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La società politica

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Capitolo XIV

 

I PARTITI POLITICI


1)- IL PARTITO POLITICO

        Il partito politico è un'associazione di individui che si sono libera­mente uniti allo scopo di raggiungere alcune mete di natura politica. La prima e fondamentale meta del partito politico è quella di organiz­zare l'elettorato allo scopo di assicurarsi una maggioranza che gli con­senta di conquistare il potere politico e quindi dirigere le sorti dello Stato.

   La sua data di nascita, nella sua forma moderna, coincide con l’estensione del diritto al voto. Prima di allora, i deputati che sedevano in Parlamento erano i rappresentanti di alcune classi privilegiate.

L’estensione del diritto al voto prima e il suffragio universale poi fece­ sentire il bisogno di un'organizzazione che non solo riunisse sotto un’unica bandiera tutti coloro che avevano gli stessi interessi, le stes­se aspirazioni, le stesse idee, ma integrasse anche il singolo individuo con i suoi bisogni ed i suoi ideali nel resto della comunità nazionale, in modo che non si sentisse una goccia d'acqua nell'immensità dell'ocea­no sociale,  ma parte di un tutto organico e armonizzato.

  In questo senso il partito si differenzia da tutti gli altri gruppi ed associazioni esistenti nello Stato non solo perché persegue fini politici, ma perché i suoi interessi coincidono con quelli della nazione, mentre altri gruppi perseguono interessi particolari.


2. - LA FUNZIONE DEI PARTITI

     Il partito politico è il protagonista principale della democrazia rappresentativa. Né essa sarebbe concepibile senza i partiti politici. “Il Governo rappresentativo», ha detto un noto studioso, «è governo di partito» (1).

   Il potere politico nelle democrazie moderne appartiene al popolo che lo esercita, come abbiamo visto, tramite dei rappresentanti. Il  popolo, cioè l'elettorato, parla lingue diverse, sente in modo diverso, pensa in modo diverso, agisce in modo diverso. Come può una moltitudine così composita essere capace di una scelta, al momento delle elezioni, che non sia dettata da interessi particolari ed egoistici, ma si basi  sugli interessi generali della nazione, eleggendo candidati che poi in Parlamento si riuniranno, per formare un gruppo compatto, in modo da governare il Paese in base a quegli interessi generali, trascurane o, qualche volta, contrariamente agli interessi dei loro elettori?

   L'esperienza storica ci ha dimostrato che, quando i partiti politici non esistevano o la loro organizzazione era tanto debole da essere incacapaci di assicurare una certa disciplina, il deputato in Parlamento si sentiva responsabile soltanto verso gli elettori che rappresentava e da cui dipendeva la sua rielezione. Di conseguenza, vendeva, di volta in volta il voto a quel Governo che gli assicurava delle contropartite in fa­vore del suo collegio o sue personali.

I partiti politici, con la loro struttura moderna, sono sorti propri come necessità di educare l'elettorato (attraverso comizi, dibattiti, conferenze, convegni, pubblicazioni, ecc.) all'autogoverno responsabi­le, di offrire all'elettorato un programma politico nazionale che rispec­chi gli interessi della comunità presa nel suo insieme e non quelli di questo o di quel gruppo, di vincolare il deputato a quel programma, li­berandolo da ogni tentazione elettoralistica, e, infine, di costituire un anello di congiunzione mediante il quale il cittadino non solo rimane in costante contatto con i suoi rappresentanti, ma - tramite essi - stabi­lisce anche un contatto con lo Stato.


3. - UNA CLASSIFICAZIONE DEI PARTITI

                                 a) il sistema multipartitico

       Nei paesi  a   sistema multipartitico, come  l'Italia, esiste  un  certo numero di partiti

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(1) H. FINE: op. cit, p. 237.

politici «fatti su misura» (1) per quadrare perfettamen­te con le idee dei loro sostenitori. Essi hanno una ideologia netta e ben definita sulla quale non è concepibile scendere a compromessi. Il loro programma contingente può essere oggetto di compromes­so, quando la situazione politica generale lo richieda (quando si forma un governo di coalizione, per esempio), ma non la loro ideologia.

    Di so­lito in questi paesi nessun partito riesce a conquistare la maggioranza assoluta dei voti, perciò si deve ricorrere alla formazione di governi di coalizione, «in cui più partiti esercitano, in proporzioni diverse, le fun­zioni direttive, mentre altri svolgono quella di opposizione» (2).

