C A P I T O L O
VI
IL GENIO DI
UN POPOLO
L'Inghilterra della seconda metà
del XVII secolo fu l'erede naturale di tutto il movimento scientifico che si
era sviluppato in Europa a partire dal XVI secolo e a cui ella stessa aveva
partecipato anche se con contributi di scarsa entità.
Se " fino alla metà del XVII
secolo il centro di tutti gli studi scientifici era l'Italia,...nella seconda
metà...tale centro si era spostato e tutti coloro che si interessavano di
scienza scrivevano e parlavano della situazione favorevole esistente in
Inghilterra " ( Ben-David, 1975: 30 ). Per un quarantennio, durante l'età
augustea a cavallo tra il XVII e il XVIII secolo, l'Inghilterra " assunse
incontrastata la leadership intellettuale del mondo " ( Randall, 1940: 58
).
La rivoluzione scientifica, che
aveva fatto fare un balzo in avanti alla struttura mentale dell'uomo,
conquistando il pensiero astratto formale, il più alto finora raggiunto
dall'uomo, trovò, nell'isola di Newton e con Newton, la sua sanzione
definitiva, il suo compimento ( Hill, 1976: 26 ). Newton fu l'ultimo, ma non il
minore, dei grandi intelletti della Rivoluzione Scientifica; l'ultimo della
triade che fondò la scienza moderna: Galileo, Cartesio, Newton. Egli aveva
raggiunto un completo decentramento del pensiero e, seguendo Bacone, secondo il
quale le conoscenze di base sono limitate come le lettere dell'alfabeto e
sapendole correlare, associare, si sarebbero ricavate un'infinità di altre
conoscenze, proprio come dalle lettere dell'alfabeto si ricavano un'infinità di
parole, seppe associare e correlare le conoscenze che altri avevano prodotto
per dare a tutto il movimento scientifico il suo quadro d'insieme, la sua
cornice: la teoria della gravitazione universale, che dava una spiegazione
scientificamente valida e dimostrabile delle leggi della causalità fisica. Dopo
di lui tutto il movimento scientifico prenderà un altro indirizzo. Il
continente rimarrà attaccato alla scienza del " perchè ", alla
scienza che va alla ricerca " delle leggi dei fenomeni, della spiegazione
della causalità " ( Bairoch, 1967:8 ), alla scienza dei Copernico, dei
Keplero, dei Galileo, dei Cartesio e dello stesso Newton, per intenderci
." Le scoperte scientifiche di Gilbert, Harvey, Galileo e Keplero, come la
nuova matematica di Cartesio, Desargues, Fermat e Pascal non avevano un'utilità
pratica ed immediata. La forza propulsiva della Rivoluzione Scientifica non fu
la necessità, ma la libertà " (Nef, 1953: 258). L'Inghilterra, invece si indirizzerà, unica eccezione
Newton, verso la scienza del " come ", verso la ricerca di un "
meccanismo in grado di risolvere un'operazione di cui scopi e finalità sono ben
definiti " ( Bairoch, 1967: 8 ), cioè, si indirizzerà verso l'invenzione
tecnica. Non verso la scienza, ma verso lo scientismo: una strada che porterà
alla Rivoluzione Industriale.
Per il breve periodo di un
quarantennio, l'Inghilterra fu l'erede dell'Europa continentale, come l'Europa
era stata, ad un diverso livello, l'erede del mondo greco-romano e di quello
islamico. In questa grande cornice ebbe inizio quella che più tardi sarà
chiamata la
Rivoluzione Industriale, la seconda grande rottura della
continuità storica, quella che ha cambiato , ancora una volta, dopo la scoperta
dell'agricoltura nel neolitico, i destini dell'uomo. La Rivoluzione Industriale
sarà il prodotto inconscio del popolo inglese, che, dalla seconda metà del XVI
secolo, darà libero corso al suo genio, percorrendo strade tutt'affatto diverse
da quelle percorse dalle altre nazioni europee, senza interrompere la
continuità nella storia dell'uomo. Anzi costituendo essa stessa una tappa
importantissima di questo luminoso cammino.
L'Inghilterra, con la Rivoluzione Industriale,
darà all'uomo una nuova dimensione e gli farà fare un salto qualitativo nel suo
antico rapporto con la natura: da dominato ( civiltà dell'Antico Oriente e
classiche ) diventò suo fruitore ( civiltà classiche e civiltà cristiana ); da
fruitore diventerà , con la filosofia che sorreggerà la Rivoluzione Industriale,
suo dominatore. Non sarà più il ciclo naturale che dominerà il mondo produttivo
( Wrigley, 1988: 6 ),ma sarà un nuovo ciclo imposto dall'uomo: il ciclo della
macchina. La macchina sarà il simbolo di quella potenza che il suo progenitore
Adamo aveva prima della Caduta, quando ancora aveva il dominio sulle cose create.
" L' uomo, infatti, con il peccato originale decadde sia dal suo stato di
innocenza sia dal suo dominio sulle cose create " ( Bacone, 1976: 139 ).
L'uomo del neolitico, anche se profondamente diverso da quello del paleolitico,
aveva soltanto imparato a sfruttare la natura. Per imparare a dominarla, per
ripristinare quella " sovranità e quel grado di potenza che erano stati
propri dell'uomo all'atto della sua creazione " ( Bacone, 1976: 139 ), ci
vollero ottomila anni. Ma, alla fine, il sogno di Bacone sarà realizzato.
L'uomo diventerà il novello Adamo per realizzare quello che era il disegno
originario di Dio: l'uomo al centro del creato.
L'Inghilterra, come ogni grande
nazione che ha fatto fare un balzo in avanti all'uomo, di suo ci metterà il carattere
e il genio del suo popolo, che aveva i requisiti per prendere in mano la
fiaccola del progresso, che languiva sul continente, dopo due secoli di
brillanti conquiste nelle scienze e nella civiltà in generale, e portarla più
vanti verso l'ultimo traguardo, in ordine di tempo, ma non quello definitivo:
quello della società industriale in cui la vita dell'uomo, le sue abitudini, i
suoi abiti mentali e la sua concezione del tempo ( da statico diventerà
dinamico ) verranno completamente rivoluzionati e si romperà la continuità con
il passato. Sarà un nuovo modo di vita che nascerà e che non avrà nulla a che fare col passato. Il passato era
statico (Butterfield, 1962: 218)
perché statico era il modo di produzione agricolo e artigianale nella sua esasperante
lentezza. Il mondo che nascerà con la Rivoluzione Industriale,
invece, sarà fortemente dinamico, come dinamico sarà il suo modo di produzione.
L'uomo della società industriale sarà un uomo nuovo che non ha riscontro nel
passato, né sarà immaginabile, anche se nella fantasia di alcuni uomini di
cultura del medioevo ( si pensi ad un Ruggero Bacone ) e del Rinascimento ( si
pensi a un Leonardo da Vinci ) alcune conquiste della società industriale erano
state anticipate.
La fiaccola del progresso, nel XVII
secolo, passò dall' Italia all'Olanda ( per un breve periodo ) e
all'Inghilterra perché in questi due stati si erano create, in forma diversa,
le stesse condizioni e lo stesso spirito dell'Italia dei Comuni e delle
città-stato della Grecia classica, mentre gli altri stati europei avevano preso
dall'Italia non lo spirito democratico del primo Rinascimento, come fecero
l'Olanda e l'Inghilterra, ma avevano preso lo spirito autoritario del secondo Rinascimento ( Toynbee, 1957, I: 215 ).
Le forme di governo hanno giocato
un grande ruolo nell'evoluzione della civiltà. La Grecia classica e il primo
Rinascimento italiano sono due fatti unici nella storia del mondo. Entrambi
erano basati sulla forma di governo democratico in cui tutte le energie del
popolo erano impegnate a rispondere alle sfide del loro tempo. In entrambi
l'ambiente istituzionale e culturale era estremamente favorevole alla creazione
e alla diffusione di un nuovo modo di vita. Il cittadino partecipava
direttamente alla gestione della cosa pubblica ed era padrone del proprio
destino, anzi, il suo destino si identificava con quello dello stato, in
contrapposizione alle civiltà dell'Antico Oriente, che erano basate sul
dispotismo e non conobbero mai un'evoluzione democratica. Il modello di città-stato, su cui erano
basati, anche se conobbe una certa diffusione nell'Europa del XV-XVI secolo -
Lega anseatica, Svizzera, Paesi Bassi, ecc. - non era destinato a sopravvive
nel modello originario, ma i suoi principi furono estesi a entità più vaste:
furono estesi allo stato-nazione, di cui l'Inghilterra ne sarà il prototipo.
L'Inghilterra rappresenta il
momento culminante della Rivoluzione Scientifica ( Westfall,1958: 193 ). Il
momento in cui si tirano le somme e si stabiliscono delle verità
incontrovertibili e definitive ( almeno fino a quel momento ). Ma la scienza
inglese prenderà una direzione diversa da quella dell' Europa continentale, la
quale si preoccuperà solo della scienza pura, della scienza che va alla ricerca
del sapere teorico, alla ricerca del " perchè ", anche se di un
perché diverso da quello delle civiltà classiche, e non si preoccuperà mai di
vedere se le sue conquiste, che pur furono tante e di notevole portata,
potessero trovare un'applicazione pratica o fossero di qualche utilità al
genere umano nell'immediato. La scienza continentale sarà una scienza neutra.
Una scienza che piacerà ai governanti , tipo Luigi XIV, perché, per il suo
carattere eminentemente intellettuale, non creerà problemi al potere politico. Quella
inglese, invece, farà proprio l'insegnamento di Francesco Bacone, secondo il quale la scienza era valida fintanto che
era utile al progresso materiale dell'uomo. Per bacone " il fine vero e
legittimo della scienza altro non è che questo: far si che l'esistenza umana
sia provvista da nuove invenzioni e di nuove possibilità " (Bacone,
1967:138). In questo senso, Newton, il grande sintetizzatore della
scienza, sarà un'eccezione in
Inghilterra. Ma egli " era un filosofo e uno studioso troppo serio per preoccuparsi
se le idee da lui elargite al mondo fossero o no utili in via immediata; ma in
gran parte da lui venne al secolo decimottavo la fiducia sulla possibilità di
conseguire il progresso industriale col metodo dell'osservazione e
dell'esperimento " ( Ashton,1972: 21 ).
Quella inglese sarà una scienza
che andrà alla ricerca del " come
", inteso nell'accezione di cui si parlava nelle pagine precedenti, per
realizzare l'obiettivo del programma baconiano: migliorare le condizioni di vita
del popolo attraverso il progresso tecnico-scientifico. Mentre per un Galileo o
un Cartesio la scienza poteva avere una giustificazione in se stessa, per gli
inglesi essa avrà una giustificazione
solo se sarà utile; solo se sarà veramente utile all'ulteriore progresso delle
condizioni dell'uomo; solo se riuscirà veramente a stabilire quel dominio
dell'uomo sulla natura, che Bacone aveva preconizzato e assegnato come compito
alla scienza per cancellare il peccato originale e dare all'uomo il regno dell'abbondanza,
di cui godeva prima della Caduta. Sarà il ciclo della storia dell'uomo che si
chiuderà con un ritorno alle origini, un ritorno alla antica potenza delle
origini. Tuttavia, il programma
baconiano avrà successo e si affermerà, in Inghilterra, solo quando i puritani
lo faranno proprio e lo porranno alla base della loro visione del mondo. Nel
primo quarantennio del XVII secolo, anche in Inghilterra predominerà la visione
della scienza del "perchè"
continentale. E, in effetti, in questo periodo, sarà la scienza del
"perchè" di Gilbert che dominerà il campo, anche se Gilbert stesso
era strettamente legato al mondo degli affari.
I greci avevano dato espressione
alla loro vitalità e al loro genio in forma di pensiero speculativo e crearono
l'impalcatura intellettuale del mondo moderno; gli italiani del Rinascimento
avevano dato sfogo alla loro energia e al loro genio in senso
artistico-scientifico e consegnarono al mondo un metodo scientifico fondato su
una struttura mentale razionale e astratta; gli inglesi prenderanno la strada a
loro più congeniale, quella economica, e condurranno l'umanità verso un nuovo
traguardo, verso un nuovo tipo di società, verso un nuovo e rivoluzionario tipo
di organizzazione produttiva e sociale. E lo faranno non per un motivo ideale,
ma lo faranno per un motivo fortemente concreto: il profitto, l'avidità di
guadagno. Anche se il motivo ideale verrà di lì a poco a giustificare il motivo
terreno, gli inglesi saranno interessati alla scienza del " come "
perché il loro scopo ultimo sarà sempre quello di risolvere i problemi pratici
come essi si verificheranno nel mondo dell'economia. Nel mondo del commercio
marittimo prima ( si pensi al magnetismo di Gilbert ( Zilsel, 1941: 15-19),
alla cartografia, al solcometro, ecc.) e
nel mondo produttivo poi ( si pensi al " mulo ", alla navetta
volante, alla macchina a vapore, ecc. ) La risoluzione di questi problemi
pratici porterà sempre alla realizzazione di un maggiore profitto attraverso l'
incremento della produzione e la diminuzione dei costi . La molla che spingerà gli inglesi ad agire
verso la direzione della Rivoluzione Industriale , anche se inconsciamente,
sarà sempre la sete di guadagno.
Il profitto non sarà mai la
molla che spingerà il continente ad agire nella ricerca scientifica. Esso sarà
mosso da valori intellettuali e , per questo motivo, le sue conoscenze teoriche
non troveranno mai un'applicazione sul continente, ma la troveranno in
Inghilterra, che se ne approprierà e ne farà qualcosa di originalmente suo,
come la forza motrice del vapore, per esempio. Essa sarà scoperta da un
francese, ma la macchina a vapore sarà un prodotto indiscutibilmente inglese.
La Francia e l'Inghilterra si
porranno su due campi diversi. La prima, anche se aveva giocato un grande ruolo
nel movimento scientifico del XVII secolo, nel XVIII svilupperà quelle
conquiste in un nuova visione del mondo, mettendo al suo centro il valore della
ragione. Sarà questa l'eredità che essa valorizzerà più di tutto del movimento
scientifico del XVII secolo. Le conquiste pratiche non le interesseranno. Sarà
filosofa e scienziata. La seconda, invece, di tutto il movimento scientifico
del XVII secolo, valorizzerà quello che le sembrava preminente per il reale
progresso della civiltà e dell'uomo: l'aspetto pratico reale e concreto delle
applicazioni del metodo scientifico sperimentale che avrebbe condotto, secondo
la sua visione delle cose, alla realizzazione del programma baconiano. La prima
produrrà, col secolo dei lumi, un movimento di idee che sconvolgerà l'assetto
politico-istituzionale di tutto il continente. La seconda produrrà, sempre
nello stesso secolo, un nuovo sistema di produzione che sconvolgerà l'assetto
economico di tutta l'umanità. La
Francia ricercherà le conoscenze nei libri, negli esperimenti
e nella riflessione filosofica; l'Inghilterra le cercherà, in tutto il mondo,
tra gli artigiani ( Zilsel, 1941:24 ) e tra gli uomini di scienza applicata.
Tutt'e due le nazioni, comunque, faranno ricorso alla razionalità: nel campo
culturale la prima, nel campo economico la seconda.
Il genio degli inglesi consisterà
principalmente nel fatto che essi sapranno unire, come nessun altro mai, dopo
il Rinascimento italiano, le attività scientifiche con le attività pratiche per
trarne un vantaggio di natura economica, che si risolverà in un miglioramento
della società, grazie all'azione "della mano invisibile ", come dirà
più tardi A. Smith ( Ben-David, 1975: 117-120 ). Queste idee troveranno un grande vettore nella religione protestante
e dei puritani in particolare. E l'idea stessa di progresso uscirà dai circoli
ristretti per diventare patrimonio della società allargata.
Il clima di ricerca finalizzata, nell'ambito di una scienza
applicata, e l'idea baconiana, che ogni
scoperta e ogni invenzione deve dimostrare di essere utile al progresso
generale dell'uomo, si diffonderanno in tutti i settori della società. Ma esse
si diffonderanno in particolar modo nel settore dell'artigiano-inventore, il
quale sarà mosso da un interesse economico, di profitto per essere chiari, che
la chiesa non condannerà più: " servi Dio e diventa ricco, servilo
leggendo la bibbia non contaminata dal pensiero secolare e arricchisci seguendo
la filosofia sperimentale che ti promette beni materiali" ( Santucci,
1980: 12 ). Questo sarà il pensiero predominante dei puritani. Il successo nel
mondo degli affari sarà un mezzo di distinzione, un mezzo per dimostrare che si
era un prescelto, quello che era destinato a salvarsi ( Mason, 1953: 67 ).
Tra la Rivoluzione Scientifica
del XVII secolo e la
Rivoluzione Industriale del XVIII secolo non c'è filiazione
diretta ( Musson, 1972 ), tranne che nel metodo quantitativo, che sarà
adottato, tra l'altro, anche nelle attività economiche. Però, la Rivoluzione Scientifica
creò le condizioni materiali e non materiali affinché quest'ultima si
verificasse. La
Rivoluzione Scientifica, in effetti, aveva cambiato indirizzo
al pensiero dell'uomo. Lo aveva distolto dalle speculazioni sui massimi
sistemi, quasi tutti di natura metafisica; gli aveva fatto acquisire un
completo decentramento del pensiero per cui, adesso, era capace, come non
mai,di associare, correlare, rielaborare più informazioni e lo aveva indirizzato verso problemi pratici
risolvibili col metodo quantitativo, che essa aveva elaborato. Insomma, la Rivoluzione Scientifica
" gli diede gli strumenti intellettuali " (Cipolla, 1962: 49 ). E
saranno questi elementi che si
incarneranno nello spirito inglese: uno spirito pragmatico ed utilitaristico.
Questo spirito non saprà legarsi o
dedicarsi alle teorie. Sarà legato e si dedicherà alla scienza, non a quella
teorica, ma a quella applicata, come egli la intenderà.
" Quando la Rivoluzione Scientifica incominciò nel XVII
secolo essa fu principalmente un movimento metropolitano incentrato nella Royal
Society. Alla fine del XVIII secolo essa sarà un movimento provinciale,
vigorosamente espresso dalle società filosofiche di Norwich, Northampton,
Exeter, Bristol, Bath, Plymouth, Birmingham, Derby, Manchester e molte altre
" ( Musson-Robinson, 1960: 223)
e saranno queste società provinciali che garantiranno il collegamento tra la
scienza, come la intendevano gli inglesi, ed le attività produttive. In
effetti, " sembra... che
all'inizio della Rivoluzione Industriale ci fosse uno stretto collegamento tra la scienza e l'industria, più di quanto
si sia pensato finora " (Musson-Robinson, 1960:238).
Sul continente questa filiazione
indiretta non si sarebbe mai verificata, come, in effetti, non si verificò mai
e le Rivoluzione Industriale sarà
importata matura nel XIX secolo
( Forbes,1956: 148 ). Ma sul continente lo scienziato viveva lontano del
mondo economico-produttivo e non c'era una filosofia, come quella baconiana,
che lo spingesse verso un fine utilitaristico delle conoscenze. Nè c'era il
potente vettore della religione protestante che aveva fatta propria questa
filosofia fino a farla diventare non il pensiero di una cerchia ristretta, ma
una mentalità generale . Quando, sul continente, questa mentalità si affermerà
nel seno di qualche gruppo ristretto, come sarà il caso degli ugonotti in
Francia, esso lo scaccerà per motivi religiosi e questo contribuirà, ancora una
volta, a fare le fortune dell'Inghilterra, che, accogliendolo nel suo seno,
potrà avvalersi di tutto il kow how di cui era portatore Nell'isola questa
nuova mentalità verrà accettata, protetta e promossa. E tutti coloro i quali
non potranno professarla liberamente su tutto il continente troveranno rifugio
nell'isola di Bacone. L'Inghilterra, in questo periodo, saprà porsi come la
terra dove lo spirito protestante e lo spirito di iniziativa potranno crescere
all'ombra di un potere che li aveva fatti suoi. Ed essa diventerà la meta di
artigiani qualificati da tutte le parti d'Europa.
Gli inglesi saranno il primo popolo, come
massa e non come singoli individui, che farà proprio lo spirito faustiano (
Wright, 1935: 549 ) rinascimentale della sete di sapere e saranno il primo
popolo, come massa, che avrà un completo decentramento del pensiero per cui
sarà in grado di correlare, associare, sintetizzare più informazioni per
ricavarne una conoscenza che sarà qualitativamente nuova e diversa.
L'originalità, o - se vogliamo - la
genialità del popolo inglese starà proprio in questa capacità di operare
rielaborazioni e fare delle sintesi da tutte le conoscenze prodotte fino a
quell'epoca. La genialità di uno Shakespeare l'aveva dimostrato. Egli prese da
tutte le parti. A volte saccheggiò le opere altrui. Interi passi ed intere
storie di altri si possono ravvisare nelle sue opere, ma nelle sue mani tutto
si trasfigurò, tutto diventò diverso e acquistò un sapore ed un universalismo
che prima non aveva: era un nuovo prodotto originalissimo che era venuto alla
luce, che non poteva assolutamente essere paragonato alle opere da cui aveva
attinto. Era qualcosa di originale e di unico perché aveva associato delle idee
creando un messaggio che travalicava il mondo degli uomini per raggiungere
quello dell'umanità. Così Newton. Egli non aggiungerà nulla alle conoscenze già
prodotte ( Schlagel,1985: 27 ), ma con
quelle conoscenze saprà creare, associandole, una sintesi originalissima che
costituirà la punta avanzata del pensiero matematico moderno. Egli unìrà il
cielo e la terra, unificando i loro fenomeni in un'unica teoria. Ed egli sarà
la massima espressione del pensiero astratto formale. Così sarà anche per
Boyle. Egli non inventerà nulla di nuovo, ma saprà dare un ordine diverso alle
cose che altri avevano inventato e questo ordine diverso produrrà una nuova
conoscenza che prima non esisteva. Egli trasferirà nella chimica quello che era
già stato accettato nella fisica: la natura corpuscolare della materia. Gli
atomi di Democrito erano stati accettati ed utilizzati da Newton e Boyle li accetterà anche nella chimica ( Westfall,
1980: 19 ). E così creerà una nuova scienza: la chimica.
