Capitolo XV
IL
VOTO ED I SISTEMI ELETTORALI
La quasi totalità delle costituzioni
moderne sanciscono, sia pure con formule diverse, che la sovranità appartiene
al popolo. Ma come la esercita questa sovranità il popolo? L'esercita
partecipando direttamente (democrazia diretta) alla direzione dello Stato e la
esercita partecipandovi solo indirettamente (democrazia indiretta).
Alcuni degli Stati democratici moderni
prevedono tutte e due le forme, altri, invece, prevedono solo la seconda.
La costituzione italiana, ad esempio,
prevede due modi di esercizio diretto della sovranità da parte del popolo. Il
primo, previsto dal secondo comma dell'art. 71, riconosce al popolo la potestà
di partecipare direttamente alla formazione delle leggi (iniziativa popolare)
mediante la proposta, da partee di almeno cinquantamila elettori, di un
progetto redatto in articoli.
Il secondo é previsto dal primo comma
dell'art. 75, gli riconosce la potestà di deliberare, attraverso referendum,
la abrogazione (referendum abrogativo) totale o parziale, di una legge (purché
non sia una legge finanziaria, tributaria, di bilancio, di amnistia e di
indulto, di autorizzazione a ratificare trattati internazionali) o di un atto
avente valore di legge quando lo richiedono cinquecentomila elettori o cinque
Consigli regionali.
La sovranità indiretta il popolo la esercita
mediante dei rappresentanti che esso di volta in volta elegge per
rappresentarlo nei massimi organi dello Stato. In questo capitolo ci
proponiamo, appunto, di esaminare il meccanismo attraverso il quale il popolo
elegge i suoi rappresentanti, cioè il voto ed i sistemi elettorali.
I. - IL VOTO: CENNI STORICI
La storia del voto è la storia di una lunga
serie di battaglie condotte dall'individuo contro uno Stato oppressivo ed
onnipotente che negava qualsiasi forma di partecipazione al maneggiamento della
cosa pubblica perché lo riteneva incapace di autogovernarsi, né riteneva che
le sue rivendicazioni avessero qualche fondamento legale perchè assumeva che
la fonte del suo potere (il monarca assoluto si identificava sempre con lo
Stato ed è celebre in questo senso la frase pronunciata da Luigi XIV «l'état
c'est moi») non risiedesse nel popolo, ma avesse origine divina.
In un primo momento, quando l'idea
predominante era che lo Stato fosse fondato sulla proprietà, questa battaglia
fu condotta e vinta dalla classe dei proprietari. In un altro momento, quando
l'idea predominante era che il diritto al voto fosse un privilegio, essa fu
combattuta e vinta da quelle classi che avevano dei requisiti speciali (quali
condizione sociale, censo, colore della pelle, ecc.).
In un altro momento, infine, quando l'idea
predominante era che «lo Stato fosse basato sul consenso di tutti gli adulti
liberamente associati, e che perciò vi doveva essere il suffragio universale
(per gli uomini e - qualche volta - anche per le donne), senza limitazioni
eccetto quelle necessarie per un corretto funzionamento dei sistema» (1),
questa lotta fu combattuta e vinta da tutti gli adulti di sesso maschile.
2. - IL SUFFRAGIO
UNIVERSALE
Solo in epoca a noi
relativamente vicina fu vinta la battaglia dell'estensione del diritto al voto
alle donne. In Italia le donne conquistarono il diritto al voto nel 1946, in Francia nel 1944, in Gran Bretagna nel
1928, negli Stati Uniti nel 1920.
Per tutto il XVII secolo, e per più della
metà del XIX, era convinzione comune a tutte le nazioni che avevano concesso
il diritto al voto ad alcune categorie di persone, che esso dovesse essere
espresso pubblicamente e precisamente in modo che ogni votante si assumesse la
responsabilità della sua scelta di fronte a tutta la comunità.
Tale sistema esponeva il votante ad ogni
sorta di intimidazione e di corruzione per cui incominciò a farsi strada
l'idea, messa in pratica per la prima volta dall'Australia nella seconda metà
del XIX secolo, che il voto dovesse essere segreto.