                                       b) il sistema bipartitico

      Nei paesi a sistema bipartitico (Gran Bretagna, Stati Uniti, ecc.) la scena politica è dominata da due grandi partiti su cui gli elettori river­sano i loro voti anche quando sanno che nessuno dei due calza alla per­fezione con la loro visione dei problemi della comunità. Tuttavia que­sto non esclude l'esistenza di altri partiti, (come quello liberale in Gran Bretagna), i quali, comunque, sono troppo piccoli per influenzare i ri­sultati delle elezioni.

   Tranne che in rarissimi casi, verificatisi nel passato, in cui si ebbe­ro governi di coalizione, in questi paesi il governo è formato dal partito che ha la maggioranza, mentre l'altro si costituisce in opposizione e svolge l'importante funzione di criticare e controllare l'operato del Go­verno.

     A differenza dei sistemi multipartitici dove l'elettore, nel mo­mento in cui pone il voto nell'urna, sa soltanto di votare per il suo partito, il quale nell’atto della formazione del Governo può entrare a parte di una coalizione che egli disapprova, nei sistemi bípartici l'elettore sa che votando per un determinato partito vota per un Governo la cui composizione (nelle sue linee generali) è già di sua conoscenza.

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(1)HERBERT MORRISON: Il sistema parlamentare inglese; Opere Nuove, 1958, p. 65.

(2) EUGENIO PENNATI: Elementi di sociologia politica; Ed. di Comunità, 1961, p. 72.

a)      il sistema a partito unico

 

      «I regimi a partito unico sono i più recenti e costituiscono, si può dire, l'innovazione del secolo nostro. Quì il partito si costituisce e di­viene strumento per sorreggere una dittatura, o si singolarízza, sop­primendo gli altri, a dittatura instaurata. E funziona da vincolo coesivo tra il popolo e il gruppo che gestisce il potere, stretto intorno ad un ca­po provvisto di prestigio carismatico o presunto tale, con lo scopo di creare un'atmosfera favorevole a questo» (1).


4. - LA STRUTTURA DEI PARTITI

            a) i partiti democratici nel sistema multipartitico

 

    In questo gruppo vi sono inclusi partiti con ideologie diverse e spesso contrastanti, ma che hanno in comune una caratteristica deter­minante: l'accettazione del metodo democratico all'interno dell'orga­nizzazione del partito in cui permettono la libera circolazione delle idee e il libero formarsi di maggioranze e minoranze sulla politica del partito, in contrasto con i partiti ad ideologia autoritaria in cui le cor­renti di pensiero non sono ammesse.

     In questi partiti, tutti gli organi ai vari livelli sono elettivi. La poli­tica del partito viene elaborata ed approvata dal Congresso nazionale che, usualmente, si riunisce ogni due anni.

            b) il sistema bipartitico: il caso inglese

    I partiti politici in Gran Bretagna hanno delle caratteristiche pecu­liari ed una struttura interna alquanto differente dagli altri partiti del continente europeo ed americano.

   Entrambi i partiti (laburista e conservatore) hanno una struttura federale. Il partito laburista, per esempio, che è l'unico dei due a pos­seder uno statuto, è formato dall'unione dei sindacati, dalle coopera­tive e dai partiti laburisti dei vari collegi elettorali. La sua struttura non è chiusa, ma aperta, nel senso che può chiedere di farne parte qualsiasi gruppo sociale, associazione o anche partito politico, purché non abbia un proprio programma politico ed accetti lo statuto del par­tito laburista.

            I dirigenti centrali, ma non il leader, vengono  eletti  dal  Congresso  annuale    del

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(1) E. PENNATI: op, cit., pag. 73.

partito. Al Congresso annuale partecipano i delegati (1) dell'organizzazioni aderenti al partito, in ragione di un delegato ogni cinquemila iscritti al partito, in regola con il pagamento della quota di iscrizione. I dirigenti centrali formano il Comitato esecutivo nazionale (che poi si articola in tanti sottocomitati) il cui compito è quello di ese­guire i deliberati del Congresso, di farli osservare dalle organizzazioni affiliate, di mantenere la disciplina ed assicurare l'organizzazione del partito.