Questa, in fondo, era stata la
storia dell'evoluzione intellettuale dell'uomo sin dai tempi dei Sumeri. Ogni
nuovo popolo, ogni nuova società, che aveva qualcosa da dire, che aveva un
proprio contributo originale da fornire, incominciava sempre con l'acquisire le
conoscenze prodotte da altri ( fase di apprendimento ), ma, dopo averle
assimilate attraverso l'imitazione ( fase di imitazione creatrice ), dava ad esse
un nuovo ordine, ne faceva una nuova associazione, una nuova elaborazione, e
quindi produceva una nuova sintesi ( fase di creazine originale ) che era
qualitativamente diversa da quelle precedenti ed era originale, come sintesi,
anche se i singoli addendi ( le singole conoscenze ) erano quelle prodotte da
altri. Questa era stata la storia delle civiltà dell'Antico Oriente e della
Grecia Classica. Le prime rappresentano il momento della produzione analitica;
la seconda rappresenta quello della sintesi. In tutti i campi, ci deve essere
una fase di produzione analitica delle conoscenze, come quella che si è
prodotta nella prima parte di tutto il movimento scientifico. A questa deve
seguire una fase di rielaborazione sintetica, che può essere prodotta dallo stesso
popolo o dalla stessa civiltà che ha prodotto la conoscenza analitica, come è
stato il caso dell'Europa nella Rivoluzione Scientifica, o può essere prodotta
da un altro popolo che riesce a vedere quelle interconnessioni e quelle
relazioni tra le conoscenze ( decentramento del pensiero ) che il primo
popolo ( quello che ha prodotte la
conoscenza analitica ) non era riuscito a vedere, come è stato il caso delle
civiltà dell'Antico Oriente e della Grecia classica. Ma la sintesi non è mai il
punto di arrivo definitivo. Essa rappresenta solo una tappa nella grande scala
della conoscenza. Essa rappresenta il massimo sforzo intellettuale di cui è
capace l'uomo fino a quel momento storico. Ma rispetto alle future conquiste
dell'intelligenza, essa rappresenta solo un momento analitico assieme a tutti
gli altri momenti analitici prodotti nella storia dell'uomo. Ecco perché, " se ci è permesso osare una
comparazione...le conquiste di Newton [ rappresentano il decentramento del
pensiero, il momento della sintesi ] se paragonate all'egocentrismo, [ al
momento dell' analisi ], della fisica aristotelica, ma il concetto di tempo e
di spazio assoluto newtoniano, [ che pur rappresenta il momento della massima
sintesi rispetto al passato ], rimane egocentrico dal punto di vista della
relatività di Einstein perché esso contempla una sola realtà nell'universo tra
le molte che sono possibili e reali " ( Piaget, 1985: 13 ). Ecco perché un
Boyle è il prodotto finale del pensiero precedente, ma egli sarà, a sua volta,
il contenuto della forma successiva, in termini piagetiani. Cioè, egli
rappresenta il momento sintetico rispetto al pensiero precedente, ma
rappresenta il momento analitico rispetto al pensiero successivo. Egli
rappresenta l'archeologia della chimica moderna. Anche lui sottostava alla
legge dell'evoluzione del pensiero dell'uomo e non riuscì a vedere le
interconnessioni o le nuove relazioni tra le conoscenze che egli stesso aveva
prodotte o che aveva contribuito a produrre.
L'umanità, per raggiungere questa
capacità di rielaborazione e di sintesi, questo completo decentramento del
pensiero, per cui era in grado di cogliere i nessi e le relazioni che
intercorrevano tra le informazioni, era dovuta passare attraverso l'esperienza
delle civiltà dell'Antico Oriente, che non furono mai capaci di cogliere nessi
e relazioni o rielaborare le informazioni; era dovuta passare attraverso
l'esperienza della civiltà classica, che ebbe, con i greci, una forte capacità
rielaborativa ed era in grado di cogliere nessi e relazioni nell'ambito del
pensiero operatorio concreto, ma i greci non erano interessati alla scienza o
al mondo della produzione: essi erano interessati solo al fatto speculativo; i
romani, a loro volta, vivevano l'esperienza non di una economia produttiva, ma
quella di una economia di rapina; era dovuta passare attraverso l'esperienza
della civiltà medievale, che subì una forte regressione nel livello di
struttura mentale rispetto al mondo classico ed era dovuta passare, infine,
attraverso la civiltà rinascimentale, che, con la sua rinata apertura mentale
ed il suo attivismo economico, ha posto le premesse affinché questa capacità di
rielaborazione e di sintesi fosse resa possibile.
Gli inglesi della Rivoluzione Industriale rappresentano la fase finale di
un processo storico che era iniziato con l'homo sapiens, della lenta evoluzione
della sua struttura mentale. Imparando gradatamente a decentrare il proprio
pensiero, quest' uomo produsse uno strumento irripetibile ( l'intelligenza, di
cui non era dotato quando uscì dalla ferinità ) che lo ha reso in grado di
rielaborare costantemente, e a livelli sempre diversi, tutte le informazioni
che ha accumulato nelle epoche storiche. Nella Rivoluzione Industriale si era
giunti alla fase finale ( ma non definitiva, come sta a dimostrare la nascente
società post-industriale dei nostri giorni ) di questo processo per cui questa
capacità era diventata il patrimonio,non più di singoli grandi intelletti, come
nel mondo greco ( Vernant, 1988: 36 ), ma era diventata patrimonio di larghi
strati di persone ( the man in the trade ) che avevano la capacità di
associare, correlare più informazioni per risolvere i loro problemi, che, per
avventura, erano prevalentemente di natura economica e produttiva. E questa
capacità collettiva sarà espressa da Bacone, quando, riferendosi alla natura,
affermerà " che le forme o leggi delle nature semplici o astratte fossero
poche di numero, ma che si potessero combinare infinitamente fino a produrre la
varietà infinità esistente in natura. Come le lettere dell'alfabeto, che, per
quanto poche numerose, si possono combinare in diversi modi fino a formulare un
numero infinito di parole. Se dunque si comprendono queste forme, si sarà in
grado di combinarle a volontà per raggiungere qualsiasi risultato di cui è
capace la natura e così comandarla " ( Foster Jones, 1980: 120 ).
Molte invenzioni della Rivoluzione
Industriale " sono il risultato di
due o più idee o processi prima indipendenti che, unendosi, [ associandosi ],
nella mente dell'inventore sfociarono nella creazione di un meccanismo più o
meno complesso ed efficiente. Così, per esempio, fu necessario che il principio
della Jenny venisse unito, [ associato ], con quello della filatura a rulli
perché nascesse il mulo, e la rotaia di ferro, che da molto tempo era in uso
nelle miniere di carbone, dovette essere associata alla locomotiva perché si
avesse la ferrovia " ( Ashton,
1972: 20 ).
Che cosa significa inventare
? " Inventare significa mettere insieme utilmente alcune informazioni già
acquisite. Una specie di operazione artigianale, più modesta della scoperta
scientifica pura, ma più spesso sconvolgente. In fondo ha cambiato di più il
mondo la radio messa insieme da un praticone come Marcone che non la scoperta
delle leggi elettromagnetiche fatto da Marxwell, senza il quale tuttavia non
potremmo comprendere i principi scientifici alla base della radio " ( Amaldi, 1989 ).
Bacone aveva coscienza, già agli
inizi del XVII secolo, della verità di queste asserzioni quando affermò che
" è bene rendersi conto della forza, della virtù e delle conseguenze delle
invenzioni; e ciò si può vedere meglio in tre invenzioni che erano note agli
antichi ... cioè la stampa, la polvere da sparo e la bussola. Queste tre
invenzioni hanno cambiato e rivoluzionato lo stato delle cose in tutto il
mondo; la prima nella letteratura, la seconda nell'arte della guerra e la terza
nella navigazione. Da qui sono cambiate molte cose ... niente ha esercitato più
potere ed ha avuto più influenza nello svolgimento della storia dell'uomo di
queste tre invenzioni meccaniche " ( Bacone, 1978: 1 ).
Le informazioni sono la fonte di
tutte le invenzioni, le quali, a loro volta, " trovano la loro
caratteristica distintiva nella costruttiva assimilazione di elementi
preesistenti in una nuova sintesi, in un nuovo modello o in un nuovo
comportamento. La loro finalità può
variare su una scala di valori: ad un estremo troviamo le creazioni che
intendono gratificare un desiderio estetico, all'altro troviamo i congegni
meccanici che rispondono alle necessità dei bisogni materiali. Le invenzioni in
questo senso stabiliscono relazioni che prima non esistevano " ( Usher,
1929: 11 ).
La miriade di invenzioni che si
avranno al sorgere della Rivoluzione Industriale si dovranno alla miriade di
informazioni che l'uomo aveva acquisito nei secoli e nei millenni precedenti e
di cui gli inglesi andranno alla ricerca in tutto il mondo ( programma di Bacone ) per portarle in
patria. Questa miriade di informazioni farà loro acquisire un abito mentale più
duttile e più aperto alle innovazioni e questo creerà le premesse della
Rivoluzione Industriale.
La Rivoluzione Industriale
non è il prodotto di un genio
individuale, ma è il prodotto dello
" spirito dell'uomo " ( Nef, 1958: XII ), di cui gli inglesi
rappresentavano, a quell'epoca, la fase
finale. Le sue origini non possono essere fatte risalire a questa o a
quell'epoca storica. Non possono essere ricercati tra l'XI e il XIII secolo (
Cipolla, 1974: 324 ), né nelle condizioni climatiche o nella disponibilità
delle materie prime.
La Rivoluzione Industriale
è figlia di un lungo processo storico in cui l'uomo prima ha costruito se
stesso, la sua struttura mentale, e poi ha costruito il suo mondo economico-produttivo
e sociale, rigettando il ciclo che la natura gli aveva imposto per la gestione
della sua vita quotidiana, a cui tutti gli altri mammiferi sono tutt'ora
legati, e stabilendo un proprio ciclo in cui la natura è solo un punto di
riferimento. Egli mette da parte il ciclo naturale per adottare il ciclo
sociale.
Le origini della Rivoluzione
Industriale vanno ricercate nella notte dei tempi ( Garraty-Gay, 1973: 791-92
); vanno ricercati nella prima pietra levigata dell'uomo primitivo; vanno
ricercati nella ruota dei Sumeri; vanno ricercati nella tecnica della
fermentazione ( Lilley, 1976: 188 ); vanno ricercati nella fusione dei metalli
e nella terracotta delle prime civiltà; vanno ricercati nel teorema di Pitagora
e nella geometria di Euclide; vanno ricercati nella logica di Aristotele; vanno
ricercati negli atomi di Democrito e nella fisica sperimentale di Archimede;
vanno ricercati nell'invenzione della leva, della puleggia e della ruota
dentata; vanno ricercati nel collare per buoi e cavalli e nel ferro degli
zoccoli ( Cipolla, 1962: 44-46 ); vanno ricercati nell'invenzione della pompa e
dei mulini idraulici ( Bowden-karpovich-Usher, 1937; 108 ); vanno ricercati
nello spirito pragmatico dei romani; vanno ricercati nella ricettività culturale
dei popoli germanici del primo medioevo; vanno ricercati nel Rinascimento;
vanno ricercati nella polvere da sparo e nella bussola. La Rivoluzione Industriale,
insomma, è il prodotto dell'uomo e non di un'epoca storica o di un popolo,
anche se fu un popolo particolare che si trovò sul proscenio nell'atto finale e
ricevette gli applausi di tutto il resto del mondo.
Un processo, come quello della
Rivoluzione Industriale, non è il frutto del genio individuale, ma è un frutto
sociale. " L' invenzione, come ha
osservato un illustre scienziato moderno, Michael Polanyi, è un dramma che si
recita su un palcoscenico pieno di gente; di solito l'applauso va a chi si
trova sulla scena all'ultimo atto, ma il successo della rappresentazione
dipende dalla stretta collaborazione di molti attori e di quelli che restano
dietro le quinte. Gli uomini che, rivaleggiando e cooperando, crearono insieme
la tecnica della Rivoluzione Industriale erano semplici inglesi e scozzesi che,
per dirla con un filandiere del nostro tempo, Godfrey Armitage:
Non erano nè semidei nè eroi
ma ingegnosi laboriosi discendenti dell'homo sapiens
ch'ebbero la fortuna di gettare il seme col bel tempo
non col gelo o sotto la tempesta ma quando il lento
maturare della stagione, il
propizio intrecciarsi
delle circostanze
offrì impensati occasioni
ch'essi seppero cogliere ... " ( Ashton, 1972: 20-21).
Ma cosa avevano gli inglesi che, ad
un certo punto della loro storia, si posero come candidati unici alla fase
finale di un processo storico plurisecolare e produssero la Rivoluzione Industriale
? Avevano la loro esperienza storica, che era alquanto diversa da quella
delle altre nazioni europee e questa
diversa esperienza storica produsse un tipo di mentalità non nuova nella
storia, ma certamente particolare ed esclusiva in quel momento storico al
popolo inglese e le cui caratteristiche possono essere così sintetizzate: era
una mentalità pragmatica, utilitarista, ricettiva, affaristica, libertaria.
" L'Inghilterra è la prima tra
le nazioni moderne i cui abitanti hanno sviluppato una struttura mentale in cui
la coscienza e gli istinti non sono fondamentalmente opposti gli uni agli altri. Così essi hanno fatto fare un
balzo in avanti allo sviluppo della mentalità rispetto all'epoca medievale
"( Barbu, 1960: 209 ). " Per dire di più , si può affermare che ci
sono le basi per affermare che la struttura mentale dell'individuo del mondo
Occidentale moderno fu creata in Inghilterra. Dall'inizio dell' epoca moderna,
la struttura della personalità degli inglesi è stata, per tanti aspetti, il
prototipo della struttura della personalità della moderna civiltà Occidentale.
Essa affonda le sue radici in un sistema di sicurezza secolare e in una
personalità egocentrica caratteristica di un individuo che ha una forte
consapevolezza di sè, che ha un alto grado
di autointegrazione e di autocontrollo; insomma, essa affonda le sue
radici in una personalità che, in virtù di un ciclo psicosociale, emerge e
conduce, allo stesso tempo, ad un ordine
sociale individualistico " ( Barbu,
1960:145-146 ).
L'Inghilterra agli albori della sua
storia era stata una terra di conquista e, fino al 1066, sarà il melting pot di
tutte le genti d'Europa. " La
storia remota delle isole britanniche si
può leggere come una cronaca delle successive invasioni e dei conseguenti
spostamenti di un numero sbalorditivo di gruppi culturali migranti: Celti,
Angli, Sassoni, Pitti, Frisoni, Danesi e Normanni giunsero a queste isole in
cerca di tributi o di terre dove stabilirsi " ( Hechter,1979: 51 ). E da
questa mescolanza di popoli " nascerà, alla fine, il popolo inglese.
Celti, Galli, Angli, Sassoni, Juti, Danesi e Normanni mescolarono il loro sangue,
con matrimoni ed altre forme, per trasformare l'anonimo e apatico britanno nel
buccaniero dei tempi di Elisabetta e nel silenzioso conquistatore del mondo dei
secoli a venire " ( Durant, 1950,
IV: 491.).
Tutte queste popolazioni, a turno,
sconvolsero la vita dell'isola e vi imposero il proprio sistema di
organizzazione sociale e politica. I britanni spinsero gli aborigini, i druidi
o Celti, nell'estremo nord dell'isola, la Scozia. I romani sottomisero i britanni, i quali
sopravvissero a livello di servi e dovettero adottare la lingua, la cultura e
l'organizzazione sociale dei conquistatori. Con l'arrivo delle tribù germaniche
nel V secolo. dopo che i romani avevano abbandonato l'isola, le tribù
britanniche furono spinte parte in Francia, dove fondarono la Bretagna, e parte sulle
montagne della Cornivaglia e del Galles in generale e l'isola conobbe un nuovo
cominciamento. Tutto fu sovvertito: lingua, cultura, organizzazione statale e
sociale, religione. Era un nuovo popolo che si era impossessato del territorio
più fertile dell'isola e vi imponeva il proprio ordine, spingendo gli abitanti
nei territori meno ospitali: quelli montuosi. " Gran parte della storia
britannica è stata la lotta per il controllo delle fertili low lands da parte
dei gruppi in competizione " ( Hechter, 1979: 56 ).
Con la venuta dei normanni, nell'XI
secolo, queste tribù germaniche, che nel frattempo si erano unificate e avevano
dato vita ad un regno unitario, furono ridotti a livello di servi e ancora una
volta tutta l'organizzazione fu sconvolta, tranne che nel diritto, che i
conquistatori scelsero di fare proprio. Ma la lingua, la cultura,
l'organizzazione statale, con l'introduzione del feudalesimo, che nell'isola
era sconosciuto, e sociale furono rinnovati ab imis sul modello imposto dagli
invasori. La religione non subì alcun mutamento in quanto gli invasori erano
anch'essi cristiani. La lingua sassone sopravvisse, come dialetto, tra la
popolazione sottomessa, ma la lingua ufficiale era quella dei padroni: il
francese.
" I risultati della conquista
normanna furono illimitati. Un nuovo popolo e una nuova classe si impose sui
danesi, che avevano spodestato gli anglosassoni, i quali avevano conquistato i
britanni romani, i quali, a loro volta, avevano sottomesso i Celti ... e sarebbero
passati secoli prima che gli anglosassoni e gli elementi celti si
riaffermassero come britannici nel sangue e nella lingua " (Durant, 1950:
IV, 668-69 )
Questa mescolanza di popoli di
diversa provenienza diede origine al carattere originale e composito
dell'inglese moderno: uno spirito
avventuroso e combattivo con un'estrema apertura verso le influenze esterne. La
formazione della lingua inglese è forse la testimonianza più eclatante di
questa mescolanza di popoli sul suolo inglese e della capacità degli inglesi di
assorbire tutte le influenze e farne un blend originalissimo, i cui singoli
elementi originari sono difficilmente importanti per se stessi. La lingua
inglese è una lingua del gruppo germanico, ma presenta una fisionomia sua propria
che la caratterizza e la distingue dalle
altre lingue di questo gruppo. Mentre le altre lingue hanno mantenuto la
predominanza del ceppo germanico, nell'inglese, a seguito della forte influenza
del latino, del francese, ecc., questo si è fortemente attutito, almeno nel
lessico se non nella struttura, per cui
essa " è ora una mescolanza tra tedesco e francese " ( Durant, 1950,
IV: 81 ).
Questa disponibilità degli inglesi
a recepire, ad accettare e a fare proprio tutto quello che prendevano da altri
popoli o nazioni era forte e presente anche in tutti gli altri campi della
struttura sociale, dalle istituzioni all'economia e alla scienza. L' inglese,
in sostanza, fu aperto a tutte le influenze esterne e lo rimarrà fino alla
Rivoluzione Industriale. Anzi la Rivoluzione Industriale
sarà proprio il prodotto di questa capacità assimilativa e rielaborativa del
popolo inglese, sarà il prodotto di questa capacità di fare proprio tutto ciò
che era utile e vantaggioso per gli interessi individuali e quindi nazionali. " Sin dai primi tempi dell'epoca
moderna, l'inglese ha cominciato a credere che i suoi interessi corrispondevano
a quelli della nazione. 'Chi aiuta se stesso, aiuta la nazione ' o ' la
prosperità individuale porta alla prosperità della comunità ' erano - e lo sono
tutt'ora - formule usate in questo senso " ( Barbu,1960: 203 ).
L'inglese rimarrà alunno che
apprende da tutti gli altri fino alla Rivoluzione Industriale, quando la sua
genialità verrà fuori e l'Inghilterra sarà riconosciuta da tutti come la
nazione più potente del XIX secolo ( Barone-Ricossa, 1974: 111). Dopo aver
raggiunto questo ambìto, ma non ricercato traguardo, essa svilupperà il suo
concetto di arroganza e , come tutti gli altri grandi alunni della storia che
crearono una svolta nel progresso della civiltà, si chiuderà alle influenze
esterne, che rifiuterà perché proverranno dal ' barbaro '. Essa, come tutti gli
altri grandi alunni, non saprà essere contemporaneamente alunna e maestra.
Dimenticherà le parole di Newton, secondo il quale " la cosa più
importante è apprendere non insegnare " (Landes,1969:33 ) e saprà essere,
come tutti quelle nazioni che l'avevano preceduta nello sviluppo della civiltà,
solo maestra e questo provocherà il suo declino e la sua uscita dal proscenio
per diventare potenza di secondo rango. Il declino subentrerà quando essa si
considererà 'arrivata ' come si considerarono arrivati i greci, i romani e
l'Italia del Rinascimento, per cui perderà quella tensione ideale e quello
spirito di apertura al rinnovamento e alle innovazioni, che avevano fatto le
sue fortune. Il declino verrà fuori quando si svilupperà e si affermerà questa
psicologia collettiva,per cui non sarà più pronta a recepire, ad accogliere gli
stimoli che verranno da altre fonti, come aveva fatto nella sua fase di
crescita, ma si arroccherà, con superbia, alla propria presunta superiorità e
svilupperà quell'orgoglio arrogante, caratteristico di tutte le grandi civiltà
che l'hanno preceduta (greci, romani,Rinascimento), che non la farà più essere
alunna o " apprendista " ( Wilson, 1979: 8 ), e considererà tutti gli altri 'barbari '.
(Pollard, 1989 ). La sua decadenza era
inscritta nella storia, ma nessuno l'aveva ancora letta.
La decadenza sarà la conseguenza
della trasformazione della primitiva mentalità, quella mentalità che la rese in
grado di rispondere a tutte le sfide che la storia le aveva posto, e le sue
brillanti risposte le fecero sempre fare un balzo in avanti. Persa questa
mentalità, essa non saprà rispondere alla nuova sfida che le porrà l'ultimo
quarto del XIX secolo e il secolo XX: la sfida della scienza e della tecnologia
avanzata ad essa legata. Essa sarà all'avanguardia fintanto che il
miglioramento del know how dipenderà dall'artigiano-inventore, che inventava un
nuovo congegno che migliorava la produzione, ma, quando il know how dipenderà
dalla scienza, un settore in cui aveva perso il primato di cui aveva goduto nel
quarantennio dell'età augustea, questo non sarà più vero ed essa perderà
terreno rispetto alla altre nazioni del continente europeo ed extra europeo. In
sostanza, essa entrerà " nel
XX secolo e nell'età della scienza e della tecnologia come un popolo
spettacolarmente incolto " ( Hobsbawn, 1972: 128 ).
" Gli inglesi ebbero
chiaramente coscienza di essere un'unità culturale e razziale per la prima
volta ai tempi di Chaucer, quando le componenti razziali e linguistici furono
fusi in un'unica razza e in un'unica lingua. In quest'epoca la classe dominante
non è più francese e quella contadina non è più anglosassone, ma tutti sono
inglesi. L'Inghilterra cessò di essere principalmente un'espressione geografica
aperta a tutte le influenze. Da quest'epoca in poi, incomincia ad assumere una
propria fisionomia. Ai tempi di Chaucer, di Wycliff, di Wat Tyler e dei bowmen,
l'Inghilterra incomincia a creare le proprie forme originali nella letteratura,
nella religione, nella società economica e nella conduzione della guerra. Le
forze che forgiarono il destino dell'isola non sono più straniere, ma sono
forze autoctone. L'Inghilterra non deve più il suo progresso agli
amministratori e agli ecclesiastici stranieri, o alle idee normanne sulla
organizzazione feudale, né lo deve ai re legislatori angioini, o alla
cavalleria strutturata su modelli francesi, né ai frati che vengono dal mondo
neolatino. D'ora in poi, l'Inghilterra si crea i propri caratteri e le proprie
tradizioni " ( Trevelyan, 1960, I: 16 ).
L'Inghilterra del XIV secolo era
un paese sottosviluppato. In "
quanto a benessere e sviluppo si trovava in una posizione molto arretrata nei
confronti di Parigi, di Brusselle, di
Venezia, di Milano, di Costantinopoli, di Palermo e di Roma " ( Bosl,1975: 354 ). Ma in quanto ad
istituzioni aveva dato vita a tre istituti ( corona, parlamento e diritto )
che, nella loro maturità, si dimostreranno la carta vincente nella creazione
del clima favorevole allo sviluppo economico, prima, ed industriale, poi (
Hall, 1956: 712 ).
A differenza degli altri paesi
europei che si dibattevano nel frazionismo feudale, l'Inghilterra, sin dai
tempi di Guglielmo il Conquistatore, fu sempre una monarchia centralizzata che
aveva maggiore o minore potere a seconda che sul trono siedeva un re forte o un
re debole. Ma fu proprio l' alternanza di questi due tipi di monarchi che
contribuì a far sviluppare il secondo istituto, quello parlamentare. Il re
forte era dominatore e , a volte, anche dispotico. Sotto di lui, nobili e
parlamento, avevano poco voce in capitolo. E molto spesso dovevano resistergli
con la forza per difendere i diritti feudali,
riconosciuti ed accettati, e strappargli nuove concessioni, che, per il
sistema, la pratica e il diritto consolidato della forza giuridica dei
precedenti, venivano acquisiti al patrimonio istituzionale della nazione e che
verranno rivendicate, anche sul campo di battaglia, se necessario, tutte le
volte che un sovrano tenterà o di fatto le disattenderà. Nella guerra civile
del 1640-49, i ribelli si rifaranno proprio alla forza vincolante dei
precedenti per limitare i poteri del sovrano. Sotto un re debole, che quasi
sempre seguiva uno forte, quelle concessioni, codificate in atti parlamentari,
avevano la possibilità di consolidarsi nella loro attuazione pratica. Altre
volte, invece, era il sovrano stesso che associava il parlamento alle sue
grandi imprese, facendo concessioni di natura politica-istituzionale in cambio
di mezzi finanziari.