Si adottò, quindi, un sistema di votazione e
un sistema di conteggio che rendevano impossibile determinare come avesse
votato il singolo elettore. Ma se questo nuovo
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(1) W.J. MCKENZIE: Free
Elections; Allen & Unwin. Londra, p. 25.
sistema aveva eliminato
le inconvenienze del vecchio, ne aveva fatto sorgere altri di non minore
entità. Il primo ed il più importante
era, ed è, che esso dà la possibilità ad un Governo che intende rimanere in
carica ad ogni costo, ma dando una veste di legalità al suo potere, di
commettere delle frodi.
Infatti, poteva, e può, aggiungere alle
liste elettorali persone inesistenti; poteva, e può, falsificare i certificati
elettorali o sottrarre schede; poteva, e può, falsificare le cifre finali
dando la maggioranza al suo partito.
La maggior parte degli stati democratici
moderni, tuttavia, hanno cercato di ovviare a tali inconvenienze approvando
delle leggi che prevedono punizioni severissime per chi commette tali frodi;
ma la loro applicazione e la loro osservanza dipendono dalla esistenza o meno
di una magistratura indipendente che controlli con occhio vigile ed intervenga
in tutti quei casi in cui si ha sentore di frodi.
Tutte le nazioni moderne, che adottano il
suffragio universale, tuttavia, prevedono delle restrizioni considerate
indispensabili per il buon e corretto funzionamento del sistema. La prima di
queste restrizioni riguarda l'appartenenza o meno allo Stato, cioè la
cittadinanza.
La esistenza dello Stato è fondata sui
valori e sulle tradizioni comuni al popolo che vive sul suo territorio, ed è,
quindi, logico che il diritto al voto, cioè il diritto di eleggere gli organi
che quei valori e quelle tradizioni devono preservare e continuare, sia
prerogativa esclusiva di coloro che o per libera scelta (cittadinanza
acquisita v. Cap. 11) o per nascita ne siano i legittimi custodi.
La seconda restrizione riguarda l'età. Votare
significa scegliere tra due o più candidati, tra due o più partiti, tra due o
più piattaforme programmatìche. Tale scelta richiede, se deve essere una
scelta meditata, una maturità che non può avere un ragazzo o una ragazza di 14
anni.
Tuttavia il limite minimo varia da paese a
paese. In Italia è di anni 18 per partecipare all'elezione della Camera dei
Deputati, di 25 per partecipare a quella del Senato. In Francia, Stati Uniti,
Danimarca Norvegia è di 21 anni. In Russia, Jugoslavia, Sud Africa, è di 18
anni. In Giappone e Svizzera è dì 20
anni. In Olanda 23 e in Finlandia 24.
La terza restrizione, infine, riguarda la
residenza. Se ogni elettore fosse libero di votare dove più crede opportuno e
non soltanto dove ha fissato stabilmente la sua residenza, potrebbe accadere,
come effettivamente accadde in passato, che elettori senza scrupoli
correrebbero da un collegio elettorale all'altro per aumentare i voti del loro
partíto.
3. - I SISTEMI
ELETTORALI
I sistemi elettorali possono essere
raggruppati in due categorie fondamentali: il sistema uninominale e il sistema
proporzionale. Entrambi questi sistemi hanno una varietà di applicazione che
sarebbe al di là dello scopo di questo testo esaminarle tutte.
Ci limitiamo, perciò. all'esame di quelle
variazioni che hanno la più larga applicazione negli Stati moderni. Del sistema
uninominale prenderemo in esame quello a maggioranza semplice e quello a
maggioranza assoluta.
Del sistema proporzionale quello a scrutinio
di lista nella variante usata dall'Italia.
Il sistema uninominale a maggioranza semplice
Questo sistema, adottato dalla Gran Bretagna
e dagli Stati Uniti d'America, richiede la divisione del territorio nazionale
in tanti collegi elettorali quanti sono i membri del parlamento da eleggere.
Nel caso della Gran Bretagna, il cui parlamento ha una sola Camera elettiva, i
collegi elettorali sono 630.
Ogni collegio può eleggere un solo candidato
e risulta eletto colui che ha riportato la maggioranza semplice dei voti senza
riguardo al numero dei candidati presenti nel collegio.