   Il leader del partito, invece, viene eletto annualmente dai deputati in Parlamento, i quali eleggono anche gli altri organi, quali il Vice lea­der, la frusta (la persona che funge da tramite tra gli organi direttivi e i deputati e deve assicurare che quest'ultimi seguano le direttive del  partito) e un Comitato parlamentare che è chiamato a dirigere i lavori  del gruppo. Di questo Comitato fanno parte di diritto il leader ed il V. leader del partito, la frusta, il Presidente e la frusta del gruppo della         Camera dei Lords, più dodici membri eletti tra i deputati ed uno tra i Lords(2).

  

    I deputati e i Lords, così organizzati, sono indipendenti dagli altri  organi del partito, anzi essi formano quello che gli inglesi chiamano il partito in parlamento».«Il Partito laburista è l'espressione collettiva del pensiero democratico basato sul movimento della classe operaia e sulla organizzazione dei collegi elettorali dei lavoratori del braccio e della mente.

   Di consequenza nel Partito laburista la parola finale spetta al Congresso annuale del partito, e, tra un Congresso e l'altro, l'organo amministrativo è il Comitato Esecutivo Nazionale (N.E.C.). Il Partito in Parlarmento porta avanti la politica del partito nell'ambito delle linee approvate ­dal Congresso a cui deve relazionare ogni anno. Il Partito in Parlamen­to non ha alcun potere di dare istruzioni al N.E.C., né il N.E.C. di darne al Partito in Parlamento. Entrambi sono responsabili soltanto veri il Congresso del Partito» (3).

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(1) Ai lavori del Congresso partecipano di diritto i membri del Comitato esecutivo na­zionale uscente e i membri del parlamento, ma non hanno diritto al voto a meno che non siano anche delegati.

(2) Quando il Partito è al Governo questa organizzazione subisce una piccola modifica. Poiché la maggior parte dei membri del Comitato parlamentare entra a far parte del Go­verno, al suo posto si forma un Comitato consultivo di cui fanno parte di diritto tre Mini­stri più 12 parlamentari eletti, e il cui compito è quello di assicurare un legame tra il Go­verno ed i membri laburisti del Parlamento.

(3) MCKENZIE: British Political Parties; Heinemann, Londra, 1955, p. ll . 2 CORRY and ABRAHAM: op. cit., pp. 315-16.

     Tuttavia tra il N.E.C. e il Partito in Parlamento si stabilisce sempre una certa collaborazione che diventa più intensa quando, all'a­prossimarsi delle elezioni, collaborano congiuntamente alla formula­zione del programma del Partito.

                   c) il sistema bipartitico: il caso americano

    La caratteristica dei partiti americani è che essi mancano di una struttura organizzativa nazionale, e quello che è più importante, essi non hanno iscritti, ma solo simpatizzanti che al tempo delle elezioni si schierano dietro al Partito a cui intendono dare il voto.

   Nei due maggiori partiti americani (Repubblicano e Democratico) «non esiste un'organizzazione nazionale permanente, ma solo una suc­cessione di Comitati temporanei il cui unico scopo è quello di dirigere la campagna per la elezione del Presidente ogni quattro anni» (1).

   La più importante organizzazione nazionale è il Comitato Naziona­le scelto dalla Convenzione nazionale che si riunisce ogni quattro anni per scegliere il candidato del partito alla carica di Presidente degli Sta­ti Uniti.

 Questo Comitato ha il compito di assistere il candidato del Partito alla presidenza durante la campagna elettorale, di procurare i fondi necessari per la campagna stessa e di convocare una nuova Con­venzione in vista delle nuove elezioni dopo tre anni circa.

  Altri due organi nazionali sono il Comitato per la campagna con­gressuale, che assiste gli aspiranti deputati durante la campagna elet­torale, e il Comitato per la campagna senatoriale.

   A livello locale, tuttavia, l'organizzazione del partito si fa più effi­ciente, ma molto spesso questi organi locali cadono sotto la tutela di un "boss" che li domina e li asserve alla sua volontà.