Questo fu il processo attraverso
il quale si formarono i poteri del
parlamento ed indirizzò l'Inghilterra in
una direzione diversa rispetto agli
altri stati europei nello sviluppo delle istituzioni parlamentari. Quasi tutti
i sovrani, a partire da Edoardo I, creatore del model parliament del 1295,
associarono la nazione, rappresentata dal parlamento, alla loro politica quando
questa aveva un costo che difficilmente i sovrani potevano affrontare con i
soli mezzi della corona o quando la lotta che stavano per ingaggiare era titanica e avevano quindi bisogno di sentirsi
tutto il popolo dietro di loro (Enrico VIII ). E la nazione non negò mai il suo
appoggio, ma tutto questo aveva un prezzo: i mali della nazione andavano
risolti prima della concessione dell'aiuto finanziario. Ed Edoardo I fu il
primo a pagarlo, come del resto lo avevano pagato i suoi predecessori e come lo
pagheranno tutti i suoi successori. La nazione fornì a Edoardo I i mezzi
finanziari per condurre le sue guerre, ma egli si dovette impegnare, come si
impegnò, a non imporre tasse e tributi, nel futuro, senza il consenso del
parlamento e lo fece con un atto ufficiale del parlamento ( statute ). Questo
atto poteva anche essere di scarsa utilità nel presente, ma la sua
codificazione costituì il primo passo rivoluzionario nello sviluppo delle
istituzioni e " creò le condizioni sotto le quali si doveva sviluppare la
potenza commerciale ed industriale della nazione fino al laisser faire " (
Powicke, 1962: 619 ) .
Il potere centrale in Inghilterra
era forte, più forte che in qualsiasi altro stato europeo contemporaneo. Ma
esso non fu mai assoluto, come divennero i sovrani continentali. I sovrani
inglesi trovarono sempre una limitazione oggettiva nei poteri del parlamento (
Nef, 1954: 155-58 ) e nella legge, che " aveva una supremazia su tutti,
anche sul re " ( Trevelyan, storia I: 121 ). Il sovrano inglese era
assoluto solo nel senso " che il suo potere non era soggetto al papa o
all'imperatore " ( Manning,1965: 247 ). In termini di scienza politica
moderna potremmo dire che egli godeva della piena sovranità esterna, ma non di quella interna, neanche
negli affari religiosi. Nella sovranità interna era condizionato da altri
soggetti e prima di tutto dal parlamento, il quale, proprio con Enrico VIII, il
grande costruttore di parlamenti, si avvierà a diventare l'unico depositario di
tutta la sovranità. Non ci saranno cose che il parlamento non potrà fare. Potrà
fare tutto, ancora oggi, tranne, come è stato detto, cambiare un uomo in una
donna.
In Inghilterra non si accettò
mai la teoria della origine divina dei re. Quando si tenterà di introdurla, nel
XVII secolo, l'Inghilterra farà la prima rivoluzione moderna della storia. In
Inghilterra si rimase sempre fedeli al principio medievale della elettività dei
re. " Lo stato medievale era un governo misto di re, baroni, prelati. Il
rapporto tra signore e vassallo, essenza del sistema politico feudale, si
fondava su obblighi reciproci. La rottura del contratto da parte di uno dei due
contraenti comportava determinate penalità, e, poiché la legge era male
espressa e male amministrata, si era continuamente costretti a fare ricorso
alla guerra per definire determinati elementi di diritto feudale. L'astenersi
dall'opporre resistenza all'Unto del Signore era contrario alla forma di
pensiero e alla pratica ricorrente nel Medioevo " ( Trevelyan, 1965, I:
121 ). Per questo motivo, gli inglesi sanzionarono, nella Magna Carta, il loro
diritto a ribellarsi al sovrano con le armi se questo veniva meno al patto che
si instaurava tra sudditi e corona. Anche se questo patto non menzionava il
popolo, perché, a quell'epoca, questo non esisteva neppure come concetto, nel
futuro esso sarà così interpretato . E " questo esempio di obbedienza
costituzionale sopravvisse nella memoria del paese " ( Fisher, 1973: 325 )
e sarà esercitato per ben cinque volte tra il 1327, quando fu deposto Edoardo
II, e il 1485, quando sarà deposto l'usurpatore Riccardo III. Anche se "
per sanzionare la deposizione di un sovrano insoddisfacente e per giustificare
il diritto dell'usurpatore, i giuristi - laici ed ecclesiastici - stilarono sempre
delle apologie. Queste dichiarazioni giustificative, prese seriatim, crearono
la dottrina della limitazione del potere regale e, nel futuro, divennero parte
del diritto costituzionale inglese " ( Dunham-Werd, 1975: 738 ). E questo
diritto alla ribellione sarà esercitato ancora due volte nell'epoca moderna.
Verrà esercitato quando si deporrà e si manderà al patibolo Carlo I, sconfitto
sui campi di battaglia, e lo si eserciterà pacificamente nel 1689, quando
" si erigerà la monarchia moderna su basi medievali, che la Gloriosa Rivoluzione
aveva rispolverate " ( Dunham-Werd, 1975: 739 ). Il sovrano, l'autorità
centrale, era utile e necessaria, come dirà più tardi Hobbes, e per questo
motivo essa veniva istituita, ma " l'inglese ha sempre creduto che la
società non esiste per se stessa; essa esiste solo come astrazione, cioè, come
convenzione che può essere cambiata in ogni momento per promuovere gli
interessi dell'individuo " ( Barbu,1960: 203 ).
Se lo stato unitario
centralizzato, con una monarchia forte, ma non assoluta, come si svilupperà
dopo la guerra civile delle Due Rose, garantirà, con la certezza della pace
interna, la sicurezza del cittadino, massima aspirazione di ogni inglese in
tutti i tempi, e lo sviluppo del parlamento sanzionerà, per sempre, la libertà
come bisogno insopprimibile di ogni individuo, il terzo istituto, quello della
Common Law, darà al cittadino la certezza della giustizia e della sua rapida
applicazione.
La Common Law è " una
delle più significative creazioni giuridiche dopo quella romana " (
Bosl,1975: 352 ). Essa sarà uno strumento flessibile che camminerà di pari
passo con l'evoluzione delle funzioni sociali senza l'intervento di
legislatori. Mentre sul continente lo sviluppo del diritto non riuscirà ad adeguarsi
immediatamente ai nuovi bisogni della società e sarà sempre tardivo o
completamente assente, in Inghilterra ci sarà un immediato adeguatamente in
quanto la produzione del diritto nella Common Law era di competenza dei giudici
e non di competenza del parlamento, il quale, però, aveva una specifica
attività legislativo nella statute law. " Il fatto che in Inghilterra
la [ la Common Law ] fosse
creata dai precedenti [ nei tribunali ordinari ] e il fatto che gli inglesi
hanno sempre dimostrato la loro ostilità al diritto scritto [ di produzione
parlamentare ] la dice lunga. Questo significa che il diritto in se stesso -
come la società - non ha una realtà assoluta, esso è una realtà empirica e
quindi è suscettibile di cambiamento " ( Barbu,1960: 204 ).
" L'Inghilterra fu l'unico importante
paese d'Europa ad emergere dal medioevo con la sua Common Law, con
tribunali esplicitamente riconosciuti
come luoghi di elaborazione delle leggi ... Mentre le legislazioni europee si
svilupparono, spesso sotto forma di codici, come sistemi giuridici di vasto
respiro, autosufficienti e coerenti, idealmente concepiti per le esigenze delle
burocrazie centralizzate, la
Common Law inglese si sviluppò per risolvere dei casi
concreti piuttosto che per formulare dei concetti teorici...
" L'approccio inglese alla
problematica giuridica fu essenzialmente un approccio empirico, caratterizzato
da un'avversione totale per le definizioni teoriche... Era perciò ben chiaro
che nel diritto inglese, ancora prima dell' industrializzazione, un prestito, un'azione, un brevetto, tanto
per fare degli esempi, erano proprietà di una certa persona... Mentre, in
Europa, i codici dovevano essere evidenti, e allo scopo dovettero poi essere
create istituzioni completamente specializzate che trattassero i complessi
problemi della proprietà, in Inghilterra nulla di tutto ciò era richiesto.
L'accoglimento pronto e tempestivo di un punto di vista sulla proprietà basato
sul senso comune dispensò da ogni riforma istituzionale e condusse a importanti
progressi nella legislazione sui trust, sui titoli negoziabili, sulle società
commerciali e sulle rappresentanze " ( Hartwell,1973: 241-42 ).
Fino al 1485 si può dire che
l'Inghilterra abbia conosciuto uno stato di guerra continuo. Quando non era
impegnata in una guerra guerreggiata con nazioni straniere si rivolgeva contro
se stessa ( Brailford, 1962 ). E questa è una storia che affonda le sue radici
nel tempo. Le tribù germaniche che invasero l'isola nel V secolo furono sempre
in lotta tra di loro per stabilire la supremazia nell'isola. Quando Alfredo il
Grande, nel IX secolo, riuscì ad unificare il regno sotto le bandiere del
Wessex, ci fu l'invasione dei danesi che portò l'Inghilterra al centro di un
impero nordico. Ma la pace fu di breve durata. Nell'XI secolo, sotto Edoardo in
Confessore, ci furono le lotte tra Goodwin e suo figlio Harold ( il povero
sconfitto della battaglia di Hastings ). Sotto i normanni lo stato di guerra
era endemico per la litigiosità dei membri della stessa casa reale. Solo dopo
il 1485, dopo la guerra civile delle Due Rose, che devastò l'isola e le sue
dinastie, l'Inghilterra ha conosciuto una stabilità politica.
La mescolanza di razze guerriere
che si riversarono nella Britannia delle origini fino al 1066, compreso i
normanni stessi, determinarono la
tremenda energia del popolo inglese che nel medioevo si espresse attraverso la
riottosità e la bellicosità e che nell'epoca moderna, con i Tudor, verrà
incanalata in direzioni diverse, più pacifiche, anche se non meno aggressive ed
espansionistiche. Le guerre non scompariranno dalla scenario inglese, ma
saranno guerre di natura diversa e mireranno a fare dell'Inghilterra la regina
dei mari e la regina del commercio mondiale.
Fino al XV secolo, l'Inghilterra è sempre stata una terra di conquista.
Se fino al 1066 era stata una terra di
conquista politica, a partire da questa data è stata una terra di
conquista economica, un mercato fiorente
per gli italiani, prima, e gli anseatici, poi. " I veneziani, che nel
passato avevano controllato l'esportazione dei tessuti, lasciarono Londra nel
1533 e Southampton nel 1583 e la lega anseatica, l'ultimo potente gruppo di
mercanti stranieri che godevano di privilegi extraterritoriali in Inghilterra, fu
privata dei suoi privilegi nel 1552 e , alla fine, fu espulsa nel 1598.
Quest'ultimo evento rappresenta simbolicamente il punto di svolta della
posizione inglese nel commercio mondiale: dalla periferia si muoveva verso il
centro del sistema" (Minchinton,1969:2). Ma, fino ai Tudor l'Inghilterra
fu un paese sottosviluppato. Ancora nei primi decenni del XVI secolo "
l'Inghilterra, infatti, era un paese relativamente povero ed i suoi standard di
vita erano piuttosto bassi. Essa era indietro ai suoi più prossimi vicini
continentali sia nella produzione della ricchezza che nel suo consumo, sia
nelle tecniche industriali che nelle abilità scientifiche. Le sue industrie
estrattive, con l'eccezione delle miniere di piombo e di stagno, erano così
arretrate che fu necessario chiamare dei tedeschi a dirigere le miniere di rame
di Keswick...Nè l'agricoltura si trovava in uno stato migliore. Solo un quarto
del suo terreno era coltivato a grano " (Black, 1969: 236 ). " Nel
1530 la maggior parte degli inglesi viveva in famiglie rurali per lo più
economicamente autosufficienti: vestivano di pelli, di tela di sacco, di cuoio
e mangiavano pane nero su taglieri di legno " ( Hill, 1972: 13 ).
I mercanti inglesi subirono l'iniziativa dei più agguerriti mercanti
continentali, con italiani e fiamminghi in testa, fino al XV secolo,. Solo
dalla seconda metà del secolo, essi incominciarono a mostrare una certa intraprendenza, che era legata alla diversità
del prodotto che avevano da offrire: non più lana grezza, come nei secoli
precedenti, ma pannolana, anche se non rifinito. Questa intraprendenza diverrà
vera e propria aggressività nel XVI secolo.
L'Inglese non era nato mercante (Ashley,
1949: 69-77). Egli era sempre stato prima di tutto un guerriero. Egli divenne
mercante quando capì, da ottimo alunno, che questo era il mezzo per produrre
ricchezza. E quando capirà, prendendo esempio dalla fiorente industria laniera
fiamminga, che quanto maggiore era il
valore aggiunto tanto maggiore era la
produzione di ricchezza ( Ashley,
1969: 61 ), egli sarà così agguerrito da
competere, nel XVI e XVII secolo, con i più potenti mercanti d'Europa per la
conquista dei mercati mondiali " e... nel XVIII secolo prenderà il posto
dell'Olanda e diverrà il deposito di tutto il mondo " (
Ashley, 1949: 69 ).
In sostanza, l'Inghilterra era stata
incudine, nel campo economico, per tutto il medioevo, quando era esportatrice
di materia prima, ma diverrà martello nei tempi moderni, quando capirà che, per
essere competitivi, bisognava fare meglio degli altri in tutti i campi. E se,
per fare meglio degli altri, bisognava ricorrere all'imitazione e al saccheggio
del know how degli altri, almeno nel primo periodo, l'inglese sarà pronto a
farlo. Le energie, che nei secoli precedenti aveva disperso nelle guerre
continentali o nelle lotte fratricide, saranno riversate a partire dal XVI
secolo, nelle attività commerciali. Farà ancora guerre, ma esse avranno una
finalità diversa: combatterà per la conquista dei mercati e per impadronirsi
dei mari (Denis, 1973: 111 ), il cui
dominio avrebbe garantito la sua supremazia nelle nuove aree commerciali.
I Tudor, con Enrico VII in
testa, il fondatore della dinastia, fornirono le condizioni
politiche-istituzionali affinchè si creasse il clima favorevole a questa rinata
attività degli inglesi. La ritrovata stabilità politica, dopo secoli di guerre
e di lotte intestine, e la pace, accompagnate da un atteggiamento libertario da
parte della corona, hanno lasciato all'individuo la possibilità e la capacità
di sviluppare le proprie aspirazioni convogliando le proprie energie non verso
attività belliche, ma verso la produzione di ricchezza.
Enrico VII aveva intuito che non
erano le guerre che portavano la ricchezza, ma il commercio ed egli " si
interessò più ai commerci che alla guerra" ( Hale, 1967: 402 ). La sua
politica mirava a sollevare l'Inghilterra dallo stato di minorità in cui si
trovava nel campo economico. La sua aggressività verso Venezia e verso la
potente lega anseatica serviva ad un
duplice scopo: liberarsi dalla tutela commerciale degli stranieri e dare vigore
alle forze commerciali della nazione , attraverso una maggiore consapevolezza (
Mackie, 1978: 220 ).
E' da questo periodo che parte la potenza e la
grandezza del popolo inglese. E sotto Elisabetta conobbe la sua fase eroica, la
sua fase creatrice e fece ricorso a tutte le energie di cui era capace. Queste
energie latenti erano state sprigionate
da due fattori: da un governo che garantiva al singolo la libertà di
autorealizzarsi in tutti i campi, escluso quello politico, e dalla riforma
della chiesa, che cambiava i concetti stessi della vita economica dello stato e
dell'individuo. " Il popolo di Elisabetta si distingueva per alcune
qualità che oggi noi attribuiamo al Giappone " ( Cipolla, 1967: 67 ). Esso
non aveva originalità in nessun campo. In tutti i campi non arrivava mai primo,
ma una volta arrivatovi dimostrava le sue capacità di apportarvi modifiche che
dimostravano la sua genialità. " Il
genio di un popolo che prende dagli
altri si dimostra più chiaramente nella
sua capacità di adattare ciò che prende in prestito che in qualsiasi
presunzione di originalità " (
Wilson, 1969: X ). Esso partiva ultimo, e tale era nel XVI secolo, ma aveva il
grande desiderio di apprendere, aveva il grande desiderio di andare alla scuola
del mondo per importare tutte quelle tecniche, tutte quelle conoscenze, tutte
quelle strutture organizzative che avevano dimostrato la propria validità e
mentre molto spesso queste tecniche, questi prodotti nella patria di origine
non avevano uno sviluppo adeguato, in Inghilterra venivano modificate e
migliorate fino a diventare un prodotto originalissimo inglese. " La
mentalità in fermento di quest'epoca costituì una premessa indispensabile per
la realizzazione di quelle scoperte scientifiche che hanno portato alla
meccanizzazione del lavoro, dei trasporti e della comunicazione a partire dal
1800 " ( Nef, 1974: 63 ).
Fino alla prima metà del XV secolo, l'Inghilterra cercò sempre di
diventare una potenza continentale ( Stone, 1967: 15 ) perché questo era il mondo che contava. Sin
dai tempi di Guglielmo il Conquistatore, tutti i sovrani inglesi avevano avuto
lo spirito della volontà di potenza e avevano guardato al continente per
saziarla. L'Inghilterra voleva essere una potenza continentale perché ancora
non aveva scoperto quella verità " che avrebbe dovuto esserle chiara fin
dal principio: per un popolo insulare non ci può essere niente di più
importante della navigazione e della potenza sui mari " ( Berneck, 1970:
365 ). E non l'aveva ancora scoperta perché mancavano i suoi presupposti. Il
continente americano non era stato ancora scoperto e l'unica realtà geopolitica
era il continente europeo, di cui essa era un'estrema propaggine. Se voleva
contare qualcosa doveva inserirsi nel gioco delle potenze europee e pensava di
poterlo fare meglio se continuava a conservare i suoi possedimenti sul
continente. Questo sogno fu ancora accarezzato da Enrico VIII. " Gli
eserciti inglesi erano stati respinti dalla Francia nel secolo XV, ed Enrico
VIII, nel vano tentativo di riportarveli, dilapidò una vera fortuna e... il tentativo compiuto dal cardinale Wolsey,
tra il 1522 e il 1529, di mettere l'Inghilterra sullo stesso piano diplomatico
delle grandi potenze come la
Francia, la
Spagna e il Sacro Romano Impero era finito nell'umiliazione e
nell'isolamento " ( Hill, 1977:19 ).
Solo dopo Enrico VIII, quando si perse l'ultimo lembo di territorio che
ancora conservava sul continente, essa fece di necessità virtù e prese
coscienza che era un'isola e che il suo futuro stava sul mare ( Fisher, 1971,
I: 234 ). Finiva un'epoca e se ne iniziava un'altra. " Nei tempi antichi
il rapporto dell'Inghilterra col mare fu passivo e recettivo; nell'età moderna
[ sarà ] attivo e dominatore " ( Trevelyan, 1965, I: 18 ). Nel frattempo,
con la scoperta del nuovo continente americano posto ad occidente, essa si
veniva a trovare, non più in una posizione marginale, ma al centro di due vaste
aree geopolitiche: quella europea del vecchio mondo civilizzato, raffinato ed
economicamente potente, e quella americana del nuovo mondo, selvaggio e
vergine, le cui potenzialità erano ancora tutte da scoprire e che essa saprà
sfruttare al massimo per il carattere migratorio del suo popolo.
In un mondo che cambiava, che
allargava i suoi confini ad occidente fino ad includervi terre mai conosciute,
l' Inghilterra percepì che il suo avvenire stava sul mare, ma, quello che si
doveva dimostrare uno splendido avvenire, fu la scelta del caso. Fu la risposta
geniale ad una nuova sfida che la storia le imponeva. E questa è stata e sarà
una costante nella storia inglese. Essa non ha mai fatto, nè farà mai progetti
di indirizzo generale di sviluppo ( Stephen, 1900 ). Essa sarà sempre costretta
da nuove sfide a dare delle risposte e queste risposte saranno sempre geniali e
faranno la sua fortuna.
L'Inghilterra sarà
scacciata dal continente due volte. Una
prima volta sarà scacciata politicamente, quando, nel XVI secolo, perderà tutti
i suoi possedimenti continentali e diverrà una potenza insulare tutta raccolta
in se stessa a sanare le ferite che le lunghe guerre sul continente e la guerra
civile delle Due Rose le avevano inflitto. La seconda volta sarà scacciata
economicamente, quando sarà esclusa da quasi tutti i mercati continentali nel
XVII secolo. Tutte e due queste sfide creeranno la sua fortuna. La prima la
porterà a sviluppare una flotta che le consentirà di solcare liberamente i mari
e ad affermarsi come potenza navale e commerciale. La seconda la costringerà a
cercare nuovi mercati in sostituzione di quelli persi e li troverà, anzi li
creerà nel nuovo mondo coloniale (
Toynbee, 1884:78 ). Entrambe saranno risposte obbligate, ma saranno risposte
che si dimostreranno vincenti.
L'Inghilterra non avrà una politica coloniale come l'ebbero la Spagna e il Portogallo che
conquistavano in nome della corona. Gli inglesi vedranno i nuovi territori di oltremare come terre di
emigrazione per quei gruppi che non avevano trovato fortuna in patria o perché
erano perseguitati per le loro idee religiose o, addirittura, come terre di
deportazione, come fu il caso dell'Australia. Saranno questi uomini che
creeranno le colonie, non lo stato inglese. " Le colonie americane sorsero
ad opera dell'iniziativa privata, spintavi in primo luogo da considerazioni
religiose, a volte commerciali e a volte
agricole" ( Trevelyan, 1970: 369 ) e dopo di loro arriverà il commercio e
la bandiera, ma solo quando i porti dell'Europa continentale saranno chiusi
alle sue navi.
" L'inglese del periodo
Tudor non era per natura o tradizione nè un esploratore, nè un conquistatore.
Il culto della carta geografica e quello della bandiera gli era sconosciuto.
Egli non aveva alcun desiderio di andare alla ricerca dei luoghi più distanti
della terra o di scoprire una Nuova Inghilterra al di la del mare... Fu solo
quando iniziò il magico movimento commerciale, dopo il 1550, quando
l'espansione della produzione interna rese necessari mercati sempre più
distanti e quando, sotto il regno di Elisabetta, divenne un dovere patriottico
depredare i galeoni spagnoli, che l'Inghilterra si diede alle grandi imprese
marittime e si presentò come interessata alle scoperte geografiche. In altre
parole, furono il commercio e la pirateria che diedero la spinta iniziale a
quello che doveva essere il più grande periodo delle imprese marittime
dell'Inghilterra; non fu il richiamo dell'ignoto, nè la sete di conoscenze, nè
la visione di un impero " ( Black, 1969: 235 ). Il salto avvenne non
perché essa aveva coscienza che si era creato un mercato transoceanico a cui si
doveva rispondere, ma perché essa era stata esclusa da quasi tutti i mercati
continentali e quindi dovette inventare, dovette creare il commercio
transoceanico per rispondere adeguatamente alla sfida che l'Europa continentale
le aveva lanciato.
Sotto Elisabetta l'Inghilterra subirà una trasformazione strutturale
e da stato agricolo diventerà uno stato
mercantile. Il fenomeno era incominciato all'inizio del secolo e fu accelerato
dallo scisma anglicano con la politica delle distribuzione delle terre. Il cambiamento del fattore religioso fu
molto importante. Esso sprigionò energie immense e introdusse nuovi elementi
nell'atteggiamento dell'uomo verso la società e verso il soprannaturale.