Facciamo un esempio pratico. Assumiamo che
nel collegio X si presentano cinque candidati e riportino i seguenti voti:
Candidato A 11.000
B 10.000
C 8.000
D 2.000
E 650
Totale 31.650
Il candidato A viene dichiarato eletto, pur
avendo riportato una minoranza (11.000 contro 20.650) dei voti validi espressi
dal collegio, ed è considerato il solo rappresentante di tutti gli elettori del
suo collegio « - circa 50.000 cittadini - e non solo di quelli che hanno
votato per lui, ma anche di coloro che hanno votato contro»(1).
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(1) Messaggio dello Speaker della Camera dei
Deputati inglese al pubblico delle gallerie
Il difetto maggiore attribuito a questo
sistema è che esso è il meno rappresentativo della volontà popolare. Difatti
non solo può accadere, come effettivamente accadde a varie riprese nella storia
del Parlamento inglese, che un partito con una chiara minoranza di voti abbia
la maggioranza dei seggi in Parlamento (vedi, ad esempio, il 1922, anno in cui
il partito conservatore ottenne i156% dei seggi con 39% dei voti, contro il
29% (il 18,5% dei seggi) dei liberali e il 29,5% (23,7% dei seggi dei
laburisti). La stessa cosa awennne nel 1924, ma può accadere addirittura che
il partito che ha conquistato la maggioranza dei voti nella elezione, non abbia
la maggioranza dei seggi in Parlamento.
Tuttavia, i pregi di questo sistema sono
forse maggiori dei suoi fetti (dipende da quale punto di vista si esaminano).
Il primo ed innegabile pregio è che esso favorisce la formazione di due soli
grandi partiti che si contendono la fiducia dell'elettorato con la conseguenza
che uno di essi avrà la maggioranza assoluta dei seggi in Parlamento (1).
Questo significa che la nazione avrà un
Governo che ha dietro di sè una vasta e stabile maggioranza che gli consentirà
di governare paese per tutto il tempo del suo mandato con tranqullità e con la
sicurezza che tutto il suo programma potrà essere attuato, senza doversi
sottoporre a compromessi ed alchimie politiche, come avviene in alcuni paesi
che adottano il sistema proporzionale, tra cui l'Italia.
Il sistema uninominale a maggioranza assoluta
Questo sistema, adottato dalla Francia, è
identico al primo. La sola differenza è che esso richiede che il candidato,
per essere eletto, deve riportare la maggioranza assoluta dei voti validi
espressi. Se nessuno dei candidati presenti nel collegio riesce ad ottenerla
si procede ad una seconda elezione tra i due candidati che abbiano ottenuto il
maggior numero di voti.
Questo di solito ha luogo una settimana o al
massimo due settimane dopo.
Con questo sistema ci si prefigge due scopi.
Il primo è quello di eliminare l'inconveniente che un candidato possa essere
eletto con una minoranza di voti e quindi si presume che esso rispecchi più
fedelmente la volontà popolare. Il secondo è quello di tentare di dare al
partito al potere la maggioranza assoluta. In pratica, però, esso «non offre
nessuna garanzia che l'organo eletto rifletterà la volontà dell'elettorato»,
né offre serie garanzie per la formazione di governi forti e stabili.
«L'esperienza fatta col sistema
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(1) L'esistenza di un
terzo partito di una certa dimensione può far sì che nessuno dei tre abbia la
maggioranza assoluta, per cui il partito che ha ottenuto meno voti può essere
l'arbitro della situazione. come accadde nel 19211 e' 1929.
del ballottaggio, in
verità, suggerisce il contrario. Negli anni trenta solo un paese usava ancora
il sistema del ballottaggio nell'elezione del Parlamento, e quel paese - la Francia - era considerato
dal resto del mondo come il più chiaro esempio di governi deboli ed instabili,
con una moltitudine di partiti incapaci di stabilire tra di loro una durevole
cooperazione» (1).
Il sistema
proporzionale a scrutinio di lista
Negli Stati che adottano il sistema
proporzionale, l'elettore non è chiamato a scegliere tra due o più candidati,
ma tra due o più liste di
E. LAKEMAN and J.
LAMBERT: op. cit.. p. 61.
~i:3
candidati ed i seggi che ogni lista riporterà saranno
proporzionali ai voti che ha ottenuto.
Ciascuna lista, di solito, contiene tanti
candidati quanti sono i seggi da distribuire nel collegio elettorale. La
grandezza del collegio varia da Stato a Stato. In Israele, per esempio, tutto
il territorio nazionale è organizzato in un unico collegio elettorale.