   Le conseguenze di questa mancanza di struttura organizzativa so­no che entrambi i partiti mancano di una disciplina di partito, i gruppi parlamentari mancano di coesione, ogni parlamentare si preoccupa più delle possibili ripercussioni del suo voto nel suo collegio elettorale (da cui dipende la sua rielezione) che delle direttive del partito; en­trambi i partiti mancano di una ideologia, di una propria e caratteriz­zante interpretazione della società in cui dispiegano la loro azione, per cui il loro programma politico è qualcosa di posticcio che viene redatto affrettatamente da qualche comitato durante la Convenzione naziona­le.

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(1) Corry and Abraham, op. cit. pp 315-16

     Mentre il programma del partito ideologico costituisce un vincolo nella sua futura azione di Governo o nel parlamento, il programma del candidato alla presidenza americana è un insieme di slogans che può essere abbandonato anche durante la campagna elettorale stessa. La differenza stessa tra i programmi dei due candidati alla Presidenza che si contendono le elezioni è irrilevante. Tutti elementi questi che fanno sì che i partiti americani siano più delle tendenze di opinioni (partito di opinione) che dei veri partiti nel senso europeo del termine.

d) il sistema a partito unico: il modello fascista

   L'ideologia fascista era fondata sulla dottrina che il popolo, che nella terminologia fascista diventa massa, è incapace di autogovernar­si. Il Governo degli uomini deve essere affidato ad una élite ristretta che la provvidenza ha dotato con le qualità del comando. La struttura del partito era rigidamente gerarchica.

    Al verticee del partito vi era il capo supremo, la cui autorità era indiscussa. Tutti gli altri organi erano nominati dall'alto: ogni organo nominava quello a lui sottostante. Gli iscritti del partito erano considerati i veri credenti, che dovevano diffondere il credo del partito e combattere gli infedeli non solo con i testi sacri del partito, ma anche materialmente, se necessario.

  Il partito era organizzato come un esercito, il cui capo supremo, era il Duce o Fuhrer, e le camicie nere o marrone costituivano le trup­pe. La milizia del partito incominciava nelle organizzazioni giovanili con i gradi di figli della lupa (6 anni), balilla (12 anni), avanguardisti (18), ecc.

e) il sistema a partito unico: il modello sovietico

     Il partito comunista si propone come fine un'organizzazione stata­le in cui tutto il potere è monopolizzato da una sola classe: la classe la­voratrice (v. capitolo VI). Tuttavia questa classe userà il potere solo per instaurare la sua supremazia temporanea sulle altre classi, ma il suo fine ultimo è l'eliminazione di ogni distinzione di classe. Allora, e solo allora, l'individuo avrà raggiunto la piena libertà nell'uguaglianza politica, economica e sociale.

    La presenza di un altro partito non è ammessa perché «il partito è parte di una classe, è la sua parte più avanzata. Più partiti, e, conse­guentemente, la libertà dei partiti, possono esistere solo in una società in cui ci siano classi antagonistiche, i cui interessi siano ostili e inconci­liabili in cui vi siano, diciamo, capitalisti e lavoratori, proprietari ter­rieri e contadini, kulaks e poveri contadini, ecc.

 

   Ma nell'Unione Sovie­tica non ci sono più classi come i capitalisti, i proprietari terrieri, i ku­laks, ecc. Nell'Unione Sovietica ci sono solo due classi, i lavoratori ed i contadini, i cui interessi non sono ostili ma comuni.

  Quindi non c'è spazio nell'Unione Sovietica per l'esistenza di più partiti, e conseguen­temente per la libertà di questi partiti. Nell'Unione Sovietica c'è spa­zio per un solo partito, il partito comunista (1).

                       

                                  La struttura del partito

 

      L'unità di base del partito comunista sovietico (ma quello che di­ciamo quì è valido anche per il P.C.I.) è costituita dalla "cellula" for­mata da non meno di tre iscritti che operano nel luogo di lavoro, sia es­so la fabbrica, l'ufficio, l'ospedale o un piccolo agglomerato urbano.

    Tra la cellula e gli organi centrali del partito vi sono una serie di orga­nizzazioni intermedie che svolgono un duplice compito: fungere da cinghia di trasmissione tra il vertice e la base del partito, organizzando e coordinando il lavoro degli organi immediatamente inferiori, in base alle direttive ricevute, e di portare avanti la politica del partito nell'ambito del territorio assegnato.