L'ideologia protestante, sebbene rifiutata e negata nell'isola nei primordi
dello scisma, sarà portatrice di un diverso messaggio di salvezza. Nel medioevo
l'uomo poteva solo identificarsi con la società-comunità; non poteva
distinguersi, differenziarsi. Cioè, non poteva essere un individuo libero di
fare le proprie scelte. Con la riforma protestante, e con il nuovo
atteggiamento mentale laico, l'uomo acquistava questa libertà di scelta, questa
libertà di essere individuo, libertà che in Inghilterra aveva una lunga storia
anche se non riconosciuta formalmente ( Macfarlane, 1968: 196-97 ).
L'Inghilterra, nel XVI secolo,
faceva la stessa esperienza che l'Italia aveva fatto due secoli prima. Con
l'affermarsi dell'umanesimo nell'isola (XVI secolo ), gli inglesi mettevano da
parte la vecchia mentalità medievale che non vedeva l'individuo, ma vedeva il
membro di una comunità, la comunità cristiana, che era regolata dal principio
di carità e di fratellanza. L'umanesimo, invece, riportava alla luce
l'individuo greco con tutti i suoi appetiti umani. L'uomo che veniva alla
ribalta in questo periodo in Inghilterra non era nuovo. "
L'individualismo, nella società inglese, aveva una tradizione che risaliva al
sistema delle corporazioni. Tuttavia, per secoli, esso rimase nell'ombra e
cercò di esprimersi all'interno della nicchia comunale e non al di fuori di
essa " ( Lipson, 1947, II: VII). Nel XVI secolo, la novità consisteva nel
fatto che adesso, in Inghilterra, quest'uomo nuovo non nasceva contro la chiesa
o al di fuori di essa, come era successo nel Rinascimento italiano, ma nasceva
dentro la chiesa, che, nel frattempo, aveva fatto propri i valori
dell'esperienza individuale della fede e della salvezza, che non era più
generalizzata, ma era riservata solo al prescelto, il quale doveva dimostrare
questa sua condizione col successo nel mondo. Prima, nel medioevo, l'uomo
doveva rifuggire dal mondo. Ora, nel XVI secolo inglese, egli vi si doveva tuffare
e dimostrare, attraverso il successo, che egli era un prescelto (Merton, 1970:
62 ). In questo senso in Inghilterra nasceva un uomo nuovo. Ma quest'uomo, a
livello spirituale, era nato con la
Riforma protestante in Germania. Il protestantesimo giustificava
il capitalismo, come il nascente capitalismo giustificava il protestantesimo.
Era un incontro che era destinato a produrre dei frutti. " Poche autorità
oggi ascriverebbero il capitalismo al trionfo del calvinismo, ma molte
affermerebbero che il calvinismo e il capitalismo sono figli di questo attivo
spirito di intraprendenza " ( Mackie,1978, 444 ). Quest'uomo
in Inghilterra aveva dietro di sé uno stato che lo lasciava libero di
perseguire il proprio interesse. E fu questa alleanza, nel reciproco interesse,
tra il sovrano e il popolo, rappresentato dal parlamento, che porrà le basi del
futuro successo dell'Inghilterra nel campo economico. Quando ancora la struttura economica era
tutta basata sul possesso della terra , questa alleanza fu tra la corona ed i
proprietari terrieri; quando la struttura economica sarà basata principalmente
sul commercio, questa alleanza sarà tra la corona e le classi mercantili e
quando la struttura economica sarà rivoluzionata dall'industria, questa
alleanza sarà tra la corona ed i nuovi
ceti emergenti. A partire dal periodo del Commonwealth ( XVII secolo ),
il governo sarà sempre il comitato d'affari della borghesia, nel senso che le
stesse persone che detenevano le leve del potere economico siedevano nelle
stanze del potere politico. In questo Karl Marx aveva ragione.
La convocazione del parlamento
da parte di Enrico VIII fu un atto di
ingegno. Esso diventerà un instrumentum regni di cui il sovrano si servirà per
combattere la sua battaglia contro un nemico più potente di lui, come quello
della chiesa di Roma, ed avere tutto il popolo dietro di sè. " Il
parlamento fu per Enrico VIII quello che l'esercito fu per il re di Francia
" ( Hill, 1977:25 ). Enrico sapeva
che l'autorità papale era mal sopportata nell'isola. Era un sentimento che
serpeggiava da secoli nello spirito inglese, a cui pesava solo l'autorità del
papa sulla chiesa inglese a causa dei tributi ( decime ) che questa doveva
versare al papato. E la lotta contro questa autorità era iniziata già nel XIV
secolo con Wycliffe ed i lollardi. Se Enrico avesse toccato la dottrina
difficilmente sarebbe riuscito ( Fisher, 1971, II: 99 ). Quella dello scisma
anglicano fu una rivoluzione dei piccoli passi, ma passi importanti, in cui
cambiava un solo fattore e tutti gli altri rimanevano uguali. Prima fu
eliminata l'autorità del papa e tutto il resto rimase immutato. Enrico ruppe
con Roma, ma non con la dottrina cattolica. Egli era stato e si sentiva ancora
di essere il defensor fidei, il titolo papale che si era guadagnato sul campo
nel difendere la fede cattolica contro l'avanzare del protestantesimo. Ma, nel
distribuire le terre ecclesiastiche ai suoi sostenitori, egli liberò delle
immense energie e creò degli interessi, che, successivamente, si sentiranno
meglio tutelati dal protestantesimo. Lentamente si incomincerà a mutare anche
la dottrina per darle una sterzata protestante che si addiceva di più allo
sviluppo capitalistico verso cui si avviava l'isola ( Barbu,1960: 215 ).
Il protestantesimo, nell'isola,
sotto Enrico VIII non c'era; venne con Edoardo VI. E questo darà una svolta
all'intraprendenza economica dell'isola. " Fino al 1558, l'Inghilterra era
passata, nel giro di venticinque anni, attraverso una serie di cambiamenti
religiosi che andavano dal cattolicesimo di Enrico al protestantesimo moderato
e al protestantesimo radicale per ritornare, infine, alla piena comunione con
Roma " ( Curtis, 1965: 300 ). Ma fino a Maria ( 1516-1558 ) i giochi non erano ancora
definitivamente fatti. Saranno fatti, e in modo irreversibile, con Elisabetta
(1533-1603) proprio a causa della
politica sbagliata di Maria. Il sentimento anticattolico nell'isola non c'era.
C'era il sentimento antiromano che affondava le sue radici nell'infeudazione
del regno inglese al papato romano da parte di Giovanni Senza Terra nel 1214.
Il sentimento anticattolico e filo protestante nacquero successivamente. Ecco i
piccoli passi.
Due furono le spinte che la
riforma inglese impresse all'isola. La prima fu economica. Il governo aveva
tutto l'interesse a creare un ceto medio mercantile che si identificasse con i
nuovi assetti istituzionali. Con la dissoluzione dei monasteri e la
distribuzione delle terre ecclesiastiche, aveva rimescolato le carte. La chiesa
cattolica era uscita di scena e con essa uscivano anche i suoi principi sulla
ricchezza e sul profitto. In effetti " la chiesa occidentale considerava
peccaminoso il desiderio di ricchezza, di cui il mercante sembrava il
rappresentante più tipico " ( Garraty-Gay, 1973,I: 29 ). La seconda spinta fu quella istituzionale.
Nell'associare il parlamento alla sua lotta, Enrico VIII si può giustamente
definire come il grande costruttore di parlamenti, i quali sotto di lui saranno
docili ed ossequienti, ma sotto gli Stuart dimostreranno tutta la potenza di
cui erano stati investiti sotto i Tudor e manderanno al patibolo lo stesso re.
Nel convocarlo, Enrico VIII lo aveva investito di poteri che tradizionalmente
non aveva esercitato. Nel passato, esso veniva convocato solo raramente se il
re poteva fare a meno di nuove imposte. La contesa tra la corona e il
parlamento, che era andata avanti per tutto il medioevo, era stata vinta dai
Tudor a favore della corona e il parlamento era stato messo quasi fuori gioco
dalla politica accorta di Enrico VII, che aveva reso lo stato autosufficiente
finanziariamente. Il parlamento ritornò nell'arena solo perché Enrico VIII
aveva bisogno di tutta la nazione dietro di sè nella sua lotta titanica contro
la chiesa di Roma e la nazione era rappresentata dal parlamento. Ma,
nell'associarlo alla riforma, egli gli fece travalicare i limiti tradizionali e
volle che esso votasse tutti gli atti che portarono allo scisma anglicano e
alla dissoluzione dei monasteri. Tutto doveva passare attraverso il parlamento
e questo costituì la grande forza di Enrico VIII. Il parlamento era il suo
strumento e per questo egli non esitò a dilatare i suoi poteri e ad essere
prodigo di riconoscimenti formali. Ma già sotto Elisabetta, il parlamento non
era più così docile come nel passato e la sovrana molto spesso dovette cedere
alle sue richieste, senza, per questo, perdere il suo assoluto controllo su di
esso. Con sovrani più deboli, come saranno gli Stuart, quei riconoscimenti
formali, e i poteri che stavano dietro di essi, giocheranno un altro ruolo e il
parlamento lotterà per risolvere la contesa in suo favore.
I Tudors avevano saputo trovare
il giusto equilibrio tra le esigenze dello stato e le libertà dell'individuo.
La monarchia Tudor sarà una monarchia molto potente, forse la più potente in
Europa nell'ambito del proprio territorio nazionale prima dell'affermazione
dell' assolutismo. Ma essa non fu mai assoluta. Quando si parla di assolutismo
dei Tudor si corre il rischio di fraintendimenti se non si specifica che questo
assolutismo era più la capacità di poter fare tutto se si osservavano certe
regole che quella di essere arbitri della propria volontà. Enrico VIII non
avrebbe mai potuto dire: l'état c'est
moi. Egli era assoluto, ma non in senso continentale. Egli era in realtà
soggetto a tutta una serie di strumenti istituzionali che lo avrebbero
schiacciato.
Non sarebbe stata la prima
volta che gli inglesi prendevano le armi contro un proprio sovrano per
difendere quello che consideravano il più grande valore dell'individuo: la
libertà. Nel medioevo questa libertà fu rivendicata dai nobili contro la
corona; successivamente venne rivendicata dai borghesi contro i nobili e contro
la corona. Quando essa veniva minacciata, l'inglese insorgeva e combatteva per
difenderla e garantire a se stesso ed ai suoi posteri il patrimonio più caro
che i suoi avi medievali gli avevano lasciato. In questo senso, L' Inghilterra aveva avuto una esperienza
storica alquanto diversa da quella degli altri stati europei. Il sovrano non
era mai stato il signore assoluto dei destini del suo popolo. Il popolo aveva
sempre partecipato, con maggiore o minore potere, al governo della nazione e il
suo punto di forza era sempre stato il parlamento. La potenza di Enrico VIII
era fondata sul fatto che egli sapeva usare le leggi e le consuetudini della
nazione a suo favore. Insomma, l'assolutismo dei Tudor era fondato sul consenso
dei sudditi. " Monarchi senza esercito al centro e senza burocrazia
retribuita in provincia non si potevano definire despoti, poiché non erano in
grado di costringere con la forza i propri sudditi... La potenza dei Tudor, in
breve, non era di natura materiale, ma metafisica. Si affidavano in qualche
caso all'affetto e sempre, senza eccezione, alla lealtà e al libero ossequio
dei loro sudditi " ( Trevelyan,
1965: 316 ). Elisabetta, per esempio, aveva messo solo un freno alla libertà
dei suoi sudditi: quella di stare lontani dai ' misteries ' dello stato. In
questo campo non ammetteva ingerenze, ma in tutti gli altri campi, compreso
quello economico, la libertà era ampia ed era pronta ad assecondare la loro
sete di ricchezza.
Elisabetta aveva capito che
"il commercio fiorisce nella libertà e fugge la costrizione" ( Lopez,
1975 116 ) e l'anarchia. E la sua politica fu sempre quella di creare le più
grandi opportunità al suo popolo, partecipando essa stessa alle sue imprese o
premiando quelle più ardimentose. " L'Inghilterra aveva trovato nei
sovrani della famiglia Tudor l'espressione più rispondente del suo spirito e
della sua politica " ( Trevelyan, 1965, II: 317 ). Questa alleanza con le classi mercantili per
i Tudor fu naturale perchè erano mercanti essi stessi e
sapevano che il loro potere si innestava nelle tradizioni dell'isola che voleva
il sovrano come espressione della volontà della nazione, anche se ancora non si
poteva parlare di volontà popolare. Con gli Stuart ci sarà contrasto perchè
essi si sentiranno al di fuori di questa tradizione: essi vorranno essere re
per volontà di Dio.
Questa fu una delle carte
vincenti degli inglesi: lo stato garantiva loro la libertà di intraprendere
qualsiasi iniziativa che non fosse diretta contro se stesso ( cioè, doveva
stare lontano dagli affari di stato ) e la religione protestante giustificava
questa loro intraprendenza anche nel campo economico perché essi " rendevano un servizio alla comunità e
a Dio " (Barbu,1960:190 ). " I mercanti non solo arricchivano la
nazione, ma lasciavano anche dietro di loro la tangibile evidenza della loro
munificenza istituendo scuole, collegi, case per i poveri e costruendo strade e
ponti " ( Wright, 1935: 25 ).
Lo spirito di iniziativa per esistere ha bisogno di libertà. " Con
la libertà si accompagnano sia il trade che la vita scientifica e nè l'uno nè
l'altro possono sussistere nei governi assoluti " ( Comparato, 1979: 858
). I sovrani Tudor, nel XVI secolo,
seppero garantire questa libertà, pur non rinunciando alla loro forte presa
sullo stato, e il paese fece un grosso balzo in avanti. Quando, nel XVII
secolo, questa libertà sarà messa in pericolo dalle aspirazioni assolutistiche
in senso continentale degli Stuarts si
farà una rivoluzione. La rivoluzione puritana si riallaccerà a questa grande
tradizione storica e parlerà non più di classe, ma dell'individuo, dell'homo
economicus ( Coleman, 1976: 27-41 ).
La libertà è un fattore di
crescita quando essa è regolamentata. La libertà nell'ordine. E non ci può essere ordine senza razionalizzazione.
Questo gli inglesi lo avevano capito per tempo. E " il processo di
razionalizzazione a cui essi furono sottoposti, o essi stessi si sottomisero,
durante la seconda parte del XVI secolo e agli inizi del XVII, fu unico per
intensità e unico nei suoi risultati ( Barbu,1960: 193 ).
Senz'ordine non c'è libertà; c'è
anarchia e nell'anarchia non ci può essere crescita di alcun genere perché lo
spirito di iniziativa o non sorge, o - se sorge - viene ucciso sul nascere. Di
questo gli inglesi ne avevano fatto esperienza sulla propria pelle sia sul
piano individuale che su quello economico-istituzionale. Durante la guerra
civile delle Due Rose, l'anarchia era predominante e la vita dell'individuo era
costantemente in pericolo. I poteri dello stato erano cosi in basso da non riuscire
a difendere adeguatamente le ragioni dei propri commercianti contro lo
strapotere della lega anseatica sul suolo inglese. Da qui nasceva il bisogno
dell'inglese " di stabilire precise regole di condotta e di organizzare la
vita nei minimi dettagli " ( Barbu,1960: 195 ). L'inglese aveva
bisogno di un'istituzione in cui
credere. L'anarchia nello stato e nella vita individuale lo avevano sconvolto .
Egli non era psicologicamente capace di gestirsi da solo nella totalità della
sua esperienza in un clima di anarchia, in un clima di libertà assoluta in cui
la forza fa il diritto. Egli aveva sempre cercato la libertà, ma la libertà che
cercava era quella regolamentata nell'ambito di uno stato forte che non
lasciasse quella libertà all'arbitrio del più forte. Egli faceva una netta
distinzione tra il pubblico e il privato. Il pubblico doveva essere
organizzato, razionalizzato ed istituzionalizzato, non importava a quale
livello. Questo gli dava sicurezza e certezza. E questo gli dava la molla per
promuovere il suo privato. Ecco perché gli inglesi erano attaccati ai Tudor:
essi avevano portato l'ordine e la pace dopo un lungo periodo di guerre e di
anarchia interna. Lo stesso attaccamento gli inglesi lo avranno per l'istituto
monarchico a partire dalla seconda metà del XVII secolo, perché, anche questa
volta, la monarchia porterà ordine e
pace dopo un periodo di guerra e di dittatura militare.
Nell'epoca dei Tudor vi fu una
frenetica attività in tutti i campi. E, in effetti, " come razza gli elisabettiani
riposero il loro più grande valore nella vita attiva " ( Black, 1969: 280
). Sembrava che il risveglio dal lungo
ristagno medievale avesse portato con sè una gran voglia di vivere e di
arricchirsi. Tutti erano consapevoli che questa era un'epoca di grandi
opportunità e tutti ne volevano beneficiare. L'inglese era l'uomo nuovo della
civiltà europea. Un uomo in formazione e dotato di energie immense. Ma che
aveva perso le sue antiche certezze.
Quest'uomo viveva in un'epoca in cui il vecchio aveva perso la sua
credibilità e il nuovo non l'aveva ancora acquistata. Egli era situato in
questa zona di confine tra vecchio e nuovo. Come l'uomo del Rinascimento
italiano, quest'uomo aveva una grande sete di sapere ( più tardi Bacone
affermerà: il sapere è potere ), aveva
una grande voglia di apprendere e aveva l'umiltà di essere alunno. Però , al
contrario dell'uomo del Rinascimento, la molla di tutto questo era la sete di
guadagno. Solo più tardi verranno fuori i motivi ideali. Quest'uomo sapeva che
la conoscenza stava altrove ed egli doveva cercarla, per questo motivo si prese
il mondo come scena della sua ricerca . Dagli italiani prese lo spirito del
primo rinascimento e non quello del secondo, sia nelle istituzioni che nella
letteratura e nel campo economico e scientifico. E, in effetti, in Inghilterra,
nel XVI secolo, c'erano le stesse condizioni ideali e lo stesso clima che aleggiava nel primo
Rinascimento italiano: era " un paese giovane, traboccante d'indomite
energie, spinto da una febbre d'avventura, di ricchezza, di mondano godimento
" ( Spini,1970: 345 ).
Questo clima era sparito
dall'Italia perché erano sparite le condizioni che lo avevano prodotto, primo
fra tutti il sistema politico-istituzionale, che garantiva al singolo individuo
le due condizioni essenziali per la sua intraprendenza: sicurezza e libertà.
Quando l'Inghilterra, prima fra le nazioni europee, garantirà, a partire dal
XVI secolo, queste condizioni e riuscirà a porsi come città-stato scritta in
grande, lo spirito di iniziativa e di euforia del primo Rinascimento italiano
si sposterà su quest'isola, nella quale si arricchirà di un nuovo elemento, che
nel passato era stato frenante in tutta la cristianità: la giustificazione
religiosa. Nell'Inghilterra del XVI secolo, l'individuo sarà spinto all'
intraprendenza dall' avidità di guadagno, ma troverà una giustificazione nella
religione protestante, la quale predicava che solo avendo successo nella vita
si poteva dimostrare a se stessi e al mondo di essere un prescelto.
L'Italia aveva perso il suo slancio
innovativo dopo due secoli. Lo spirito di iniziativa e il merito non erano più
promossi, nè c'erano più le condizioni politiche-istituzionali affinchè
entrambi continuassero a sorgere spontanei. L'individuo aveva perso la sua
antica libertà e l'amministrazione della cosa pubblica, in cui prima si
identificava e a cui partecipava direttamente, gli divenne estranea. I suoi
interessi non corrispondevano più agli interessi della città-stato che, nel
frattempo, si era trasformata in Signoria. Questa era, ormai, diventata la
protettrice di una oligarchia che perpetuava se stessa attraverso la gestione
del potere e aveva sviluppato una mentalità aristocratica, triste acquisto
dell'eredità dello studio della civiltà greca, per cui il lavoro artigianale e
mercantile veniva vilipeso. Non era più il mercante il dominatore della scena
politica e sociale; il nuovo soggetto era l'alta borghesia che si era
aristocratizzata ( Cipolla, 1974: 291 ).
In Inghilterra, il secolo XVI è
un secolo di transizione in cui si buttano le basi della futura potenza
dell'isola. In particolare, l'epoca elisabettiana rappresenta il periodo eroico in cui si esce
dal vecchio e si creano potenti energie individuali, che lottano e si
indirizzano verso la formazione di una psicologia collettiva più connaturata al
carattere inglese. Grandi avvenimenti contribuiranno a dare a quest'uomo una
coscienza più magmatica: il consolidamento di una forte monarchia che mise fine
allo stato di guerra continuo ( esterna ed interna), che l'Inghilterra aveva
conosciuto per tutto il medioevo a partire dalle invasioni barbariche; la
crescita della potenza navale inglese, che ebbe il suggello del suo valore con
la sconfitta dell'Invincibile Armada nel 1588; la riforma religiosa, che aveva
sprigionato energie immense, facendo cadere le antiche certezze di un mondo ben
ordinato e monolitico e aprendone uno
pluralistico ( Barbu,1960: 161 ) in cui
le certezze sono indissolubilmente legate al valore individuale e " di conseguenza, ogni individuo doveva
pensare da solo al proprio inserimento sociale " ( Barbu, 1960: 182 ).
Questi avvenimenti contribuiranno a creare l' effervescenza intellettuale ed
imprenditoriale, che farà dell'Inghilterra l'erede diretta, unica ed universale
di tutto il sapere economico e produttivo del mondo. L'Inghilterra non sarà
interessata al sapere in generale, cioè alla filosofia ed ai massimi sistemi,
ma sarà caparbiamente interessata al sapere economico e scientifico che
servivano per produrre un profitto e,
indirettamente, per migliorare le condizioni dell'uomo. " Nel campo
economico, i tratti distintivi di questo tipo di individuo erano il possesso
privato dei mezzi di produzione , l'iniziativa privata e la libertà d'azione
nella sfera economica " (Barbu,1960: 182 ).
" Nella seconda metà del secolo XVI si nota chiaramente il sorgere
di un nuovo clima psicologico e sociale che porterà alla formazione di un nuovo
tipo di personalità " ( Barbu,1960: 146 ). Questo clima nuovo era stato
creato da una serie di fattori negli ultimi tre quarti di secolo: la
consapevolezza di essere liberi di perseguire il proprio benessere e la propria
felicità; l'identificazione dell'individuo con lo stato: il bene dello stato
era il suo bene e viceversa; la consapevolezza
di essere un popolo giovane che ha molto da apprendere da tutto il mondo; una
innata aggressività ( Sharpe, 1987: 47), che nel medioevo era convogliata nelle
lotte intestine e nelle guerre esterne e nell'epoca moderna sarà convogliata
verso il commercio e le conquiste coloniali; un forte orgoglio nazionale basato
sulle vittorie contro le grandi potenze dell'epoca (Invincibile Armada); uno
stato che assicurava e garantiva l'individuo nella sua libertà; una religione
vissuta come missione in cui l'individualità e il successo mondano giocavano un
grande ruolo; la politica del governo che favoriva le attività economiche e
commerciali; l'istituzione di grandi compagnie commerciali collettive
organizzate come uno stato e a cui il governo dava i più ampi poteri nelle
conquiste coloniali; la coscienza di partecipare al governo dello stato
attraverso il parlamento ( Sharpe,
1987: 8 ) e la sicurezza di un sistema giuridico flessibile pronto a
garantirgli la giustizia in qualsiasi momento.
Per l'Inghilterra era il momento
eroico della crisalide della Rivoluzione
Industriale, ma prima di diventare farfalla aveva ancora da percorrere un lungo cammino . Comunque, le
energie e la mentalità collettiva che porteranno a quella conquista maturarono in quest'epoca. In effetti, " Il carattere inglese moderno può
farsi risalire, nei suoi tratti fondamentali, alla fine del XVI secolo e oltre.