In Italia i collegí elettorali sono trenta
(più quello della Val d'Aosta, che ha diritto ad un solo deputato, che viene
eletto col sistema uninominale). Nel caso di Israele i seggi da distribuire nel
collegio sono tanti quanti sono membri del parlamento da eleggere (120).
Nel caso dell'Italia, invece la
ripartizione dei seggi tra i collegi elettorali si effettua dividendo numero
degli abitanti della Repubblica, quale risulta dall'ultimo censimento generale
della popolazione (56 milioni circa) per 630 (quanto sono i membri della Camera
dei Deputati da eleggere).
La distribuzione dei seggi, tra le varie
liste impegnate nella competizione elettorale di un dato collegio, si effettua
secondo due metodi: col primo, si divide il numero dei voti validi espressi per
il numero dei seggi a cui quella circoscrizione ha diritto ; col secondo
si divide il numero dei
voti validi espressi per il numero dei seggi più 1, al cui quoziente si
aggiunge + 1 (n. voti validi espressi + 1). In entrambi i casi ogni lista avrà
tanti seggi quante volte questa quota entra nel numero dei voti riportati.
L'Italia ha scelto una via di mezzo ed i seggi vengono assegnati
secondo questa proporzione n. voti validi : n. seggi + 2
_______________________________________________________________________(1)
E. LAKEMAN and J. LAMBERT: l'oting in Danorraries; Faber & Faber, Londra., p. 5 8.
La scelta del candidato o dei candidati
all'interno della lista stessa dipende dal sistema di votazione.
Se l'elettore può votare soltanto la lista e
non può esprimere nessuna preferenza, come avviene nell'elezione del
Parlamento israeliano, la scelta del candidato è predeterminata dall'ordine in
cui si trova nella lista.
Gli ultimi candidati non hanno alcuna
possibilità di essere eletti, a meno che la lista non conquisti il 100% dei
seggi. Se, invece, l'elettore oltre a votare per la lista può anche esprimere
delle preferenze tra i candidati, come avviene nell'elezione della Camera
italiana e di altri Stati, risulteranno eletti quei candidati che avranno
ottenuto il maggior numero di preferenze.
Il sistema proporzionale assicura una più
esatta rappresentatività della dell'elettorato, assegnando la maggioranza dei
seggi al partito che ha ottenuto la maggioranza dei voti e garantendo una
adeguata rappresentanza alle minoranze. Se le elezioni britanniche del 1951,
per esempio, si fossero svolte col sistema proporzionale e non con quello
uninominale, il partito laburista con il 48,5% dei voti avrebbe ottenuto 305
seggi, circa, mentre il partito conservatore con il 48% dei voti ne avrebbe
ottenuto 300 circa: una più giusta distribuzione di quella avvenuta in effetti
che diede 295 seggi ai laburisti e 321 conservatori (1).
Ma questa più giusta distribuzione ha un
prezzo: quello della polverizzazione della rappresentanza parlamentare e quella
conseguente della instabilità governativa.
E qui è bene chiarire un equivoco. Il
metodo elettorale è ìnìnfluente sul numero dei partiti. Esso non è
responsabile della loro polverizzazione. «Se si considerano, ad esempio, i
partiti francesi prima del 1939 (sistema uninominale maggioritario) ed i
partiti francesi dopo il 1945 (sistema proporzionale) si constata che non vi è
stato alcun aumento nel loro numero»(1).
«Sotto questo profilo il rapporto tra doppio
turno e sistema partitico è assai simile al rapporto tra rappresentanza
proporzionale e sistema partitico; entrambe le formule elettorali hanno scarsa
influenza sul numero dei partiti, senza una tendenza univoca né a "contrarre"
né a moltiplicare" »(3).
_____________________________________________________________________
(1) E. LAKEMAN and J.A. LAMBERT: op. cit., p. 85
(2) M. DUVERGER: L'influence des syatemes électoraux sur la vie
politique; Arman Colin, 1950, p. 17
(3)D. FISICHELLA; Doppio
turno e democrazia difficili: in Rivista Italiana di Scienze Politiche; Anno
XIV, n. 2. Agosto 1984, p. 314.