    Gli organi centrali del Partito sono il Comitato Centrale, (formato da 125 membri effettivi e 110 membri candidati) che viene eletto dal Congresso nazionale del partito e lo rappresenta tra un Congresso e l'altro. Il C.C. poi si articola in tre organi: 1) il Comitato di controllo del Partito, la cui funzione è di assicurare l'osservanza delle discipline di partito da parte degli iscritti, inoltre funge come organo di appello contro le decisioni dei Comitati Centrali delle singole Repubbliche o dei comitati provinciali per quanto riguarda espulsioni e sanzioni disci­plinari; 2) la Segreteria, che dirige il lavoro corrente, preoccupandosi che la politica del partito sia attuata e seleziona i quadri del partito; in altre parole, controlla lo svolgimento delle attività umane; essa si arti­cola in 11 sezioni:

1) sezione Partito, sindacati e Konsomol 2)        »          propaganda e agitazione

3)         »          sezione speciale

4)         amministrazione politica delle forze armate

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(1) Dal discorso di Stalin al Congresso dei Soviets del 1936, cit. in H. FINER: Govern­ments of GreaterEuropean Powers; Menthuen & CO., Londra, 1956, p. 790.

 

 

5)         industria pesante


6)         »          agricoltura

7)         »          pianificazione, finanza, commercio

8)         »          sezione estera

9)         industria leggera

10)       »          trasporti

11)amministrativa;

 

3) Il Presidium del Partito (formato da dieci membri effettivi e quattro membri candidati) il cui compito è di dirigere i lavori del Comitato Centrale tra una sessione plenaria e l'altra.      

 

   Quest'ultimo organo è il reale detentore di tutti i poteri e manovra a suo piacere il Congresso del Partito che per statuto dovrebbe essere il massimo organo deliberante del partito, come è nei partiti democratici, e il Comitato Centrale che dovrebbe essere il curatore della volontà del Congresso.

                            Il centralismo democratico

     Il centralismo democratico sulla carta significa che tutti gli organi dirigenti del partito vengono eletti dal basso e sono responsabili verso le organizzazioni a cui appartengono; significa, infine, libertà di critica all'interno del partito e verso le persone o gli organi a tutti i livelli.

    «La conquista e il mantenimento della dittatura del proletariato è impossi­bile senza un partito forte nella sua coesione e nella sua disciplina di ferro... Questo naturalmente, non significa che all'interno del partito è esclusa ogni possibilità di conflitto di opinioni. Al contrario, la discipli­na di ferro non preclude, ma presuppone la critica e il conflitto di opi­nioni all'interno del partito. Meno di tutto significa che questa discipli­na deve essere cieca ed assoluta. Al contrario, la disciplina di ferro non preclude, ma presuppone la sottomissione cosciente e volontaria, poiché solo la disciplina cosciente può essere una vera disciplina di fer­ro».

    «Ma dopo che la discussione è terminata, dopo che la critica ha avuto il suo corso ed una decisione è stata presa, l'unità di intenti e d'azione dei membri del partito diventa condizione indispensabile sen­za la quale l'unità del partito e la disciplina sono inconcepibili.

    «Ne consegue che l'esistenza di fazioni è incompatibile con l'unità del partito e con la sua disciplina» (l) .

    Nella pratica, invece, significa dominio assoluto di una oligarchia ristretta di membri del partito (secondo le stime di Stalin questi sono 3-4000 contro una massa di circa otto milioni di iscritti), dominio asso­luto ed incontrastato degli organi centrali del partito, negazione cate­gorica di qualsiasi forma di critica, accettazione incondizionata della li­nea politica del partito, imposizione dall'alto dei candidati alle varie cariche.

    L'unica libertà rimasta alla massa degli iscritti, direbbe un noto studioso, è la libertà di obbedire.


5. - LA NOMINA DEI CANDIDATI ALLE ELEZIONI POLITICHE

La scelta dei candidati alle elezioni politiche, negli Stati in cui esi­ste un sistema di partito a carattere ideologico, è fatta dal singolo par­tito (tuttavia sono ammesse altre forme). La procedura più comune è che essi sono nominati dagli organi locali che agiscono nel collegio in questione, oppure vengono scelti dagli organi locali, ma devono rice­vere l'approvazione degli organi centrali.