E, per dire di più, ci sono le condizioni per affermare che la struttura
mentale dell'individuo del mondo occidentale moderno fu creata in Inghilterra.
Sin dall'inizio dell'epoca moderna, la struttura della personalità dell'inglese
è stata, sotto alcuni aspetti importanti, il prototipo della personalità
dell'uomo della moderna civiltà occidentale. Essa affonda le sue radici nella
secolarizzazione; in una personalità egocentrica, caratteristica degli
individui che hanno un alto grado di autocoscienza, un alto grado di
autointegrazione e di autocontrollo; una personalità che emerge da e sfocia ,
in virtù di un ciclo psicologico e sociale, in un ordine sociale
individualizzato " ( Barbu,
1960:45-46 ).
La mentalità collettiva degli
inglesi era una mentalità pragmatica ed utilitaristica. Essi non saranno mai
" geni dell' invenzione " ( Plumb, 1979: 889 ) in alcun settore, ma
applicheranno con metodicità e pazienza quello che altri avranno
elaborato o appena accennato e gli
daranno la possibilità di svilupparsi fino alla forma matura, dopo averlo
modificato, corretto, migliorato. Ecco dove si dimostrava la genialità
pragmatica degli inglesi. Essi si diedero quel tipo di organizzazione che
avrebbe garantito il successo negli affari e avrebbe portato un notevole
cambiamento nella struttura sociale. Tutto sorgeva e veniva escogitato per
necessità funzionali e non perché veniva elaborata una nuova teoria. Le teorie
seguivano la prassi e la giustificavano. Se " lo stato agiva controllando
e manipolando l'economia a proprio vantaggio, la teoria seguìva subito " (
Landes, 1969: 31-32 ). Quello che scriverà un Hobbes, quello che scriverà un
Locke, quello che scriverà uno Smith o un Hales, o un Mun, era già presente
nella prassi. Essi lo renderanno solo esplicito teorizzandolo. Ecco la
genialità degli inglesi: dalla prassi la teoria e non viceversa.
L'Inghilterra diventerà un
laboratorio come lo era stato l'Italia del Rinascimento: vi si sperimenterà una nuova forma di governo (
quella parlamentare rappresentativa ), una nuova forma di economia ( quella
industriale ) e una nuova forma di società
( quella della macchina ). Hales, Bacone, Mun, Hobbes, Locke e Smith non
inventeranno nulla ( ecco perché ebbero successo al contrario della teoria
utopica comunista del XIX secolo ). Essi sintetizzeranno quello che la società
stava esprimendo o aveva già espresso da se stessa senza averne coscienza. Essi
innalzeranno alla dignità di teoria quello che avveniva o era già avvenuto in
una nazione che lasciava libero gioco alle forze umane, sociali e produttive.
Gli inglesi teorizzavano l'esistente, il già collaudato ( Hales e Mun il
mercantilismo; Bacone l'utilitarismo scientifico; Hobbes il potere assoluto
secolarizzato; Locke la democrazia; Smith il liberismo ).
Le utopie erano e sono delle
esercitazioni intellettualistiche che descrivevano e descrivono una società
ideale senza alcuna pretesa di realizzarla nella pratica. Quando nel XIX secolo
si pretenderà di realizzare una di queste utopie ( quella comunista ) si paleserà, anche se
con la sofferenza di milioni di individui, che il libero gioco dell'individuo,
la sua creatività, la sua voglia di distinguersi, di essere individuo non
massificato, come lo era nelle civiltà dell'Antico Oriente e, mutatis mutandis,
nell'Europa medievale cristiana, la sua voglia di essere padrone del proprio
destino, la sua voglia di andare alla ricerca della propria felicità, non può
essere preconizzata o progettata a tavolino da un'entità estranea, individuo o
stato che sia. Il compito dello stato è quello, come dimostrerà la vincente
società democratica parlamentare ad economia di mercato dei nostri giorni, di
garantire il fair play, di correggere le
distorsioni del sistema per tutelare i più deboli in modo che la società non
diventi quella dell'homo homini lupus di hobbesiana memoria.
Gli inglesi teorizzavano il
mutamento sociale a posteriore; cioè, essi sapevano fare una sintesi teorica
del mutamento sociale solo quando
questo era in corso o era già avvenuto. Essi adottavano il metodo
dell'induzione anche al mutamento sociale. Per gli inglesi, la società, il
mutamento sociale andava descritto, analizzato e spiegato come esso avveniva
sotto l'impulso delle forze genuine della società che esprimevano se stesse
senza un piano razionale o una visione d'insieme. Esso andava teorizzato nel
suo facimento per capirlo ed, eventualmente, correggerlo o indirizzarlo su un
binario più razionale e cosciente, come farà Bacone con la Grande Instaurazione.
Esso non andava teorizzato a priori come farà Marx nel XIX secolo. Cioè, per
gli inglesi, la società si muove su
tendenze sue proprie, che non possono essere impostate a priori, nè arrestate
se non con la violenza delle leggi. Per esempio, Hales , nel XVI secolo
sosteneva, che il movimento delle recinzioni , che si era fatto più acuto nella
sua epoca, ma che aveva origini medievali e avrà grossi sviluppi nei secoli
successivi, non poteva essere arrestato con leggi antirecinzioni. Esso era un
fenomeno sociale spontaneo e necessario, con tutti i suoi difetti e le sue
storture, allo sviluppo della società stessa, se è vero, ed era vero per lui e
per la mentalità collettiva inglese delle età future, che " il vero fine
della vita umana è l'arricchimento e ... che la ricchezza di ciascuno è
propizia all'arricchimento degli altri
( Denis,1973: 121 ). Però, per Hales, questa tendenza spontanea poteva e
doveva essere corretta e razionalizzata per fare in modo che i costi maggiori
non fossero pagati dai più deboli, ed egli si batteva per questo.
Si può dire che Hales abbia
aggiunto un terzo elemento al dettame del Vecchio Testamento: crescete e
moltiplicatevi e arricchitevi. Questo terzo elemento doveva essere fatto
proprio dai puritani di là a non molto. Certo, era una nuova filosofia di vita,
ma non era nuova nella pratica ( Denis, 1973:122 ) o nella coscienza individuale.
Quello che fece Hales fu di acquisirla alla coscienza collettiva per
giustificarla e renderla legittima affinchè tra gli interessi dello stato,
quelli dell'individuo e quelli della religione non ci fossero conflitti, ma
convergenze ed è quello che avverrà con i puritani. La ricchezza dell'individuo
rendeva lo stato più forte e, sul piano religioso, dimostrava che egli era un
eletto e quindi era il più alto riconoscimento per la chiesa.
Per Hales " l'uomo si volge
sempre da quella parte in cui si trova il maggior profitto, e che quindi, ad
esempio, le leggi contro la trasformazione dei campi coltivati in pascoli
rimarranno inapplicate e impotenti sino a quando una simile trasformazione
risulterà vantaggiosa per i proprietari terrieri " (Denis, 1973: 122). Se
ci si voleva muovere con la storia, il fenomeno delle recinzioni poteva solo
essere spiegato e regolamentato. Ecco come la teoria empirista degli inglesi
spiegava il mutamento sociale. Quella idealista di Marx, invece, voleva crearlo
( il mondo finora è stato interpretato, dirà Marx, ora è tempo di cambiarlo ) e
questo porterà ai grandi fallimenti delle società del capitalismo di stato nei
nostri giorni.
Questo sarà l'indirizzo in cui
si muoveranno tutti i grandi uomini di cultura inglesi. Essi teorizzeranno
quello che si verificherà o che si era verificato nella società. Essi saranno
tutti prodotti del loro tempo, come lo era stato Machiavelli: " le
tecniche che egli valutava [ e teorizzava ] in modo così clinico erano ampiamente
praticate "( Garraty-Gay,1973: 580 ) nella sua epoca.
Gli inglesi sapranno teorizzare
i fatti politici, sociali ed economici della loro epoca e gli stati di
psicologia collettiva che quei fatti suscitavano. Francesco Bacone fu il
teorizzatore del pragmatismo e dell'utilitarismo scientifico come risposta a
quello che accadeva intorno a lui e come risposta alla molla individuale che
spingeva l'uomo ad agire. Thomas Hobbes,
che scrisse in un'epoca di conflitti e di interessi rivendicati, fu il teorizzatore
dello stato forte, del Leviatano, ma non dello stato assoluto per diritto
divino, come risposta all'anarchia
politica del suo tempo e come risposta all'anarchia interiore dell'
individuo che aveva perso le antiche certezze, che gli forniva una società
monolitica e onnicomprensiva ( come quella medievale ), e ancora non aveva
elaborato i nuovi valori che dovevano
essergli da guida nella sua condotta quotidiana. " Egli scrisse
durante e contro le guerre civili; trent'anni dopo... Locke avrebbe scritto
durante e contro una diversa minaccia: la possibilità di una successine
cattolica in un paese protestante, o quanto meno anglicano " (
Garraty-Gay,1973: 182 ). Locke fu il teorizzatore dell'evoluzione
storico-istituzionale in senso democratico, le cui idee dovettero essere difese
sui campi di battaglia per ben due volte. Una prima volta in modo cruente (
rivoluzione puritana del 1648-9 ) e una seconda volta senza spargimento di
sangue ( la
Gloriosa Rivoluzione del 1688 ). Adam Smith fu il
teorizzatore di una prassi economica, che aveva visto nascere e crescere sotto i suoi occhi e a cui
egli stesso aveva partecipato come funzionario di dogana: il liberismo, in cui
l'individuo è libero di perseguire il proprio interesse economico e l'interesse
del singolo sarà l'interesse della collettività.
Adam Smith è l'esempio più
chiaro, nel campo economico, come Shakespeare lo era stato in quello
letterario, del genio inglese di operare
rielaborazioni e fare delle grandi sintesi di tutte le conoscenze
prodotte in un dato campo fino a quell'epoca. ." Nessuna delle sue
principali caratteristiche è originale ... Egli amalgamò le diverse correnti di
pensiero e in questo processo riuscì a trasformare il loro significato. E,
almeno in un punto - quello essenziale - la sua opera costituì una rivoluzione
nel pensiero economico " ( Roll, 1974: 138-140 ). L'inglese non era
originale. Non lo era mai stato nella storia. Ma egli fu sempre geniale. Bacone
non fu originale. Shakespeare stesso non fu originale, ma tutte queste persone
furono geniali. Anche se non vi era nulla di originale, quella di Adam Smith fu
una sintesi geniale del pensiero precedente e della prassi quotidiana. I
singoli elementi che egli assorbì verranno trasformati in qualcosa di diverso.
E questo era in linea con quello che si è sempre verificato nella storia
dell'uomo: prima si formano i singoli elementi di conoscenza; poi si
organizzano e della loro organizzazione nasce una nuova conoscenza che, pur
essendo insita nelle singole conoscenze acquisite, è diversa qualitativamente
da esse. Insomma, la società, tutte le società, prima sono analitiche ( nel
produrre le conoscenze ), poi diventano imitative e, infine, diventano
sintetiche . Ma nessuna società del passato è stata contemporaneamente analitica
e sintetica. In questo senso le civiltà dell'Antico Oriente furono analitiche. La Grecia classica fu
sintetica ( utilizzò le conoscenze prodotte dalle civiltà che la precedettero
per fare la sua sintesi ). La civiltà medievale fu analitica. Solo quella
moderna e contemporanea è analitica e sintetica nello stesso tempo; cioè, essa
è produttrice delle conoscenze di base ed elabora, nello stesso tempo, la
propria sintesi, grazie alla specializzazione delle branche del sapere.
l'Inghilterra aveva scoperto la
sua vera vocazione nel commercio marittimo nel XVI secolo. Ma, in primis, passò
attraverso l'esperienza della pirateria, una forma di commercio atipico in cui
il " conto assai salato dovevano
pagarlo gli spagnoli, ai quali i Britannici, invece di una merce qualsiasi,
fornivano un paio di bordate, in cambio
delle quali pretendevano non un determinato prezzo, ma praticamente tutto
quanto la nave spagnola aveva a bordo" ( Berneck, 1970:367 ). Era così che
l'Inghilterra partecipava alla spartizione dell'oro del nuovo mondo. E il
profitto per i singoli investitori, in quanto la pirateria era finanziata come
qualsiasi altra impresa commerciale, in questo tipo di commercio fu enorme,
" non solo un ricavo del venti o trenta per cento come altre fruttuose
spedizioni commerciali, ma importi oscillanti fra il tre o l'ottomila per cento
" ( Berneck, 1970: 367 ).
Con la pirateria, l'Inghilterra
fece il suo primo tirocinio in grande stile sul mare e acquisì, grazie ad
uomini di talento come Drake e Hawkins, quella padronanza che le consentirà,
nel breve periodo, di sconfiggere l'Invincibile Armada di Filippo II ( 1588
) e di diventare, nel lungo periodo, la
signora dei mari, dando, così, corpo alla clairvoyance di Sir Walter Raleigh,
secondo il quale " chi [ controllava] i mari avrebbe controllato il
commercio; chi [ controllava ] il commercio del mondo ne avrebbe controllato le
ricchezze e di conseguenza avrebbe controllato il mondo stesso " (
Raleigh, 1976: 119 ).
" Quando Francis Drake e i
suoi compagni ebbero terminata la loro parte, cominciarono a sorgere solide
compagnie commerciali. Naturalmente era più difficile dare vita a quelle
compagnie che alle piccole consorterie di finanziatori segreti delle scorrerie
dei pirati nei paesi dell'oro spagnoli. Ma alla fine lo spirito di iniziativa
ebbe il sopravvento sulla parsimonia e le nuove compagnie cominciarono a
crescere come tanti germogli della terra " ( Berneck,1970: 370 ).
La formazione di queste
compagnie commerciali stava a testimoniare, una volta per tutte, che
l'Inghilterra aveva definitivamente trovato la sua vera vocazione, che non era
quella del possesso delle terre continentali, di cui era stata ossessionata per
secoli, ma era quella del commercio estero marittimo. Essa non combatterà più
per contare di più nella politica del continente o per inserirsi nel gioco
delle grandi potenze dell'epoca, come aveva fatto in tutta la sua storia, ma
combatterà per la conquista dei mercati. E lo farà con questo strumento agile e
poderoso, che, pur avendo una configurazione e una struttura privata, sarà
organizzato come un piccolo stato con
propri ufficiali, proprie truppe,
" proprie ambasciate e... propri fortalizi " (Lipson, 1947: LXI).
Queste compagnie monopolistiche, cariche di privilegi, le apriranno il
mercato del mondo, quando le sarà chiuso il mercato " della costa di fronte " ( Trevelyan, 1964, II: 121 ), e faranno la sua fortuna, fornendole su un
piatto d'argento le colonie. Se, dopo che era stata scacciata dal continente,
la pirateria era stata la risposta
vincente nel breve periodo (Rich, 1967: 658 ) le compagnie monopolistiche
saranno la risposta vincente nel medio termine.
Tuttavia, esse non potevano considerarsi una risposta definitiva. "
Il monopolio era la forma di commercio
inevitabile in un periodo in cui sia il
desiderio di avventura che di rischio erano grandi " ( Roll, 1971: 47 ), ma nel lungo termine,
quando le condizioni socio-politiche cambieranno e si acquisirà una certa
stabilità nei rapporti internazionali, esso
rappresenterà una grossa strozzatura per l'ulteriore sviluppo delle
attività commerciali. Nel XVII e nel XVIII secolo le compagnie monopolistiche
diventeranno un problema ( Coornaert,
1967: 272 ) che richiederà una nuova risposta e, ancora una volta, la risposta
che gli inglesi sapranno dare sarà geniale: il laisser faire.
L'Inghilterra aveva istituito
il monopolio quando questa era l'unica risposta che consentiva di sviluppare un
commercio estero di dimensioni mondiali molto rischioso in quanto non c'erano
regolamenti internazionali che ne garantissero la sicurezza; distruggerà i
monopoli quando il commercio diverrà relativamente sicuro, aprendo a tutti le
opportunità di benessere e di ricchezza. Ma, nel XVI secolo, senza queste compagnie monopolistiche,
cariche di privilegi e di poteri, il commercio d'oltremare sarebbe stato
impossibile. Elisabetta lo aveva capito e " incoraggiò l'espansione del
commercio a largo raggio, e protesse l'industria indigena " ( Hechter,1979:
98 ). Ma, a dire il vero, tutti i Tudor erano stati favorevoli al commercio
d'oltremare ( Mackie,1978: 464 ).
Nel XVI secolo, l'Inghilterra
aveva sviluppato un dinamico spirito innovatore in tutti i campi, pur
rimanendo, nell'essenziale, uno spirito preminentemente conservatore.
Conservatori gli inglesi lo erano sempre stati e lo rimarranno sempre. Ma il loro conservatorismo non è stato sempre
uguale nella storia. Prima della conquista normanna essi erano immersi in un " pigro spirito
conservatore che era una caratteristica nazionale " ( Fisher, 1971, I:
228) e che ritornerà ad esserlo dopo la
felice conclusione della Rivoluzione Industriale. Ma tra queste due epoche
storiche, l'Inghilterra conobbe un dinamico ed attivo spirito conservatore che
la porterà ad innovare conservando. Dopo la guerra dei Cent'Anni "
possiamo individuare i primi elementi di uno spirito nazionale ben definito,
infinitamente più ricco del vecchio spirito sassone, composto da molti elementi
diversi per razza, temperamento e cultura che il flusso e riflusso di varie
epoche aveva portato alle rive inglesi e che il clima dell'isola aveva smussato
e maturato armonizzandoli " ( Trevelyan, 1965, I:10 ). Questa mescolanza
di culture, che può essere riscontrata nella lingua, creò un tipo psicologico
meno creativo, ma più tenace, più innovativo e, per un periodo di due secoli,
più intraprendente.
Conservatori, a dire il vero,
gli inglesi lo furono anche in questi due secoli, ma conservatori attivi e
dinamici. Anzi, si può dire che questa fu una delle carti vincenti che
condurranno alla Rivoluzione Industriale. Essi avevano sempre conservato quello
che ritenevano valido e l'avevano sempre adattato alle esigenze del momento. Si
può dire che essi avevano innovato tutti gli organismi e tutte le istituzioni
da conservatori.
" La riforma protestante fu
vittoriosa in Inghilterra perché attuata gradatamente e perché il primo
mutamento sostanziale si presentò come un ritorno al buon tempo antico ( evidentemente mitico ) in cui il re era
il vero capo della chiesa. Anche in questo Enrico dimostrò la sua accortezza:
poiché nulla convince un inglese della necessità di un mutamento radicale
quanto la convinzione ch'esso sia sostanzialmente conservatore " ( Fisher,1971,II:100 ).
Questo conservatorismo e questa
fedeltà alle vecchie tradizioni, che essi seppero adattare alle mutate
circostanze, fu un carattere di distinzione degli inglesi dagli altri popoli
d'Europa, anche di origine germanica.
Gli inglesi furono originali perché, pur non producendo nulla di originale in
proprio, tranne che nel diritto , ebbero la genialità di prendere dappertutto, ebbero la genialità " di
avventurarsi nel grande oceano della conoscenza " ( Whibley, 1950: 1),
ebbero la genialità di rimanere
attaccati a quello che prendevano (
spirito conservatore ), di svilupparlo, perfezionarlo e farne un prodotto tipicamente ed esclusivamente
inglese. La genialità degli inglesi si vedeva proprio in questa capacità: essi
avevano tenacia, spirito pragmatico e
riuscivano ad applicare, apportandovi le modifiche necessarie, tutti i
meccanismi, tutte le tecniche e tutte le idee che in altri paesi, dotati di più
fantasia e meno tenaci, sarebbero stati abbandonati perché malfunzionanti e non
applicabili, o perché passavano di moda. L'inglese non aveva e non ha
immaginazione; ecco perché egli rimaneva attaccato ad un oggetto, ad una
istituzione, e ci lavorava sopra migliorandola con l'uso. Gli oggetti, le
tecniche, gli istituti si evolvevano, ma nell'ambito della continuità,
nell'ambito della conservazione. L'inglese rifuggiva e rifugge
dall'"immaginazione, dalla teorizzazione e dalla speculazione " (
Barbu,1960: 192 ). Ma, invece di essere dei punti deboli, questi si
dimostreranno il suo punto di forza. Mentre nelle altre nazioni, dotate di più
immaginazione, come quelle neolatine, per esempio, gli istituti nascevano e
morivano in un ciclo incessante, in Inghilterra si sviluppavano fino a
raggiungere la loro qualità ottimale e poi venivano riesportati come prodotti
originali ed esclusivi inglesi.
" Passa quasi per un assioma
proverbiale sul carattere degli inglesi, quello che dice essere gli inglesi più
bravi nel perfezionare che nell'inventare, più bravi nel procedere sulle orme e
le fondamenta che altri popoli hanno lasciato che nel tracciare piani e
progetti in proprio. Ma quello che più conta, pare che le cose stiano
praticamente così e che l'osservazione sopra riferita sia giusta.
" Non vale la pena indagare se
tale rimprovero fatto loro si fondi su giudizi di osservatori stranieri oppure
se si fondi su un giudizio che diamo di noi stessi; certo pare che non ci sia
da parte nostra alcuna renitenza ad ammettere la cosa.
" Persino la nostra industria
laniera, con tutti quei miglioramenti che vi sono stati apportati degli inglesi
dal momento in cui è divenuto una loro attività, altro non è se non qualcosa di
eretto su fondamento altrui e pare che i miglioramenti in essa realizzati si
fondino su innovazioni fiammimghi; infatti, la lana era inglese, ma l'ingegno
era tutto fiammimgo...
" Avevamo la lana, ma non
sapevamo come pettinarla nè come cardarla, nè come filarla o tesserla ...
" Parimenti si è detto che
abbiamo appreso l'arte delle costruzioni navali dai genovesi e dai francesi
" ( De Foe, 1976: 91-92 ).
Anche il sistema dei colleges,
uno degli elementi più caratterizzanti della cultura inglese, fu eretto su
fondamenta altrui. I colleges, in effetti, " nacquero in Francia " (Trevelyan, 1964,II: 116 ). Essi erano
stati importati per mettere un freno al carattere dello studente inglese
medievale che " era riottoso, inosservante delle leggi e licenzioso "
( Trevelyan, 1964, II: 116 ), un po' come tutto il carattere nazionale
inglese. Ma, mentre nel paese d'origine questo sistema moriva, gli inglesi lo
fecero crescere, modificandolo secondo le esigenze dell'isola, fino a farlo
diventare qualcosa di diverso da quello che avevano preso: ne fecero la fonte della cultura inglese e lo
esportarono come un tipico prodotto del mondo anglosassone. Così sarà anche per
la navetta volante di Kay nella Rivoluzione Industriale. Essa era stata
anticipata in Francia ( Watson, 1964: 160 ), ma i francesi l'abbandonarono
perché così come era stata congegnata funzionava male. Gli inglesi, invece,
avranno la pazienza e il genio di vedere l'utilità del congegno e vi
apporteranno tutte quelle modifiche che la renderanno effettivamente
funzionante e rivoluzionaria. E così sarà anche per la filatrice del lino nel
XIX secolo. " Messa a punto verso il 1810 in Francia da un
francese ( il De Girard ), questa macchina non incontrò alcun successo " (
Bairoch,1967: 13 ) in patria, ma lo ebbe in Inghilterra, dopo essere stata
modificata e perfezionata, tanto che, dopo venticinque anni, essa fu
rintrodotta di frodo in Francia. " C'era una credenza popolare , quasi
proverbiale, che i continentali, specialmente i francesi, eccellevano nelle
invenzioni, mentre gli inglesi erano superiori nello sviluppo e nelle
applicazioni industriali delle invenzioni " ( Bowden-Karpovich-Usher,1937:
110 ). In altri termini, mentre nei
paesi continentali, se un congegno funzionava male o dava scarsi
risultati veniva abbandonato, gli inglesi gli davano la possibilità di crescere
e svilupparsi con successive modifiche. Così nasceranno e si svilupperanno
tutti quei congegni, compresa la macchina a vapore, la cui origine risale
ancora alla Francia, che renderanno possibile la Rivoluzione Industriale.
