il principio vincolante dei precedenti.
« La sola cosa che salvò
l'Inghilterra dal fato delle altre nazioni, non fu la sua posizione insulare,
nè ìl suo spirito indipendente, nè la magnanimità del suo popolo... Ma
soltanto la totale, inimmaginativa, stupida fedeltà a quel sistema politico
che originariamente era patrimonio di tutte le nazioni che passarono
attraverso l'ordalia del feudalesimo » (27).