    I criteri che guidano i partiti nella scelta dei candidati sono: 1) la milizia nel partito dell'aspirante candidato; 2) la sua fedeltà al partito; 3) la sicurezza che l'aspirante candidato accetti la ferrea disciplina di partito necessaria per il buon funzionamento dell'organizzazione.

  Negli Stati Uniti, invece, la scelta dei candidati è prevista ed orga­nizzata secondo i termini di legge (questo per cercare di rompere il monopolio dei boss locali del partito).

    Essa è organizzata dalle autorità come una elezione vera e propria «e si svolge generalmente nelle stesse sedi elettorali; ma essa opera all'interno di ogni partito. Ogni elettore sceglie fra i candidati del suo partito che ne difenderà i colori alle elezioni ... »(2).

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(1) GIUSEPPE STALIN, cit. in H. FINER: op. cit., p. 856.

(2) M. DUVERGER: Ipartiti politici; Ed. Comunità, 1961, p. 442

   Queste elezioni, conosciute con il nome di primarie, sono tenute in tutti gli Stati componenti. «A seconda degli Stati si distinguono prima­rie chiuse e primarie aperte: le une e le altre presentano caratteri assai vari. Nelle prime soltanto gli elettori repubblicani possono partecipare alla nomina dei candidati repubblicani e soltanto i democratici possono partecipare alla nomina dei candidati democratici.

  Ma come si deter­mina se il tale o il tal altro candidato sia o no repubblicano o democratico? Il procedimento più corrente è quello della registrazione che può avvenire al momento della registration: si dichiara a quale partito ­si intende vincolarsi per la primaria e non si può cambiare se non con laregistrazione successiva.

    O ancora, la registrazione avviene all'interno del seggio elettorale, dove si riceve il ballot (scheda) del partito scelto: se si volesse modificare la propria affiliazione per la successiva primaria, occorrerebbe ottenere, qualche tempo prima, un certificato del cancelliere, con un limite di tempo variabile da sei mesi a dieci giorni, a seconda degli Stati. Alcuni Stati impongono un test di fedeltà al partito, comunemente chiamato "challenge"; all'entrata nel seggio elettorale, l'elettore chiede la scheda di un partito, ma prima di congnargliela, gli viene richiesto di dichiarare d'aver sostenuto i candidati ­del partito nelle ultime elezioni e che li sosterrà nelle prossime»(1).

    In Italia durante la dittatura fascista, che abolì il sistema uninomi­nale per sostituirvi il sistema del collegio unico nazionale, i candidati (400) erano scelti dal Gran Consiglio del fascismo da una lista di mille aspiranti sottopostagli dalle Corporazioni e dalle altre organizzazioni sociali riconosciute.

    Tuttavia il Consiglio poteva scegliere anche can­didati che non erano inclusi nella lista. La legge ammetteva la presen­za di altre liste alle elezioni, purché presentate da organizzazioni con più di cinquemila iscritti. In realtà non era presentata nessun'altra lista perché nessuna or­ganizzazione aveva la possibilità di esistere senza il consenso del parti­to fascista.


6. - PECULIARITÀ DEL SISTEMA PARTITICO ITALIANO

    La caratteristica fondamentale del sistema partitico italiano è la sua eccessiva frammentazione. Mentre negli altri paesi, a sistema de­mocratico più maturo, esistono solo due partiti fondamentali, il con­servatore e il progressista, in Italia esiste un sistema partitico fondato sul numero tre: destra, centro, sinistra. La trinità magica di tutta la vi­ta

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(1) M. DUVERGER: op. cit., pp. 422-23.

 

sociale e politica italiana. A sua volta, all'interno di ogni partito tro­viamo la stessa divisione: una destra, un centro e una sinistra. Ma que­sti sono raggruppamenti di massima, perché, se fosse la sola realtà, sarebbe accettabilissima: in fondo, il sistema sarebbe alquanto sempli­ficato. Essi, invece, costituiscono il punto di partenza di un'ulteriore divisione. Un po' come i colori, di cui esistono varie gradazioni, essi vanno da un'estrema destra (MSI) alla destra (PLI); da un centro (DC) al centro spostato a sinistra (PSDI); da una sinistra prossima al centro (PRI) ad una sinistra (PR e PSI); da una sinistra più avanti (PCI) ad un'estrema sinistra (DP).