L'equivoco nasce quando si vuole associare
la polverizzazione del sistema partitico con l'instabilità dei governi. Non è
la polverizzazione dei partiti che crea l'instabilità, ma la polverizzazione
della rappresentanza parlamentare. E il metodo elettorale influisce molto su
quest'ultima.
Il metodo elettorale proporzionale adottato
dall'Italia trasferisce pari pari, o quasi, la polverizzazione dei partiti
all'interno della rappresentanza parlamentare. I nove partiti italiani
(trascuriamo le formazioni minori) sono tutti rappresentati in parlamento,
anche se qualcuno con appena 1,5 dei voti.
Questa eccessiva frammentazione influisce
molto sulla formazione del governo, che deve essere, per necessità, un governo
di coalizione. Ma anche questo non è sinonimo di instabilità, come vedremo più
avanti.
Il metodo elettorale uninominale a
maggioranza semplice (Inghilterra) o quello a maggioranza assoluta (Francia).
che col suo doppio turno costringe i partiti ad apparentarsi, semplifica la
rappresentanza parlamentare.
In Inghilterra i partiti che concorrono alle
elezioni sono molti, ma solo due o tre riescono a mandare rappresentanti in
parlamento. Di solito uno di essi conquista la maggioranza assoluta dei seggi,
ma quando questo non accade, come nel 1923 e nel 1929, si deve dare vita ad un
governo di coalizione. In Francia la rappresentanza parlamentare è ininfluente
nella formazione del Governo, avendo questa nazione adottata la forma
presidenziale.
Anche il metodo elettorale proporzionale
adottato dalla Germania federale semplifica, e di molto, la rappresentanza
parlamentare. Lo sbarramento del 5 per cento (bisogna aver riportato il 5 per
cento dei voti per aver diritto alla rappresentanza parlamentare) fa entrare in
parlamento, di norma, tre partiti, e molto spesso nessuno dei tre riporta la
maggioranza assoluta, per cui bisogna dar vita a governi di coalizione.
L'introduzione di un simile sbarramento nel
sistema politico italiano provocherebbe un piccolo terremoto; eliminerebbe dal
parlamento 5 partiti. E’ la polverizzazione della rappresentanza parlamentare
la causa fondamentale dell'instabilità dei governi e il metodo elettorale ha
una influenza decisiva sulla formazione di questa rappresentanza.
I governi di coalizione non sono di per sé
fonte di instabilità, come il caso della Germania federale dimostra, se la
rappresentanza parlamentare non è polverizzata e la coalizione è formata da
due partiti ideologicamente affini.
Essi diventano fonte di instabilità quando
l'eccessiva polverizzazione della rappresentanza parlamentare, come è il caso
dell'Italia, obbliga a fare ricorso a coalizione di più partiti (5) non
ideologicamente affini. In questo tipo di coalizione i contrasti, tra i partiti
che la compongono, sono frequenti e vengono sanati attraverso verifiche
costanti che appesantiscono e rendono incerta l'azione del governo e lo
espongono <<in ogni istante ad essere esautorato o mutato per effetto del
cambiamento, anche eccezionale, della coalizione... che lo ha creato e
quotidianamente lo conferma» (1).
Molto spesso il dissenso nasce all'interno
dei partiti, i cui gruppi organizzati (correnti) minoritari (opposizione
interna) lavorano, e spesso complottano, con altri partiti. Per far cadere la
coalizione nella speranza-certezza di imporre una coalizione a loro più
gradita.
Questo dissenso non sempre
si manifesta palesemente all'interno del parlamento, in quanto può contare
sull’inconfessato appoggio di molti parlamentari della maggioranza, che, al
riparo del voto segreto, previsto dai regolamenti parlamentari, «cospirano
senza posa per rovesciare le compagini ministeriali»2, nella speranza di essere
imbarcati nel successivo governo. «Il voto segreto, così, da una parte
deresponsabilizza i componenti della classe politica, e dall'altra rende ancora
più instabile un Governo per sé stesso già caratterizzato dalla transitorietà»
(3).
Al pari dell'immunità parlamentare, il voto
segreto, all'interno parlamento, è un istituto medievale che nacque per
difendere il deputato da un potere
(quello sovrano) che spesso non tollerava dissensi. Oggi esso non ha motivo di
essere e la maggior parte delle cdemocrazie moderne lo hanno, in effetti,
abolito.