E questa era una genialità che avevano solo gli inglesi in quell'epoca. La loro
superiorità rispetto agli altri popoli si dimostrava solo " nella
applicazione delle idee e nel superare le difficoltà pratiche " ( Watson, 1964 : 160 ).
Questi non sono che alcuni dei
tanti esempi che si potrebbero portare in questo senso. Gli inglesi della
Rivoluzione Industriale, nella loro capacità di trasformare tutto in un tipico
prodotto nazionale, somigliano ai greci del mondo classico, che di tutto quello
che presero dalle civiltà dell'Antico Oriente ne fecero un tipico ed
inconfondibile prodotto greco, e ai giapponesi del mondo contemporaneo, che
tutto il know how che prendono dal mondo occidentale lo trasformano in prodotti
tipici giapponesi, così, mentre " nella tecnologia di base, il Giappone si
appoggia su altri Paesi, nella sue applicazioni è il numero uno " (
Morita, 1991 ).
Questa fu la grandezza e la potenza del genio inglese: saper apprendere,
essere aperto a tutte le influenze, saper essere alunno, saper riconoscere i
maestri, imitarli e riprodurli prima in forma passiva ( Cipolla, 1967: 67 ),
poi come imitazione creatrice e, infine, come creazione originale (Cipolla,
1967:69 ). Questo è stato vero per i greci, è stato vero per gli uomini del
Rinascimento italiano, sarà vero per gli inglesi ed è vero per i giapponesi dei
nostri giorni. Gli inglesi importeranno tutte le idee, tutte le tecniche, tutti
i prodotti di base in tutti i campi, da quello della agricoltura a quello degli orologi, da quello tessile a
quello della ceramica, da quello della cultura a quello letterario, e di essi
faranno il punto di partenza per produrre il proprio sistema, le proprie
tecniche, i propri prodotti, che saranno diversi e migliori di quelli che
avevano importato. Gli inglesi faranno nel campo economico quello che gli altri
popoli avevano fatto nel campo intellettuale ( Grecia classica ) e scientifico
( Rinascimento ). Così l'uomo si approprierà della sua terza dimensione: quella
economica, che costituirà anche la sua terza rivoluzione. Aveva fatto la prima ( quella intellettuale ) ad opera dei greci;
aveva fatto la seconda ( quella scientifica ) ad opera degli italiani; la terza
sarà ad opera degli inglesi, ma anche gli inglesi dovranno passare dalle stesse
fasi , anche se in un campo diverso, da cui erano passati greci ed italiani (
apprendimento, imitazione, imitazione creatrice, creazione originale ) .
L'inglese aveva coscienza di
essere un popolo giovane, a cui la storia aveva dato una grande energia
propulsiva nel campo economioco-produttivo ed era consapevole di vivere ai margini di un'area politico-culturale ( quella continentale )
che aveva creato imperi e aveva dato al mondo splendori unici e , forse,
irripetibili. L'atteggiamento dell'inglese verso questa vasta area culturale fu
dapprima di ammirazione ( Nef, 1974: 135 ), quando " i suoi vicini continentali -
specialmente gli italiani ed i francesi - lo consideravano rozzo e barbaro
" ( Nef, 1974: 135 ), successivamente sarà di arroganza ed i termini si
invertiranno: sarà il resto del mondo ad essere rozzo e barbaro, compresi i continentali.
L'Europa è stata più ricettiva
di ogni altra regione o popolo del mondo. Ma nell'Europa stessa questa
ricettività conobbe diverse fasi. Nella prima fu tutta l'Europa
cristiano-germanica che fu ricettiva; nella seconda furono gli italiani che si
posero all'avanguardia; nella terza, infine, saranno gli inglesi ( Cipolla, 1974: 234 ), ultimi
arrivati nello sviluppo culturale e socioeconomico, proprio come lo era stata
l'Europa nei confronti del mondo islamico fino al XIII secolo ( Cipolla, 1976:
10 ). Essi saranno ricettivi verso gli altri stati d'Europa e verso il mondo
intero e sapranno organizzare, sistematizzare, così bene le lezioni apprese
che, alla fine, il prodotto sarà superiore alle sue parti e qualitativamente
diverso: una società nuova nella storia
, la società industriale, che cambierà i destini dell'uomo. Per due secoli (
dalla seconda metà del XVI secolo alla prima metà del XVIII ), l'Inghilterra
divenne la saccheggiatrice di tutto ciò che di utile si era prodotto nel mondo
e divenne il crogiolo di tutte le tecniche, di tutte le conquiste economiche ,
scientifiche, culturali e tecniche che si erano prodotte nel mondo, proprio
come aveva fatto l'Europa a partire dall'XI secolo e fino al XIV, quando gli
italiani si misero alla testa del movimento. Se l'inglese viaggerà non viaggerà
solo per diporto " ( Plumb, 1978: 122 ) , ma sarà un esploratore, un ricercatore, un
attento osservatore di tutte le novità in cui si imbatteva per poi riferire in
patria o per applicare egli stesso le nuove tecniche.
" I cambiamenti nella
tecnologia, la scoperta di nuovi mercati in terre lontane. l'introduzione di
nuove piante non furono il prodotto del caso: essi furono il frutto di un
disegno preciso " ( Plumb, 1978: 122 ). Ci doveva essere un popolo che
raccogliesse tutte le conoscenze prodotte dalle civiltà dell'Antico Oriente,
dai greci, dal mondo orientale ed islamico, dal Rinascimento, per metterle in
un unico crogiolo e creare con esse la dimensione che ancora mancava all'uomo:
quella economica, non quella produttiva
E questo popolo fu quello inglese. Esso fece sorgere un nuovo e diverso uomo:
l'homo economicus. I greci avevano creato il filosofo, il Rinascimento aveva
creato lo scienziato, gli inglesi creeranno l'homo economicus. Era una figura
che mancava. Una figura che completava tutte le figure dell'uomo. L'umanità
aveva conosciuto, sin dal neolitico, l'uomo produttore, ma solo adesso
conosceva l'homo economicus. Era
" comparso, nella storia e nella cultura dell'uomo, il concetto di
una ' repubblica ', in cui il legame fondamentale tra gli individui non è più
un vincolo di natura politica o religiosa, bensì un interesse esclusivamente
economico. Che questa concezione sia affatto nuova ( non in pratica,
ovviamente, ma sul piano filosofico ), è testimoniato, ci sembra, propria da
quella tesi di Hales, la quale afferma che la società economica, almeno sino ad
un certo punto, è al di sopra delle regole morali valide per gli individui "
( Denis,1973:122 ).
Questa è stata la molla di tutte
le invenzioni, la molla di tutte le innovazioni: la capacità ricettiva, la
capacità di apprendimento, la capacità di saper essere alunno, la capacità
assimilativa del popolo europeo. Questa capacità portò gli italiani a creare,
dopo aver assimilato e fatto proprio tutta la cultura della Grecia classica, il
loro Rinascimento e quello del mondo. E sarà questa capacità, " unita a un
sano empirismo innovatore di abile gente di mestiere " ( Hill, 1976: 99 ),
che porterà gli inglesi, quando gli italiani la persero, a creare la loro
Rivoluzione Industriale e quella del mondo.
Il Rinascimento non aveva rotto la continuità con il passato. Aveva
cambiato molte cose, ma il passato viveva nel presente ed i concetti
fondamentali erano rimasti immutati: il concetto di tempo, di produzione, ecc.,
erano quelli tradizionali. Con la Rivoluzione Industriale
la continuità col passato si romperà e nascerà una nuova società, una nuova
organizzazione sociale, che elabora nuovi concetti. Il concetto di tempo non
sarà più statico: il lento fluire delle cose legato al mondo della produzione
agricola, ma diventerà dinamico: il veloce scorrere delle cose legato al mondo
della produzione industriale. Il concetto di produzione non sarà più
assimilabile alla crescita lenta del mondo della natura, ma diventerà
trasformazione rapida e creazione istantanea di un nuovo prodotto. E con questo
muta anche la psicologia dell'individuo, che elabora nuovi valori per vecchi
concetti per cui il tempo non sarà più quello che non manca mai, ma diventerà:
il tempo è denaro e il " denaro era potere - anzi era più che potere, era
la nuova divinità nazionale " ( Black, 1969:259 ) a cui l'Inghilterra si
era votata sin dal secolo XVI, quando scopri le immense opportunità di guadagno
che la nuova epoca offriva attraverso il commercio estero.
Il genio inglese si era
dimostrato e si doveva continuare a dimostrare nel fatto che l'Inghilterra
seppe e saprà sempre dare una risposta efficace a tutte le sfide che le si presentavano nel corso della
storia. Per cui, quasi sempre, le sue crisi si risolsero e si risolveranno in un ulteriore passo avanti
nello sviluppo. Insomma. gli inglesi seppero " fare di necessità virtù
" ( Bindoff, 1967: 61 ). Seppero dare una risposta valida nel medioevo, e
il primo a darla fu Guglielmo il Conquistatore, quando decise che il
feudalesimo inglese, che egli stesso aveva introdotto nell'isola, non doveva riprodurre i difetti
di quello continentale; la seppe dare Enrico II, quando mise fine all'anarchia
della giustizia e unificò il diritto, creando l'unico vero gioiello originale
della storia inglese: la
Common Law, che avrà un ruolo preponderante in tutte le
conquiste inglesi, sia nel campo istituzionale che in quello commerciale e
industriale; la seppero dare i proprietari terrieri del XIV secolo, quando, per
far fronte alla scarsità di manodopera, dopo la Pesta Nera,
convertirono le loro terre in pascolo, incrementando, così, la produzione di
lana, di cui c'era una forte richiesta sia all'interno che all'estero; la seppe
dare Edoardo III, quando, chiamando tessitori fiamminghi nell'isola, decise di
convertire le esportazioni inglesi da materia prima ( lana ) a
manufatti ( di lana ); la
seppero dare nell'epoca moderna, ed i
primi a darla furono i sovrani Tudor, quando, dopo che l'Inghilterra era
uscita dal tunnel della guerra civile delle Due Rose, istituirono le corti speciali per frenare la riottosità dei nobili e
della gentry e pacificare il paese; la seppero
dare, sempre con i Tudor, quando persero tutti i possedimenti continentali e,
invece di rinchiudersi in se stessi nella periferia d'Europa, presero coscienza
che il loro futuro stava sul mare ed incominciarono a costruire la loro potenza
navale; la seppero dare con Elisabetta, quando, esclusi dai mercati
tradizionali continentali, risposero prima con la pirateria, facendo il loro
tirocinio sui mari aperti contro una potenza come la Spagna, e poi risposero con
la formazione delle grandi compagnie monopolistiche, che si avventurarono in
mercati sempre più lontani, del nord Africa, del Medio Oriente e della Russia;
la sapranno dare nel XVII secolo, quando quasi tutti i mercati europei di una
certa importanza saranno chiusi alle loro merci ed essi si prenderanno il mondo
per mercato. Saranno le Circostanze che la faranno diventare una potenza
globale. Le sfide serviranno ad ingigantire le sue possibilità.
" In termini toynbiani si
può dire che ai numerosi challenges, che la storia le impose ripetutamente,
l'Inghilterra del tempo seppe continuamente dare responses positive e
innovatrici allo stesso modo che un organismo sano reagisce agli insulti
naturali e ne emerge rafforzato. L'episodio della battaglia contro
l'Invincibile Armada è l'esempio classico di come gli inglesi seppero trarre
profitto da pochi elementi a loro favorevoli e trasformare una situazione
fondamentalmente di svantaggio in un completo trionfo " ( Cipolla, 1974:
314 ).
Alla fine dell'ultimo quarto del
secolo XVI, l'Inghilterra conobbe una febbrile attività in tutti i campi. Era
una società in fermento che cercava il proprio posto al sole. Il suo non era un
disegno prefigurato. Era un sentire diffuso in tutti gli strati della
popolazione. Era una psicologia collettiva. Ognuno era alla ricerca del proprio
avanzamento sociale. Ognuno cercava l'affermazione nel campo economico, cercava
il guadagno e la ricchezza . L'inghilterra aveva scoperto che il commercio
arricchiva, ma aveva anche scoperto, nel vero o nel falso, che il commercio
estero arricchiva anche la nazione. Ognuno aveva la consapevolezza che
l'avanzamento del singolo, la ricchezza del singolo, avrebbe fatto avanzare la
società nel suo insieme e l'avrebbe resa più ricca. Tra il singolo e la società
c'era una perfetta identificazione, c'era una perfetta simbiosi. Gli interessi
del singolo erano gli interessi della società e viceversa. Era una società che
si muoveva collettivamente. Il singolo poteva partecipare a facili guadagni
solo unito all'altro singolo. Da solo non avrebbe mai avuto successo. La sua
partecipazione, come finanziatore occulto, alle imprese piratesche gli
consentirono di incamerare guadagni astronomici. La sua partecipazione, come
finanziatore dichiarato, alle grandi compagnie monopolistiche gli garantirono
lauti guadagni. Egli rischiava in proprio, ma era un rischio che divideva con
altri. La forma associativa, la forma partecipativa era congeniale alla natura
inglese. La stessa corona partecipava a queste imprese, anche a quelle
piratesche, e la potenza dello stato, che stava dietro le loro spalle, dava una
certa assicurazione. E la potenza dello stato stava sul mare come sul mare si
svolgeva il commercio. La sconfitta dell'Invincibile Armada aveva dato un
chiaro segno di questa potenza e aveva contribuito a creare nell'inglese la
psicologia collettiva di essere destinato a compiere grandi imprese. Di essere
destinato a raggiungere grandi traguardi. Non traguardi teorici, che erano
lontani dalla sua natura, ma traguardi concreti nel campo dell'economia,
dell'organizzazione sociale e delle istituzioni. Con la sua mentalità
pragmatica, utilitaristica ,
conservatrice e innovativa nello stesso tempo, l'inglese si presentava
sulla scena del mondo per imprimervi il proprio segno.
" In questo rispetto, le
decadi che vanno dal 1580 al 1640 costituiscono un punto di svolta. Fu in
quest'epoca che, nell'Europa del nord e in particolare in Inghilterra in cui si
forma una psicologia che vede nell'utilità il fine della vita industriale e
vede la produttività come un fine che trova in se stessa la propria
giustificazione " ( Nef, 1974: 60 ). Il pragmatismo e l'utilitarismo erano
i cardini della mentalità inglese. Nell'epoca elisabettiana, la nascente
scienza matematica non era scienza astratta, ma era una scienza legata alla
risoluzione dei problemi pratici della navigazione. " I successi della
marineria inglese spinsero i matematici e i fabbricanti di strumenti dell'isola
alla ricerca di nuovi modi per aiutare i coraggiosi navigatori ad attraversare
mari sconosciuti ... Nell'ultimo decennio del Cinquecento la determinazione
della longitudine in mare fu resa più facile da tre fatti: l'invenzione del
solcometro a barchetta, l'analisi della variazione magnetica e il
perfezionamento delle carte di navigazione " ( Hall A.R., 1967: 600-601 ).
La scienza teorica era lontana
dalla mentalità inglese, come per i romani era stata lontana la filosofia alla
maniera dei greci. Nel mondo classico, i romani
erano attaccati ai problemi concreti della società e non alle
elucubrazioni intellettuali di persone che vivevano nell'ozio e creavano
sistemi di conoscenze di scarsa utilità nella vita quotidiana . Tutti potevano
vivere senza conoscere il pensiero di Aristotele, ma tutti avrebbero vissuto
peggio senza una rete di acquedotti. Gli inglesi, come i romani, erano interessati ai problemi pratici, vivi e
concreti della società palpitante e non alle speculazioni intellettuali di
gruppi ristretti che producevano conoscenze che nell'immediato non trovavano
alcuna applicazione nel campo della economia o della società in generale per
migliorare le condizioni di vita dei cittadini. Queste speculazioni non erano
portatrici di benessere, almeno nell'immediato. La sistematicità a priori non
era nel carattere inglese. Essi erano sempre stati degli empiristi. Dopo l'
esperienza empirista, però, sapranno trarre le dovute conclusioni e teorizzare
l'esperienza, come dovranno dimostrare Bacone, Hobbes, Locke, Smith, ecc.
Questo sarà il segreto del loro
successo: essi non andranno alla ricerca di sistemi, come faranno i grandi del
continente. " Da molto tempo ", dirà Boyle, " è mia opinione che
tra gli ostacoli non minori che si oppongono al reale progresso delle vera
filosofia naturale sia il fatto che gli uomini sono stati troppo pronti a
creare dei sistemi " ( Boyle, 1967: 151). Gli inglesi, con Bacone in
testa, si dedicheranno ad un programma molto più limitato, ma molto più utile
al benessere dell'uomo. Essi andranno alla ricerca del regno dell'abbondanza
come l'aveva avuta Adamo prima della Caduta. E questo sarà il loro obiettivo,
che sarà fissato coscientemente, per la prima volta nella storia dell'uomo, da
Francesco Bacone e sarà perseguito con grande dedizione da tutti gli inglesi
dopo il 1640. Per gli inglesi, che
avevano una mentalità pragmatica ed utilitaristica, una cosa era buona
se serviva a qualcosa, se era utile. Le grandi idee, i grandi sistemi, anche se
avevano una fondamentale importanza come quadro-cornice dell'indirizzo generale
della ricerca, erano lontani dalla loro mentalità, che era una mentalità
mercantilistica. I loro obiettivi erano più immediati. Erano, in fondo, gli
stessi obiettivi che aveva avuto l'artista-ingegnere del primo Rinascimento
italiano e non quelli del grande studioso continentale della seconda metà del
XVI secolo e la prima metà del XVII.
Proprio per questa loro natura,
nel XVIII secolo, finita la breve fase di lavoro teorico e di leadership nelle
scienze in Europa, gli inglesi ritorneranno all'utile, al pragmatico, e allora
in Europa si assisterà ad una spartizione. La leadership culturale sistemica
passerà alla Francia, che cercava la potenza politico-militare ( Thompson,
1931: 492 ) e l'ebbe , mentre gli
inglesi, che cercavano la potenza commerciale, riterranno quella della scienza
applicata e della tecnologia. La prima avrà una grande influenza sul movimento
delle idee; la seconda l'avrà in quello economico-produttivo. La prima
arriverà, come sbocco finale, alla Rivoluzione Francese del 1789, una
rivoluzione cruenta che sconvolgerà gli assetti istituzionali di tutte le
società organizzate; la seconda arriverà, come sbocco finale, alla Rivoluzione
Industriale, una rivoluzione pacifica che sconvolgerà la struttura economica e
produttiva di tutte le società organizzate. La prima sarà sconfitta nella sua
utopia di fondo ( quella di instaurare
una perfetta uguaglianza politica, economica, sociale e la fratellanza tra le
genti e tra i popoli ), ma fu vincente nel suo programma minimo:
l'instaurazione della democrazia; la seconda sarà vincente su tutto il fronte,
anche quello istituzionale, che risolse pacificamente, e porterà il benessere
al mondo col suo nuovo sistema di produzione industriale. Saranno due indirizzi
diversi. La Francia
non avrebbe mai potuto produrre una Rivoluzione Industriale. Le mancava la
mentalità utilitaristica-pragmatica ( Nef, 1954: 160-163 ) e le mancava la
massa degli artigiani-inventori che si occupavano di problemi pratici nel mondo
dell'economia. La scienza, in Francia, sarà un affare di élites. In questo
senso in Inghilterra, nel XVIII secolo, non ci sarà scienza, proprio come a
Roma non ci fu scienza e filosofia: ci sarà scientismo. Ma non ci sarà perchè
non interesserà a nessuno, proprio come a Roma . Tutti saranno interessati a
migliorare le tecniche di produzione, a migliorare gli strumenti della
produzione per produrre di più e produrre, a costi sempre più bassi, un
prodotto che allargasse il mercato in senso verticale. La produzione nel mondo
rinascimentale italiano era stata una produzione artigianale di alta qualità ed
era diretta alle élites, alle classi dei ceti abbienti. In effetti, se in
Italia " il XIII secolo può essere chiamato il secolo della industria
della lana, il XV fu indubbiamente il secolo dell' industria della seta "
( Cipolla, 1964: 521 ). E " la
Francia, più tardi, seguirà la stessa politica [ dell'Italia
]: è ben noto come Colbert ( 1614-84 ) incoraggiasse la sua industria di lusso,
quale la tessitura della seta e la tessitura degli arazzi " ( Hall, 1956:
712 ). La produzione in Inghilterra sarà una produzione industriale, di qualità
inferiore a quella rinascimentale, ma che era diretta ad un mercato più vasto:
al colono del nuovo mondo, al contadino del vasto impero e alle classi meno
abbienti del vecchio continente.
Questa mentalità pragmatica-utilitaristica
gli inglesi l'avevano sempre avuta nella storia, ma senza averne coscienza.
Alla fine del XVI secolo, essa divenne motivo di riflessione come filosofia di
vita e questo è stato il grande merito di Francesco Bacone, che la innalzò alla considerazione scientifica.
Questa mentalità non nacque a cavallo del XVI-XVII secolo, quando apparvero le
opere di Bacone che la teorizzavano. Essa era sempre stata un patrimonio
dell'inglese singolo che non pensò mai ai sistemi, ma pensò sempre ai problemi
pratici del vivere quotidiano nella organizzazione sociale di cui faceva parte.
La stessa common law non fu il frutto di un disegno teorico. Essa fu il frutto
casuale, ma geniale, di un problema concreto da risolvere: quello della
certezza del diritto, che, con il sistema della local law, allora vigente nei
vari territori dello stato, non era garantita, per cui il suddito incorreva in
pene diverse, per lo stesso reato, a seconda della località in cui lo
commetteva.
Bacone, in questo senso, non era
un innovatore. Egli non inventava nulla. Egli esprimeva, con forza e con
coerenza filosofica, quello che era " lo spirito dell'epoca " ( Roll,
1974: 82 ). Egli era l'espressione di un pensiero collettivo che non era mai
stato espresso come filosofia di vita, ma che era stato il patrimonio della
mentalità collettiva del popolo inglese da sempre. Egli, come più tardi faranno
Hobbes, Locke, Smith ed altri, teorizzava l'esistente, il già vissuto nella
pratica, ma non nella dignità teorica. In questo egli era grande. Egli fu
capace di sintetizzare un sentire largamente diffuso nella psicologia
collettiva della nazione e ne fece, in forma cosciente, una filosofia di vita,
che era sempre appartenuta al carattere inglese e che nell'epoca elisabettiana
esplose fino ad investirne il mondo.
" Ancor prima che Bacone si
mettesse a scrivere era già in atto una rivoluzione intellettuale. Infatti, già
si esaltava il valore pratico della scienza, vedendo in essa un mezzo per
migliorare sulla terra la condizione dell'uomo, e taluni già accettavano l'idea
che la scienza fosse promotrice di progresso, nonchè quella della
collaborazione tra gli uomini di scienza e i più umili esperti in qualche
mestiere " ( Hill, 1976: 95 ).
Il programma di Bacone era
quello di una scienza neutra dal punto di vista politico e religioso. Per
questo motivo esso poté essere fatta proprio dai puritani. " La
separazione stabilita da Bacone tra la scienza e le teologia consentiva di
accogliere il pensiero senza rischio per le loro convinzioni dogmatiche, così
come il suo utilitarismo umanitario appariva solidale a un movimento sostenuto
per la maggior parte da cittadini, artigiani e mercanti. 'Servi Dio e diventa
ricco ', servilo leggendo la bibbia non contaminata dal pensiero secolare e
arricchisci seguendo la filosofia sperimentale che ti promette beni materiali
" Foster Jones,1980: 12 ).