   E questa stessa frammentazione si verifica anche all'interno dei partiti, forse in forma anche più esasperata. All'interno di ciascun partito è nata una serie di gruppi organizzati (1) (le cosiddette "correnti") che travalicano la divisione classica di destra, centro e sinistra (del partito). Esse coprono tutto l'arco delle sfumatu­re politiche, ma molto spesso hanno una chiara, distinguibile e caratte­rizzante posizione politica all'interno del partito: esse sono dei gruppi che lottano per il potere nel partito o rappresentano degli interessi.

   Il loro numero varia da partito a partito. Nei partiti maggiori se ne conta­no fino a 11, tanto che alcuni hanno parlato del partito italiano come di un "arcipelago" di correnti.

Il fenomeno delle "correnti" organizzate è un fenomeno deterio­re. Esso rappresenta l'esasperazione di un principio democratico fon­damentale all'interno di ogni organizzazione politica: quello della libe­ra circolazione delle idee attraverso il metodo della discussione.

Quan­do questo principio è operante, il militante conserva intatta la sua li­bertà di coscienza e le maggioranze e le minoranze sono mobili. Esse si formano sui singoli problemi o sulle singole scelte, per cui il fenome­no delle "correnti" organizzate non ha motivo per verificarsi.

In altri termini, quando le regole del gioco democratico sono rispettate, all'interno dei partiti si possono aggregare "correnti" di idee sui singoli problemi, ma esse non sono rigide, non sono cristallizzate, non sono organizzate, nel senso che non hanno una propria struttura permanen­te. Esse sono mobili.

           

   Il fenomeno delle "correnti" è diventato negativo perché esse, a causa della loro rigidità e cristallizzazione, sono diventate un partito nel partito, tanto che, nella spartizione del potere politico, esse deveno essere soddisfatte in base al loro peso all'interno del partito e, affinchè questa spartizione sia la più precisa possibile, si elaborano  dei  "manuali"  (vedi  il  manuale  Cencelli  della  DC,  ma tutti gli altri partiti

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(1) Solo nel PCI non esistono gruppi organizzati

fanno ricorso a simili metodi di spartizione) che operano non in senso politico, ma aritmetico. Cioè, ogni "corrente" ha un peso che le deriva non dal contributo di idee che ha fornito (che, d'altronde, sarebbe difficilmente misurabile), ma dalla percentuale dei voti congressuali che hanno conquistato. E questo dà vita ad un altro fenomeno negativo: l’accaparramento delle tessere.

    Il potere all'interno del partito dipende dal numero dei voti che sono conquistati sulla propria posizione. Tanto più alto è il numero dei voti, tanto maggiore sarà il potere a cui si ha diritto. E i voti sono tessere. Tessere che, in teoria, appartengono ai singoli militanti, ma di fatto vengono controllate dalle singole correnti che, molto spesso, ne hanno pagato, in moneta contante, il costo.

    Per la loro gestione, le "correnti", proprio come il partito nelle sua interezza, hanno bisogno di finanziamenti. In teoria, questi finan­ziamenti dovrebbero essere forniti dal partito, ma di fatto i mezzi che arrivano da quest'ultimo sono scarsi o nulli, perché anch'esso ha pro­blemi di questa natura.

   Il partito italiano è un partito ideologico di massa con una propria struttura che abbraccia tutto il territorio nazionale. Questa struttura è retta da una classe di funzionari che opera a tempo pieno e quindi è al­le dipendenze del partito. Il partito, per far fronte a tutte le sue esigen­ze. ha delle proprie fonti di finanziamento, che sono: 1) le quote annua­li versate dagli iscritti; 2) le sottoscrizioni; 3) il ricavato delle attività economiche svolte dalle organizzazioni parallele; 4) le donazioni di pri­vati.

   Le fonti stabili, su cui esso può contare, sono la 1) e la 3). La se­conda è eccezionale, la 4) può essere a flusso continuo, ma essa ha i propri pericoli, di cui parleremo più avanti. Le due fonti stabili sono assolutamente insufficienti a far fronte a tutte le spese della macchina del partito che, oltre a quella organizzativa, deve svolgere un'attività di propaganda continua, che si accentua nel momento elettorale.

La 2) non è sempre praticabile perché darebbe, se frequente, un gettito pro­gressivamente decrescente. La 4) molto spesso è fonte di corruzione. Il privato che fa donazioni al partito (le quali sono sempre occulte), nella quasi generalità dei casi, si aspetta delle contropartite imme­diate o future.