4. - LA FORMAZIONE DELLE
LISTE
Un altro difetto, che di solito si
attribuisce al sistema proporzionale, è che esso porta ad un rafforzamento
delle strutture dei partiti politici, che monopolizzano le candidature ed
esercitano sul deputato, che, per la grandezza del collegio elettorale, non
può avere un contatto diretto con i suoi elettori (come avviene nel sistema
uninominale). quindi non può sperare di essere eletto senza l'aiuto della
macchina oganizzativa del partito, un dominio assoluto.
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(1)GIANFRANCO MIGLIO: Le
contraddizioni interne del sistema parlamentare irgrale; in Rivista Italiana
di scienze politiche; Anno XIV n. 2 Agosto 1984. p. 125. (2) ibid. (3) ibid.
Il rafforzamento delle strutture
organizzative del partito non è una caratteristica esclusiva del sistema
proporzionale; è una necessità a cui nessun partito che operi in un sistema di
governo parlamentare può sottrarsi, non importa quale sia il sistema
elettorale.
La vita del Governo, nel sistema
parlamentare, è legata alla fiducia che quotidianamente riscuote sui
provvedimenti legislativi che sottopone al Parlamento. Se l'elezione del
parlamentare non fosse condizionata dal partito, ma dipendesse esclusivamente
da se stesso. «i gruppi parlamentari non sarebbero affatto disciplinati,
poiché ciascuno dei suoi membri si preoccuperebbe molto di più delle
ripercussioni possibili del suo voto sul suo feudo particolare che delle
istruzioni impartite dalla direzione del partito»(1), ne conseguirebbe che il
Governo vivrebbe una vita grama e precaria e sarebbe costretto a mendicare i
voti di volta in volta a seconda delle necessità.
Una condizione non peregrina nella storia
del parlamento italiano. Ecco perché in Gran Bretagna, che pur adotta il
sistema uninominale, i partiti hanno una forte struttura organizzativa.
(1) M. DUVERGER: op.
cit., p. 25.
SPUNTI PER LA DISCUSSIONE IN
CLASSE
1)
Lo Stato italiano prevede due istituti di democrazia diretta:
l’iniziativa popolare e il referendum. Il secondo, dopo un primo momento di
grande perplessità, è accettato da tutti e viene usato più o meno frequentemente.
Il primo, invece, non è stato mai usato. Perchè in una nazione come l’Italia è
difficile che questo istituo troverà mai un’applicazione?
2) La
segretezza del volto nelle elezioni politiche è una conquista consolidata ed
irrinunciabile alla sopravvivenza alla democrazia stessa. Questa stessa
segretezza del voto, prevista per i parlamentare nello svolgimento delle loro
funzioni, invece, viene ritenuta come un grande pericolo per la democrazia. Ed
infatti, molti Stati l’hanno abolita. L’Italia è uno dei pochi paesi che ancora
la conserva. Perchè il voto segreto concesso ai parlamenari può mettere in
pericolo la democrazia?
3) L’Italia
è uno dei pochi paesi che ha concesso il diritto di voto ai diciottenni.
Alcuni, però, ritengono che questo sia stato un errore. Sai dire quali sono le
motivazioni che adducono quest’ultimi?
4) Nel
sistema elettorale inglese, il deputato eletto è considerato il rappresentante
di tutti gli elettori di quel collegio, sia di quelli che hanno votato contro,
sia di quelli che hano votato a favoe. Ed in effetti le cose funzionano in
questo modo nel comportamento quotidiano dei singoli elettori, senza
distinzioni di partito o di ideologia. Pensi che un simile sistema potrebbe
funzionare anche in una cultura politica come l’Italia?
5) Da
più parti si ritiene che il numero dei parlamentari sia eccessivo.alcuni
pensano di ridurlo drasticamente per garantire una maggiore efficienza al
parlamento. Tu che ne pensi?
6) Si
ritiene, da alcuni, che l’istituto delle preferenze espresse sui candidati alle
elezioni politiche sia fonta di malcostume, di corruzione (il candidato per
farsi una campagna elettorale personale ha bisogno di fondi) e cannibalismo
politico. Da più parti si chiede la soppressione di questo istituto. Esamina il
problema in tutte le sue conseguenze ed esprimi la tua opinione.