Con questo atteggiamento
ideologico, che univa, per la prima
volta nella storia della civiltà cristiana, gli obiettivi religiosi e secolari,
non si poteva non ottenere risultati sconvolgenti. L'individuo riceveva la
sanzione ufficiale e consacrata che si poteva servire Dio e arricchirsi. Le due
cose non erano più incompatibili come lo erano state per tutto il medioevo.
Anzi si serviva meglio Dio quanto più ci si arricchiva perchè questo dimostrava
che l'individuo era un prescelto. Però, di questa ricchezza doveva partecipare
la società e, in effetti, una parte andava investita in opere sociali senza
profitto e a fondo perduto.
Il cambiamento che auspicava
Bacone era quello delle condizioni di vita dell'uomo attraverso un migliore
sfruttamento della natura, che poteva avvenire solo se l'uomo riusciva a
stabilire il suo pieno dominio su di essa. Per Bacone, l'obiettivo della
scienza doveva essere quello di creare le condizioni per affermare la
supremazia dell'uomo sulla natura. Doveva essere una scienza utile alla vita.
" Questa idea oggi è un luogo comune, in parte è stata realizzata; in
parte è stata contagiata dal tarlo e in parte è ancora fraintesa, ma a
quell'epoca era una novità " Farrington, 1951: 1 ). Per Bacone si dovevano
migliorare le condizioni dell'uomo attraverso il sapere. "... Più
importante ancora della cultura scientifica fu forse l'idea ... che il sapere
fosse una forza in svolgimento, e che con l'osservazione e l'esperimento si
potessero scoprire nuove verità. Destatosi, lo spirito di curiosità si volse
inevitabilmente a ciò che maggiormente preoccupava il popolo britannico: non
più la religione, come nell'epoca puritana, ma la conquista della ricchezza
attraverso l'industria e il commercio " ( Fisher, 1971, II: 386 ). Questo era l'obiettivo baconiano a cui
tendevano tutti gli inglesi. Questo sarà l'obiettivo che si porrà la Royal Society. E
questo obiettivo sarà realizzato nel XVIII-XIX secolo dagli inglesi perchè
essi seppero conservare, correggendolo,
lo spirito del Rinascimento italiano, dove lo studioso interessato alla scienza
e il tecnico, l'artigiano superiore e l'artista, lavoravano gomito a gomito e
spesso i loro ruoli si interscambiavano o coincidevano nella stessa persona. In
effetti, " l'accostamento tra
artisti e pratici da un lato e studiosi interessati alla scienza dall'altro,
quale era esistito in Italia a partire dal XV secolo, venne copiato in altre
parti d'Europa nel XVI secolo " (Ben David,1975:17 ) e prima di tutto in
Inghilterra.
In Inghilterra, per tutto il
tempo della Rivoluzione Industriale, si conserverà questo atteggiamento mentale
di intergioco tra scienza e tecnica, tra scienziato e artigiano superiore, tra
scienziato e mondo economico (Ben David,1975: 113-14 ) e il progresso sarà
garantito . Sul continente, invece, questo intergioco cessò e si formarono due
classi separate: quella degli scienziati puri, di cui la Francia ne sarà la più
alta espressione, e quella degli scienziati applicati e degli artigiani
superiori, di cui l'Inghilterra ne farà proprio lo spirito. Questo stato di
cose sarà sanzionato nelle istituzioni ufficiali, che sorsero in quell'epoca,
quale quella della Accademie des Science, in Francia, e la Royal Socuety, in
Inghilterra. Nell'Accademie des Science, istituita nel 1666, si raccoglieranno le più eminenti autorità in
fatto di scienza. L'artigiano-inventore ne sarà lasciato fuori. Egli
apparteneva ad un altro ordine. In Inghilterra, invece, la Royal Society,
istituzione privata anche se con sanzione regia, conserverà quell'intergioco
tra scienza e tecnica, tra scienziato e artigiano superiore. Accanto a Newton troviamo l'artigiano-inventore;
accanto a Boyle troviamo l'artigiano intelligente e sagace ( Bairoch,1967: 17
), colui che era capace di migliorare il funzionamento di una macchina per
migliorarne l'efficienza. Lo scienziato puro, se si eccettua Newton, ma non
Boyle, era assente. Non c'era un interesse per la scienza pura perchè non si
intravvedeva in essa alcuna utilità immediata e l'utilità era la molla che
spingeva l'artigiano-inventore- ad operare. " E' il concetto di utilità
che innalza la filosofia sperimentale al di sopra di quella meccanica. Boyle
osserva che molti 'artigiani', che ignorano quest'ultima, hanno dato al mondo
molte più invenzioni utili, come la bussola, dei 'pensatori speculativi' "
(Foster Jones,1980: 267 ). E sarà questa amalgama che ne garantirà il successo.
La filosofia del miglioramento
della società non è mai stata la
preoccupazione degli italiani del Rinascimento. " Il fine che Galileo si
proponeva era quello di convertire la chiesa ad una visione cosmologica
corretta e di modernizzare la vita intellettuale italiana e non quello di
migliorare la società " ( Ben
David,1975: 118 ). Un Francesco Bacone, in Italia, non avrebbe avuto alcun
ruolo da svolgere. La psicologia collettiva, la mentalità generale, non era
quella pragmatica-utilitaristica, come in Inghilterra. Bacone fu espressione di
questa psicologia, di questa mentalità. Egli espresse in forma programmatica
quello che la psicologia collettiva aveva maturato nei secoli della storia
inglese. In Italia lo scienziato, l'artista-ingegnere, non si preoccupava delle
condizioni del popolo. La molla che lo muoveva non era l'utilità o la sete di
guadagno, ma era una forza interiore che lo spingeva ad esprimere se stesso, di
esprimere quello che aveva dentro. Si pensi ad un Leonardo, che pur anticipò
tante idee del mondo moderno e fu un precursore della scienza applicata (
Ubbelohde, 1956: 667 ). La fama era più importante del guadagno. Cimentarsi con
i grandi del passato, o del presente, era per lui la fonte della vera
gratificazione. Il vile denaro era un mezzo, che spesso dilapidava, e non un
fine. I potenti lo utilizzavano per costruire opere di ingegneria o per
abbellire le città. I problemi pratici legati alle attività mercantili o
produttivi gli erano sconosciuti.
L'Italia perse le condizioni che la resero
grande nel mondo e incominciò il suo declino economico nel XVI secolo, se si
eccettua " l'estate di S.
Martino " ( Cipolla, 1974: 293 ), anche perché perseverava in un metodo di
produzione, quello artigianale, che, anche se garantiva un prodotto migliore,
era ormai superato da quello semi-industriale degli stati emergenti. La stessa
cosa accadrà all'Inghilterra dell'ultimo quarto del XIX secolo. Essa diventerà
incapace di rinnovarsi e continuerà a produrre con gli stessi metodi che, nel
passato, avevano fatto la sua fortuna, ma che ormai erano absoleti rispetto ai
metodi di produzione di quei paesi che
avevano importato da essa la Rivoluzione Industriale.
Il programma di Bacone faceva
perno sulla collaborazione tra la scienza e la tecnica, tra gli intellettuali
ed i pratici. " Egli credeva che
l'uomo, con l'esercizio della ragione, e con uno sforzo intenso, avrebbe potuto
costruire una nuova società sulla terra, che avrebbe ricreato l'abbondanza
dell'Eden, che avrebbe eliminato se non tutte almeno la maggior parte
dell'iniquità umana " ( Hill, 1977: 228 ). E questo traguardo si poteva raggiungere solo
se la scienza si metteva al servizio dell'uomo e della società. Essa doveva
contribuire a liberare l'uomo dal bisogno e dalla penuria e gli doveva dare
benessere e ricchezza. Ma come poteva l'uomo aspirare a tanto ? " Se
l'uomo,per aver seguito la conoscenza, aveva trasgredito i comandi di Dio, ed
era caduto, come può cercare ancora il
sapere, senza cadere ancora dalla grazia divina ? Bacone rispondeva
ricostruendo la storia della caduta di Adamo dal punto di vista di Dio e di quello dell'uomo. Bacone era convinto che
la conoscenza è nel numero di quelle cose che si devono accettare con cautela e
discernimento, e concludeva: ' tutto il sapere deve avere i suoi limiti nella
religione e deve essere indirizzato all'uso e all'azione '. Questa conclusione
si adattava perfettamente alla posizione puritana; della ricerca condotta sulle
cause seconde, e, a volte, a fini utilitaristici, non avrebbero mai corso il
rischio di trasgredire il comando divino, ma avrebbe al contrario glorificato e
restaurato il dominio dell'uomo sulla natura. Mosè e Salomone avevano seguito
con successo questa strada, e venivano considerati da Bacone come fonti di
ispirazione per le età future. Seguendo il loro esempio, si sarebbe scoperto
che ' molte e nobili sono le operazioni inferiori e secondarie che sono alla
portata dell'uomo'" ( Webster,1975: 38 ).
Il programma operativo che
Bacone proponeva era quello di scrivere, a più mani, una storia della natura,
cioè, una storia di tutte le arti, di tutte le tecniche e di tutte le scienze che si occupavano della
natura. In termini moderni, si sarebbe detto che egli era dell'idea che nulla
si poteva creare di concreto e di nuovo se prima non si raccoglievano tutte le
informazioni che erano state acquisite dall'umanità nei secoli e nei millenni.
Raccogliere tutte le informazioni su tutti i campi: questa era la sua storia
della natura. Le leggi, le generalizzazioni sarebbero venute dopo, quando tutti
i dati sarebbero stati disponibili.
Bacone sosteneva che il dominio
dell'uomo sulla natura non poteva essere l'impresa di un solo uomo. Esso doveva
venir fuori dallo sforzo collettivo di una miriade di uomini, dallo sforzo di
" molte teste e molte mani " ( Glanvill, 1983: 20 ), specialmente in
un'epoca in cui non c'erano giganti del calibro di Aristotele, ma c'erano solo
uomini mediocri. L'uomo moderno, però, per Bacone, poteva superare il valore
individuale degli antichi con uno sforzo collettivo e con la sistematicità
della ricerca, che doveva essere condotta con esperimenti sulla natura, e sui
testi, con l'acquisizione di dati prodotti da altri. Essa non doveva essere la ricerca di un singolo
individuo, ma doveva essere la ricerca di un popolo .
Questo il grande messaggio di Bacone: una ricerca collettiva su due
fronti: quello della raccolta delle informazioni e quello della produzione di
nuove conoscenze che sarebbero state inferite da quei nuovi dati. In pratica
egli proponeva agli inglesi il suo metodo di lavoro con la certezza che esso
avrebbe dato i suoi frutti nel lungo periodo ed è quello che avvenne. Questo
programma creò una tensione ideale fortissima e tutti si sentivano in esso coinvolti,
il tecnico, il marinaio, il gentleman, l'artigiano, lo scienziato,
l'agricoltore, ecc.
In questo messaggio gli inglesi
ci credettero e ritennero che la società del benessere fosse a portata di mano,
anche se Bacone aveva detto che la ricerca non poteva esaurirsi in una sola
generazione, ma doveva essere il compito di molte generazioni. Solo alla fine
sarebbero arrivati gli effetti e la sintesi. Egli non pensava certo alla
Rivoluzione Industriale e alla nuova società industriale. Ma lo spirito che
egli impresse a tutto il popolo condurrà a questo risultato.
L'eredità di Bacone, il suo merito, fu quello di lasciare ai suoi
connazionali un messaggio chiaro ed efficace sull'uso della conoscenza
scientifica. Essa doveva servire ad aumentare il benessere del popolo. Se
falliva questo obiettivo, essa non era utile, era pura accademia, come era
stata nel medioevo. L'uomo doveva andare alla ricerca della conoscenza e del
sapere, ma doveva cercare quel sapere che avesse un'utilità pratica. Insomma,
il sapere doveva essere potere sulle cose e sulla natura a beneficio dell'uomo.
Naturalmente, Bacone non esprimeva che un sentimento diffuso nella società
della sua epoca ( Zilsel, 1945: 346 ). Più che un genio solitario, egli fu
l'espressione di una mentalità e di una cultura: quella
pragmatica-utilitaristica del mondo inglese. In questo senso gli inglesi
possono definirsi i veri eredi del genio pratico dei romani. La teoria per loro
era inconcepibile, era senza senso se non applicata alla realtà della natura a
beneficio dell'uomo.
" La concezione della
storia naturale di Bacone influenzò il XVII secolo più di ogni altro elemento della sua
filosofia ... la motivazione di gran lunga prevalente che animò gli scienziati
nel terzo quarto del secolo fu il desiderio di fornire dati per tale storia.
Boyle lo afferma ripetutamente " ( Foster Jones,1980: 117 ).
Questo programma divenne il credo
di ogni inglese e la
Royal Society lo fece proprio sin dalla sua fondazione. Essa
si pose al centro di questa ricerca a tutto campo, investendo tutte le persone
che si interessavano ai problemi scientifici, tecnici, tecnologici, ma anche
più semplicemente produttivi. Tra i suoi membri c'era chi era mosso da
interessi puramente scientifici e chi era mosso da un interesse economico. E fu
questo carattere composito che ne fece qualcosa di unico e di diverso.
Il modello su cui era costruita la Royal
Society era quello
dell'accademia come veniva dall'Italia, che sin dal XVI secolo aveva dato vita
ad una serie di accademie, ma la finalità, lo scopo, l'organizzazione erano
tutte inglesi: erano baconiane. L'Inghilterra, come sempre, anche in questo
imitò, ma con proprie innovazioni, per cui, alla fine, fu capace di esportare
un modello inconfondibilmente inglese e la Royal Society
diverrà il modello di molte organizzazioni similari in tutto il mondo, tra cui
l'Italia, dove fu presa a modello dall'Istituto e Accademia delle Scienze di
Bologna ( Quaderni storici, 1981:760 ).
La Royal Society, in
effetti, sorgeva con una filosofia diversa dalle accademie italiane: essa era
fortemente interessata a due obiettivi, quello di scrivere una storia della
scienza della natura a più mani, come aveva suggerito bacone, e quello
dell'utilità della ricerca scientifica, che doveva servire a migliorare le
condizioni dell'uomo, ad aumentare il suo benessere, come aveva suggerito
Bacone. Le accademie italiane non si sono mai poste questi obiettivi. "
più che precisi e omogenei progetti scientifici, determinarono la nascita e
scandirono la vita, spesso breve, di queste accademie ragioni di carattere
'morale' ( la riforma dell'uomo e del sapere perseguita dal Cesi [ accademia
dei Lincei], 'celebrativo' ( le finalità apologetiche imposte da Leopoldo al
Cimento ) e 'professionali' ( la lotta per rinnovare e qualificare la pratica
del medicare nel caso degli Investiganti) " ( Quaderni storici, 1981: 760
).
La Royal Society sarà
il centro motore ed organizzatore del programma di ricerca baconiano, inteso come
raccolta di informazioni. Tutto il popolo doveva fornire dati e ogni
viaggiatore inglese all'estero si
mantenne fedele a questo programma. Era
un programma di lavoro e di studio. Gli inglesi divennero alunni che volevano
apprendere tutto quello che c'era da apprendere. La loro genialità consisteva
nel fatto che essi istituzionalizzarono la ricerca e la convogliarono in
un'unica direzione. Nella Grecia classica, nel mondo islamico e nel
Rinascimento italiano,le tre grandi civiltà che possono dirsi antenate di
quella inglese, era il singolo che apprendeva, assimilava e diffondeva, se
diffondeva. In Inghilterra avvenne il contrario: il singolo venne organizzato
da un'istituzione ufficiale ( Frantz, 1934: 15 ), anche se privata, che
raccoglieva tutte le informazioni e le faceva circolare con lo scopo prefisso
di ricavare da esse nuove conoscenze. Il 'fellow' della Royal Society sarà un
alunno che ha capito che bisogna prima apprendere per poi produrre in proprio.
Conoscere per capire, capire per agire: questa potrebbe essere la sintesi del
programma baconiano della Royal Society. " Era un passo rivoluzionario che
veniva compiuto coscientemente " ( Farrington, 1951: 17 ). Non c'erano da
elaborare sistemi o teorie alla maniera dei greci, ma più semplicemente si
andava alla ricerca della conoscenza empirica.
La ricerca era una ricerca istituzionalizzata collettiva di tutta una
nazione, che inviava i propri ricercatori in tutte le parti del mondo
conosciuto. E questi ricercatori erano il nobile, che intraprendeva il suo Grand Tour (Plumb, 1978:
28); il marinaio, che solcava i mari; il mercante che si avventurava in terre
lontane e sconosciute. Tutti contribuivano, con i loro diari ed i loro
resoconti, a far pervenire le informazioni a quella istituzione che aveva dato
vita al programma di apprendimento collettivo e che lo gestiva con la più
grande apertura. Oggi possiamo dire che essa era una banca dati a disposizione
di tutti. Glanvill dirà " dobbiamo cercare, raccogliere, osservare ed
esaminare, ed accumulare in banca per le epoche che verranno " ( Foster Jones,1980: 369 ).
I componenti di questa
istituzione erano di varia cultura e non tutti erano titolati; molti erano dei
semplici amatori delle scienze e della tecnologia. Quello che si chiedeva loro
era l'adesione a questo lavoro collettivo e l'adesione al metodo sperimentale,
cioè, l'adesione alle procedure corrette per arrivare alle scoperte. " I
nomi degli ingegneri, dei metallurgici, dei chimici industriali e dei
fabbricanti di utensili che figurano nell'albo dei soci della Royal Society
mostrano quanto fossero stretti i rapporti tra scienza e pratica in quell'epoca
" ( Ashton: 1972: 29 ). Forse fu proprio questa apertura che garanti la
circolazione delle idee scientifiche in larghi strati della popolazione e a
fare dell'esperimento, della ricerca, uno dei punti più qualificanti di ogni
artigiano, tecnico o intellettuale che fosse. Se non si fosse affermato, sin
dalle origini, che la scienza non era appannaggio esclusivo di una nuova casta,
forse non avremmo avuto quello spirito di intraprendenza nel piccolo inventore,
nel produttore, nell'artigiano, che, alla fine, porteranno alla Rivoluzione
Industriale. Il metodo scientifico era alla portata di tutti e tutti si
potevano cimentare nella ricerca, senza aver bisogno di un patentino
particolare. E con questa coscienza, il produttore, quello che aveva un
problema particolare da risolvere, che di solito era sempre legato al mondo
della produzione, si rivolse alla conoscenza scientifica applicata. Era una
nuova mentalità che affermava se stessa: una mentalità industriale.
Nel Rinascimento la ricerca fu
programmata, in Inghilterra verrà istituzionalizzata. Era un forte passo in
avanti. Nel primo caso era il singolo che si muoveva per proprio conto ed egli
era, nello stesso tempo, fruitore e gestore della ricerca. " nella
letteratura umanistica del Rinascimento non sembra ci siano casi in cui
l'autore affermi che egli pubblica i suoi trattati per dare agli altri la
possibilità di proseguire nella ricerca " ( Zilsel, 1945; 330 ). Nel
secondo caso è la collettività che agisce per la realizzazione di un programma
i cui fruitori non saranno solo i ricercatori o gli appartenenti alla comunità
chiusa di cui fanno parte, ma sarà la comunità allargata, cioè la società nella
sua interezza. Questo era il compito della Casa di Salomone che Bacone aveva
prefigurato nella Nuova Atlantide. E questo sarà il compito della Royal
Society: raccogliere le invenzioni, le esperienze e le idee sparse in tutto il
mondo e metterle a disposizione di tutti. La raccolta di questa massa enorme di
informazioni in tutti i campi creava le condizioni per il futuro progresso.
" Era l'idea di progresso che veniva istituzionalizzata per la prima volta
" ( Buckle, 1872,I: 372 ). E Bacone diventerà il vate del progresso umano,
non per il suo metodo scientifico, che era sterile, ma per la sua
idea-programma che le informazioni stavano alla base di qualsiasi attività
scientifica. Era il dato che veniva messo al centro della ricerca.
La differenza tra la ricerca
programmata rinascimentale e quella istituzionalizzata inglese consiste proprio
in questo: la prima non era finalizzata; essa serviva solo ad arricchire
culturalmente la personalità che la conduceva; cioè, essa non era finalizzata
ad un'utilità immediata. Il fine di uno sfruttamento utilitario dei risultati
della ricerca non si poneva perchè non c'era una mentalità che andasse in
questa direzione; cioè, non c'era la visione di uno sfruttamento delle nuove conoscenze
prodotte; l'artista-ingegnere, attraverso la sua ricerca, acquisiva un proprio
potere personale che gestiva per proprio conto, ma non in una prospettiva
economica. In Inghilterra questa visione c'era e la scienza doveva essere utile
altrimenti non serviva. Le conoscenze che raggiungeva dovevano servire per
migliorare le condizioni dell'uomo.
Con questo non si vuol dire che
tra scienza e Rivoluzione Industriale ci sia un rapporto diretto e meccanico.
Questo rapporto diretto non c'è perchè si
doveva ancora realizzare tutta una serie di condizioni che dovevano renderlo possibile, tra cui il
sistema e l'organizzazione della fabbrica. L'esperienza storica aveva
dimostrato che l'organizzazione segue sempre il nuovo modo di produzione, non
lo precede. Nei secoli precedenti, quando il modo di produzione cambiò con
l'utilizzazione dell'energia idrica ( Whyte, 1978: 82 ), la produzione
abbandonò le città per spostarsi nelle campagne. Ritornerà nelle città, dove si
organizzeranno le fabbriche, quando la fonte di energia sarà diversa e la
tecnica di produzione richiederà la concentrazione delle materie prime, della
forza lavoro e degli strumenti tecnici.
La Royal Society ha
saputo fornire il quadro unitario di riferimento e di organizzazione della
ricerca con degli scopi finali ben individuati. Essa, con le sue germinazioni
provinciali, ebbe una vita lunghissima, però," non attuò l'utopia sognata
da Bacone ... Furono le accademie fondate dai dissenzienti, più che la Royal Society, a
proseguire la tradizione baconiana fino alla Rivoluzione Industriale, che
Bacone aveva in un certo senso presagito " ( Hill, 1976: 178 ).
Nella seconda metà del XVII
secolo, l'Inghilterra era pronta per fare il suo grande balzo in avanti come
potenza commerciale di primo rango. La Rivoluzione Industriale
non era nella mente degli uomini. Nessuno la perseguirà coscientemente come,
invece, si era perseguita coscientemente la rivoluzione commerciale.
L'Inghilterra già dal XVI secolo aveva capito che la ricchezza stava nelle
attività commerciali, specialmente nel commercio estero. La Rivoluzione Industriale verrà non come conseguenza di un disegno
prefigurato e cosciente, ma verrà come conseguenza di tutta una serie di
presupposti che si creeranno nei due secoli che vanno dalla seconda metà del
XVI secolo alla prima metà del XVIII secolo.
Questi presupposti, o "
fatti necessari e concomitanti " ( Garraty-Gay,1973,II : 792 ), furono: la rivoluzione commerciale
in senso mercalistica che produsse " una notevole (per quei tempi)
cumulazione di ricchezza " (
Cipolla, 1974: 276 ) ed ebbe come
conseguenza la formazione di una grande flotta mercantile prima e da guerra
poi; l'acquisizione del metodo scientifico quantitativo anche ai fatti
economici e agricoli in particolare; la rivoluzione agricola, che aumentò la
disponibilità di derrate alimentari e ebbe come conseguenza un notevole
incremento della popolazione; l'adozione di un sistema finanziario che
garantiva la disponibilità di denaro a basso costo e facilitava le transazioni economiche; la costituzione
delle colonie americane che dilatarono i mercati ed ebbero come conseguenza un
forte aumento della produzione e, infine, l'adozione di un programma scientista
che mirava al miglioramento delle tecniche
e all'invenzione utile nel campo della produzione.
La rivoluzione industriale verrà
solo quando tutti questi presupposti saranno acquisiti ed assimilati. E tutti
questi presupposti saranno creati in Inghilterra, anche se gli inglesi non saranno
originatori di nulla, o quasi, ma di tutto saranno i migliori innovatori. Nel
campo commerciale essi presero a piene mani dalla Repubblica olandese: dalla
costruzione delle navi alle istituzioni finanziari e, purtuttavia, creeranno, in entrambi i campi, qualcosa di
tipicamente inglese; nel campo dell'agricoltura presero a piene mani
dall'Olanda e dal resto d'Europa, ma produssero un sistema agricolo unico ed
originale, dimostrando genialità; nel campo delle tecniche di produzione
presero a piene mani da tutti, ma produssero un sistema di fabbrica unico e mai
visto,dimostrando genialità. Questo fu il genio inglese: il prodotto di base lo
presero da altri, ma quello che presero, migliorandolo e perfezionandolo, lo
resero tipicamente inglese. E questo avvenne in tutti i campi. In questo gli
inglesi somigliavano ai greci dell'età classica: quello che i greci avevano
preso dalle civiltà dell'Antico Oriente
fu rielaborato e trasformato da diventare un prodotto tipicamente ed
inconfondibilmente greco. Questa era l'originalità dei due popoli ( non sul
piano intellettuale, però ). Ed è anche quello che avviene nel mondo
contemporaneo con il Giappone. Tutto quello che prende dagli altri, e
principalmente dagli americani, lo rende tipicamente giapponese. Questi tre
popoli, nella trasformazione dei prodotti, si somigliano. Nessun altro popolo,
nella storia, ha avuto questa caratteristica.
A partire dal XVI secolo,
l'Inghilterra ha letteralmente saccheggiato, in forma sistematica diretta , o
indirettamente tramite l'importazione di artigiani stranieri o rifugiati
politici, il resto del mondo nelle idee, nelle tecniche di produzione e nella
novità dei prodotti. " Tutto o quasi tutto venne importato dall'estero
" ( Clark, 1937: 39 ). Nel campo dell'agricoltura prese quasi tutto
dall'Olanda e quello che non prese da quest'ultima lo prese, tramite essa,
dall'Italia settentrionale ( Wilson, 1958:) o altre nazioni dell'Europa: la
tecnica di foraggiamento, l'aratro e le tecniche della rotazione delle colture,
le tecniche delle concimazione della terra, le tecniche della coltivazione
intensiva. Prima saccheggiò l'Olanda e tutte le nazioni dell'Europa di tutte le
innovazioni e di tutte le tecniche che esse avevano elaborato nel corso dei
secoli, poi vi impose il marchio del proprio genio attraverso miglioramenti e
perfezionamenti attenuti ricorrendo alla sperimentazione, in cui dimostrerà un
genio particolare, e all'applicazione del metodo quantitativo proprio delle
scienze fisiche e, infine, esporterà il nuovo prodotto come ' agricoltura
all'inglese ' o " sistema di Norfolk " ( Van Bath,1972: 348 ). Nel
campo dell'organizzazione finanziaria, che doveva costituire la spina dorsale
della Rivoluzione Industriale prese quasi tutto dall'Olanda, " la cui organizzazione
sociale le sembrava tanta intelligente e dinamica quanto quella americana
sarebbe sembrata a parecchie nazioni europee del XX secolo " ( Dickson,
1967: 4 ). Nel campo della manifattura dei tessili prese a piene mani
dall'Olanda e dal resto d'Europa: le tecniche della cardatura, della
tinteggiatura e delle New Drapery, e dall'India prese le tecniche di produzione
e lavorazione del cotone. Nel campo delle tecniche industriali prese da tutti:
dall'Italia non prese, ma addirittura rubò
ad opera di John Lombe, nel XVIII secolo, i piani del mulino da seta, di cui
Bologna custodiva il segreto , e questo furto " sembra segnò il vero
inizio del sistema di fabbrica in Inghilterra " ( Mantoux, 1983: 194 );
dalla Francia prese la filatrice del lino, l'arte della lavorazione del vetro e
della fabbricazione degli orologi; dalla Svezia prese le tecniche della
produzione del ferro; dalla Cina prese le tecniche della lavorazione della
porcellana; ancora dall'Olanda prese la tecnica del drenaggio dei terreni e
della realizzazione di canali navigabili.
La metodicità, si potrebbe dire
la scientificità, con cui gli inglesi si applicavano, in tutti i campi,
originava dalla prospettiva di maggiori guadagni. La molla che muoveva tutto
era sempre l'interesse, come aveva detto Hales nel XVI secolo.
Nel XVIII secolo, l'Inghilterra
divenne il deposito di tutte le informazioni che riguardavano il mondo
economico. Solo nelle istituzioni essa ebbe una crescita autonoma, dopo aver
prese a piene mani dal continente nel medioevo. Essa seppe essere alunna, e per
il lungo periodo di due secoli, dalla
seconda metà del XVI alla prima metà del XVIII, prima di diventare maestra.
Anche i greci dell'antichità classica e gli italiani del Rinascimento dovettero
essere alunni per due secoli prima di diventare maestri.
Gli inglesi seppero diventare
l'emporio di tutto ciò che il mondo aveva prodotto nel campo della scienza
applicata, delle tecniche, della tecnologia, dei sistemi di produzione e delle
loro tecniche. Essi furono i soggetti di una ricerca mastodontica, una ricerca
in cui era interessato tutto il popolo, a qualsiasi ceto sociale esso
appartenesse. " Del resto, è caratteristico degli inglesi vissuti nel
periodo considerato il fatto che, nella loro operosità per conseguire un
miglioramento e un guadagno di natura materiale, non furono nè troppo sfrontati
nè troppo schizzinosi quando si trattava di rubare idee e procedimenti; essi li
prendevano da chiunque fosse in grado di favorire le loro mire ambiziose. Così,
come palesa lo stesso esempio di John Lombe, non si trattò di copiare
passivamente gli altri. Infatti, l'imprenditore inglese del Seicento e del
Settecento copiava per compiere un adattamento , soprattutto, per apportare
perfezionamenti " ( Wilson, 1979: 8 ).
Il genio degli inglesi non stava
nell'abilità di valersi delle invenzioni straniere così come essi le
acquisivano. La loro genialità stava nel saper accogliere queste invenzioni,
modificarle, perfezionarle, secondo le proprie esigenze, e renderle idonee al
processo produttivo. E questo era nel carattere del popolo inglese: era dotato
di scarsa fantasia, ma di molto senso pratico; era un conservatore per cui non
facilmente si liberava di qualcosa senza prima averla sperimentata fino in
fondo; era un empirista e non un teorico; si rivolgeva sempre verso le cose che
avevano un'utilità e in cima ai suoi pensieri ci stava l'interesse, il guadagno
materiale.
Nella prima metà del secolo XVIII,
la fase di apprendimento e di imitazione era finita. Essa aveva creato
un'intelaiatura commerciale e produttiva che, ormai, aveva un'esigenza sua
propria, una vita sua propria, una serie di problemi suoi propri che non
potevano essere risolti dall'esterno. Essi dovevano ricevere una risposta
dall'interno, una risposta sul campo e questa era la specialità degli inglesi.
Se essi avessero avuto da risolvere dei problemi di natura teorica forse
avrebbero trovato delle difficoltà, ma risolvere problemi pratici, così come
essi si presentavano, era sempre stato il loro genio.
Il loro problema di fondo,
quello che li aveva spinti, nel passato, a ricorrere anche allo spionaggio
industriale, era quello della produzione di beni per un mercato in fortissima
espansione in senso orizzontale e verticale. Orizzontalmente si espandeva a
causa dei nuovi mercati transoceanici che gli inglesi stessi avevano creato nel
secolo precedente, quando i mercati tradizionali continentali vennero quasi
tutti chiusi alle sue merci. Ed era un mercato in fortissima espansione a causa
dell'aumento della popolazione , ma anche a causa della politica della
madrepatria che proibiva la produzione di beni in loco. Quello verticale,
invece, affondava le sue radici nel tempo e gli inglesi lo avevamo preso dagli olandesi: l'estensione dei mercati
tradizionali a classi sempre più numerose, che erano state escluse prima a
causa degli alti prezzi, come quelli, per esempio, della produzione artigianale
pregiata del Rinascimento italiano. Nel XVI e nel XVII secolo, in effetti,
" i londinesi provocarono un grande danno ai veneziani ... essi non solo
imitavano i loro colori, ma vendevano anche a prezzi più bassi facendo così
entrare nel mercato le classi medie e quelle inferiori " ( Davis, 1961:
123 ).
Il nuovo modo di produzione,
inventato dagli olandesi e fatto proprio dagli inglesi ( New Drapery ),
abbassava i costi, a scapito della qualità, ed estendeva il mercato.
L'abbassamento dei costi faceva parte dell'aggressività commerciale dell'Olanda
e dell'Inghilterra che andavano deliberatamente alla conquista di nuovi
mercati, cioè, per creare nuova domanda. In sostanza, questa domanda fu indotta
e non spontanea. Il nuovo modo di produzione invadeva quella sfera di consumi
che prima venivano soddisfatti nell'ambito familiare.
La Rivoluzione Industrialesarà il frutto di questa corsa verso il profitto. Essa non sarà un obiettivo
prefissato. Nessuno coscientemente si indirizzò verso di essa, come, invece, ci
si era indirizzati coscientemente verso le attività commerciali. Tutti, in
Inghilterra, non altrove, saranno protesi a migliorare le tecniche di
produzione e la produttività che facevano raggiungere un duplice obiettivo,
molto allettante per il produttore: davano la possibilità di soddisfare la
crescente domanda e facevano aumentare i profitti, pur abbassando i prezzi. Ma
l'abbassamento dei prezzi espandeva il mercato e il ciclo ricominciava. Il
mercato diventava elastico perchè non si estendeva in senso orizzontale, ma in
senso verticale man mano che nuove classi venivano toccati dal benessere per
l'abbassamento dei prezzi e l'aumento dei salari. I prezzi alti, come quelli
della produzione artigianale, tenevano fuori dal mercato tutta una serie di
classi a basso reddito. E' quello che capì anche Henry Ford, , nell'epoca
contemporanea, quando aumento la produzione e ridusse i prezzi per consentire
ai propri operai di comprarsi l'autovettura che essi stessi producevano e che
prima era diretta solo alle classi sociali con redditi più elevati. La politica
dei consumi di massa si può dire che ebbe inizio durante la Rivoluzione Industriale
e che nel ventesimo secolo raggiungerà la sua maturità. Nell'Inghilterra del
XVIII secolo, invece di produrre una scarpa di ottima qualità per pochi, il fabbricante andava alla ricerca
di congegni tecnici che gli permettessero di produrre una scarpa per tutti,
certamente meno pregiata di quella artigianale, ma sicuramente più utile al
consumatore, che poteva mettere al posto degli zoccoli, e a lui stesso che
aumentava i suoi profitti.
Mentre il continente sarà ancora legato
alla produzione artigianale di grande valore diretta ad un mercato ristretto,
al di là della manica si entrerà nel mondo della produzione industriale diretta
ad un mercato senza limiti. La stessa produzione in serie del prodotto farà
abbassare i costi e quindi i prezzi. Si può dire che gli inglesi saranno i
promotori della società dei consumi di massa. Gli italiani del Rinascimento
erano stati i promotori di un consumo di
èlite. Tranne le spezie, che interessavano larghi strati della
popolazione per la conservazione della carne, gli altri prodotti erano troppo
costosi per la massa, anche gli stessi pannilani. Gli italiani, anche quando,
nel XVIII secolo, avranno in mano uno strumento meccanico qual era il mulino per
la lavorazione della seta di Bologna, " la prima forma di sistema di
fabbrica, almeno fin dal Cinquecento " ( Poni, 1990: ), si serviranno di
questo meccanismo per produrre merce di lusso e quindi per un mercato
ristretto. Ben altro uso ne faranno gli inglesi, che, dopo averlo rubato agli
italiani, ne adattarono la tecnologia alle proprie esigenze e lo utilizzeranno
per produrre a bassi prezzi per un mercato più vasto.
Gli italiani producevano
tenendo presente la qualità, gli inglesi, invece, badavano alla quantità e
all'utilità. La quantità e l'utilità sulla qualità fu una politica che diede i suoi frutti nello
sviluppo industriale, anche se portò con sè un mancato affinamento del gusto,
che è tuttora una caratteristica del popolo anglosassone. La differenza tra le
due politiche stava nel fatto che gli italiani lavoravano per un mercato che,
per quanto esteso esso fosse, era sempre limitato a classi ristrette. Gli
inglesi, invece, lavoravano per un mercato di massa e non potevano anche pensare
alla qualità, almeno in quel periodo di industrialismo nascente. L'Olanda e
l'Inghilterra conquistarono i tradizionali mercati italiani proprio producendo
merce di qualità inferiore, ma di più basso prezzo e varietà di colori. Gli
stessi olandesi pur di non alzare i prezzi, quando non potevano comprimere il
costo del lavoro, incidevano sulla qualità del prodotto. Gli olandesi avevano
capito tutto questo e fecero sempre una politica di bassi prezzi, ma essi erano
interessati di più alla intermediazione commerciale che alla produzione. Fu
l'Inghilterra che capì, per tempo, che se nel passato il commercio aveva reso
la nazione ricca e potente, il futuro stava nella produzione dei beni e dei
beni che andassero bene per il colono del nuovo mondo e per le classi meno
abbienti del vecchio continente. Ecco perchè andarono sempre alla ricerca di
congegni tecnici che potessero far abbassare i costi di produzione e quindi
raggiungere un doppio effetto: allargare i mercati e massimizzare i profitti.
Il profitto era la molla di tutto.
In questa frenetica corsa verso
la produzione di massa, gli inglesi escogitarono i due pilastri della moderna
società industriale: la divisione del lavoro, che fece aumentare di molto la
produttività, e l'introduzione delle macchine, che resero possibile la
produzione di serie. Lo spirito della produzione fu una molla molto importante.
Un'altra molla importante fu la politica del governo, che fu sempre attento al
mondo della produzione e della iniziativa privata. Quando Carl Marx coniò
l'espressione che il ' governo era il comitato d'affari del mondo
imprenditoriale ' non aveva tutti i torti. Ma egli vide in questo un aspetto
negativo e di sfruttamento, ma la storia gli ha dato torto perchè fu proprio
questa politica che accrebbe, pur con tutti i guasti che provocò, la ricchezza
della nazione.
Tutte le conquiste e tutti i
tasselli della Rivoluzione Industriale saranno creati per rispondere a questa
esigenza di aumentare la produzione. Tutti vi potevano concorrere. Quello che
si richiedeva non erano conoscenze scientifiche, ma conoscenze tecniche , acume
e tanta voglia di fare. Non era la scienza che generava la tecnica e questa, a
sua volta, generava il progresso nel sistema di produzione. Era la tecnica che
veniva generata dal sistema di produzione.
Tutte, o quasi, le creazioni
originali degli inglesi, nel campo della tecnica, vennero dalla seconda metà
del XVIII secolo in poi, quando era terminata quella della fase di
apprendimento e di imitazione. E tutte queste innovazioni tecniche furono la
risposta a problemi che si ponevano nel campo della produzione e della economia
in generale. La tecnica nasceva dalla risoluzione del problema. La crescita
dell'Inghilterra, nel campo industriale, fu dovuta al fatto che ad ogni
problema pratico, che si verificava nella produzione, essa seppe dare una
risposta adeguata. " La maggior parte delle innovazioni non fu il
risultato di una formale applicazione della scienza, nè il prodotto del sistema
educativo ufficiale del paese ... la maggior parte degli innovatori erano
dilettanti ispirati o brillanti artigiani ... dalla preparazione empirica
" ( Mathias,Hartwell, 1973: 287 ). Questi artigiani e dilettanti erano
mossi non da interessi generali ed astratti, ma da interessi particolari e
concreti. Erano i problemi che sorgevano man mano che si espandeva la
produzione che essi dovevano risolvere e spesso le loro risposte furono
geniali. Essi costruirono tutto per piccoli passi e ogni passo era necessario
ed indispensabile al passo successivo. La sintesi, il nuovo prodotto, la nuova
tecnica, veniva alla luce alla fine del processo. Il problema delle fonti di
energia portò alle tecniche per l'utilizzo del carbon fossile; il problema
delle inondazioni delle miniere portò alla macchina a vapore; il problema del
trasferimento della meccanizzazione dalla seta al cotone e alla lana portò alla
navetta volante di Kay; il problema del filato, che non riusciva a tenere il
passo con la tessitura portò alla filatoio ad acqua e alla 'gianetta ' di
Harkgreaves.
Gli inglesi non si resero mai
conto di aver prodotto una Rivoluzione Industriale. Essi ci si trovarono dentro
senza saperlo. La
Rivoluzione Industriale fu inventata o scoperta, se si vuole,
dagli storici. Gli inglesi avevano solo coscienza di aver dato vita ad un nuovo
modo di produrre, ad un nuovo modo di organizzazione produttiva che rendeva di
più. La
Rivoluzione Industriale fu come la rivoluzione del neolitico.
I suoi attori la produssero, ma senza averne coscienza. Fu così anche per gli
inglesi ( Trevelyan, 1964 III: 18 ). Essi la produssero come momento evolutivo,
lento e graduale, di un processo che era iniziato nel XVI secolo, quando
l'Inghilterra incominciò a muovere i primi passi come potenza commerciale. Solo
quando tutti i fattori furono sviluppati il cambiamento fu totale. Ma questo
avvenne almeno due generazioni dopo il famoso taking off, di cui gli inglesi
non si resero mai conto.
I " fattori necessari e concomitanti
" ( Garraty-Gay,1973, II: 792 ) che la resero possibile furono: La
rivoluzione commerciale ( XVI secolo ), che contribuì a creare una notevole
massa di capitale che sarà poi investito nelle attività manifatturiere della
Rivoluzione Industriale; la rivoluzione agricola ( XVIII secolo ), in cui
l'incremento della produttività condusse ad una vera e propria esplosione
demografica, che incrementò la richiesta di beni di consumo e portò allo
sviluppo dell'industria del ferro; la rivoluzione dei trasporti ( XVIII secolo
), che consentì una più efficiente circolazione dei beni. Questi fattori o
stadi si verificarono nell'ordine
descritto, come se il primo richiedesse il secondo e il secondo il terzo e
tutti insieme produssero il quarto. La realtà dei fatti era che la rivoluzione
commerciale consentì un notevole accumulo di capitale, che, in buona parte,
veniva investito nella terra, l'unica vera fonte di prestigio e di
considerazione sociale prima della Rivoluzione Industriale.
Non fu la disponibilità delle fonti di energia che provocò
la Rivoluzione
Industriale( Hobsbaum, 1972: 31 ). L' Inghilterra sarebbe
arrivata alla Rivoluzione Industriale anche senza carbon fossile o minerale di
ferro, che , d'altronde, importava già dalla Svezia e dal Belgio. La stessa
invenzione della macchina a vapore era la dimostrazione del genio inglese. Essa
non dimostrava una superiorità intellettuale degli inglesi. Essa dimostrava,
con grande evidenza, che la pratica dei piccoli passi era vincente, come ha
scoperto la scienza contemporanea. L'inventore non era altro che colui il quale
aveva avuto la sagacia, il genio, di aggiungere l'anello finale alla catena che
era, magari, iniziata secoli prima ( Whyte, 1978: 80 ) e quella della macchina
a vapore è una lunga storia iniziata addirittura con Herone di Alessandria nel
120 d. C.. (Cardwell, 1963 ). Questa è stata la grande capacità degli inglesi:
hanno saputo essere gli anelli finali di molte catene e per questo produssero la Rivoluzione Industriale.
Per questo essi andarono alla scuola del mondo. Appresero, come nessuno aveva
fatto mai, in maniera organizzata, sistematica ed istituzionalizzata, tutto ciò
che c'era da apprendere da ogni catena. Appresero gli anelli uno per uno e,
alla fine, aggiungendovi il proprio, quello finale, produssero un prodotto che
non aveva nulla in comune con quello che avevano appreso.
Non fu una questione di fonti
di energia o di superiorità intellettuale. Fu un atteggiamento mentale che
aveva avuto il suo massimo esponente in Francesco Bacone e nello spirito
puritano, secondo il quale la scienza era valida quando era utile all'uomo ed
era utile all'uomo quando produceva degli effetti che miglioravano le
condizioni di vita del popolo ( Bacone ) e l'uomo diventava positivo, cioè
dimostrava di essere un eletto, quando, con la sua operosità, creava il suo
successo e quello della società nel suo insieme.
" L'Inghilterra arrivò
prima alla Rivoluzione Industriale non perchè fu favorita dalle circostanze, ma
perchè aveva una personalità differente... La Rivoluzione Industriale
si verificò per prima in Inghilterra e nel Galles... perchè gli inglesi erano
psicologicamente differenti dai loro contemporanei continentali " ( Hagen,
1967: 37 ).
Con la Rivoluzione Industriale
iniziava una nuova epoca per l'uomo, l'ultima in ordine di tempo, ma non quella
definitiva. Egli aveva iniziato la sua storia completamente nudo, ma dotato di
un'organo ( il cervello ) che era in grado di memorizzare tutte le informazioni
che riceveva dall'ambiente e dal suo interagire con esso. Lentamente imparò a
cogliere nessi e relazioni tra queste informazioni e a manipolarle per produrre delle conoscenze che
travalicavano il suo mondo esperienziale per inoltrarsi verso una conoscenza
che poteva solo essere inferita e che, quindi, andava verificata con l'
esperimento. L'enorme massa di nuove
conoscenze che si accumulò durante la Rivoluzione Industriale
portò ad una più avanzata specializzazione della struttura mentale dell'uomo,
per cui fu in grado di cogliere nessi e relazioni che prima non sospettava
nemmeno. " L'epoca che ebbe inizio con l'invenzione della macchina a
vapore e con la scoperta della corrente elettrica che proseguì con la
costruzione della ferrovia, delle centrali elettriche, della radio,
dell'aeroplano e che oggi è caratterizzata dai trasporti supersonici e
dell'impiego dell'energia atomica, non rappresenta solo una marcia trionfale
delle forze industriali, ma altresì un'età di rapido incremento della potenza
del pensiero astratto. Ne sono emerse costruzioni teoriche della più alta
perfezione, come la teoria dell'evoluzione biologica di Darwin o la teoria
della relatività di Einstein, e la mente umana è giunta a chiarire relazioni
logiche che sarebbero apparse incomprensibili all'uomo colto dei secoli
precedenti " ( Reichenbach,1974: 128 ).
Quale sarà il futuro sviluppo
del pensiero dell'uomo e quale mondo egli riuscirà a creare è impossibile
predire. Quello che sappiamo per certo è che egli sta ora uscendo dalla società
industriale e che l'elaborazione di nuove conoscenze porta ad una maggiore
specializzazione della massa cerebrale e sappiamo per certo che egli
attualmente ne usa solo il tre per cento, ma con un vantaggio rispetto al
passato: egli non è più costretto ad usare questa massa come deposito ( storage
) delle conoscenze prodotte nella storia dell'uomo. Per questa funzione ha
inventato i computers, che sono in grado di immagazzinare tutte le conoscenze
esistenti in tutti i campi e tenerli lì pronti a disposizione dell'uomo per le
sue manipolazioni. Quello che l'uomo deve saper fare è cogliere nessi e
relazioni tra le informazioni manipolandole attraverso il mezzo tecnico che
egli ha inventato, senza preoccuparsi della loro elaborazione tecnica, che
richiederebbe troppo tempo se fatto dall'uomo. A questo pensa la macchina che
egli ha inventato, la quale ha una velocità di elaborazione del dato certamente
superiore a quella dell'uomo.