    E queste contropartite possono essere di varia natura, ma sono sempre illegittime e illegali. Se la donazione viene da un ente a partecipazione statale, e in questo caso si parla di fondi neri, la contropartita è il beneficio che ne riceve il dirigente o l'ente stesso: futura riconferma nell'incarico, riconoscenza per la nomina ricevuta o possibilità, per l'ente, di operare con una certa autonomia.

    Se, in­vece, il finanziamento viene da organismi privati, la contropartita può essere una politica governativa che favorisce un settore partico­lare dell'economia o un allentamento dei controlli su questo settore. Quando la donazione proviene dal privato singolo si parla impropria­mente di finanziamento; in realtà si tratta di una tangente, una quota percentuale di un guadagno che proviene da un appalto di opere pubbliche o dalla fornitura allo Stato o ad un ente pubblico.

    Questa è la forma più diffusa di finanziamento, a cui ricorrono non solo i par­titi, ma anche le correnti, quando i loro leaders occupano posti di ri­lievo nell'amministrazione pubblica.

    Per combattere questa forma di corruzione, che mina le fonda­menta della democrazia, e per rafforzare il principio della moralizza­zione della cosa pubblica, nel 1974, sull'onda di scandali che avevano scosso tutto il sistema e la fiducia dei cittadini verso i partiti, fu introdotto il principio del finanziamento pubblico dei partiti, che fu ap­provato per legge.

    Allora si parlò di punto di svolta, «un passaggio decisivo per trasformare il sistema politico in una casa di vetro»: la fine di ogni forma di corruzione. L'esperienza dell'ultimo decennio ha dimostrato che questa leg­ge non ha risolto il problema. Le antiche forme di corruzione sono continuate. I partiti non sono diventati case di vetro, in cui ognuno può leggere. I loro bisogni di fondi si sono accentuati e i loro bilanci, tranne poche eccezioni, sono costantemente in rosso.


SPUNTI PER LA DISCUSSIONE IN CLASSE


1)       Destra e sinistra hanno perso il loro significatp storico. Esse non corrono più lungo le linee partitiche. I progressisti (sinistra) e i conservatori (destra) li troviamo all’interno di ogni partito. Ecco perchè da molte parti si sostiene che i partiti tradizionali sono ormai superati e si richiede una nuova organizzazione del consenso popolare. Tu che ne pensi?

 

2)       La maturazione democratica ha fatto superare, quasi totalmente, la caratterizzazione del partito politico come portatore degli interessi di una sezione della società (classe operaia, ceti medi, ecc.). le ideologie si sfumano e tutti tendono a diventare interclassisti, per presentarsi come portatori degli interessi di tutti gli strati sociali. Tu credi che questo sia un bene o un male?

3)       La correntemania è un male che affligge tutti i partiti, tranne uno: il PCI. In questo partito impera il centralismo democratico. Secondo te quale dei due sistemi è preferibile o sono tutt’e due da modificare?

4)       Il partito americano rispecchia la caratteristica fondamentale di questa nazione: il pragmatismo. I partiti americani sono  partiti pragmatici, ma questo pragmatismo, che prima era rigettato da tutti i partiti ideologici italiani, comincia a fare breccia anche in Italia, dove alcuni partiti non temono di autodefinirsi pragmatici. Tu vedi questo come uno scadimento del partito italiano o come una maggiore aderenzaall’evoluzione dei tempi che privilegia i problemi rispetto alle ideologie?

5)       Nella scelta dei candidati alle elezioni politiche, alcuni partiti hanno cercato di introdurre il sistema americano delle “primarie”. Pensi che un tale sistema potrebbe funzionare in Italia? Come ha funzionato nella scelta dei candidati D.C. alle elezioni regionali del 1985?

6)       Secondo te il partito dovrebbe autofinarziarsi o lo Stato deve contribuire al suo finanziamento, data l’importante funzione che esso svolge nell’organizzazione del consenso popolare?

 
 
Indice analitico
Prefazione
Capitoli
1) Concetto di Nazione
2) Concetto di Stato
3) Concetto di Sovranità
4) La Costituzione
5) Forme di Stato
6) Democrazia e Dittatura
7) Forme di Governo
8) Funzioni dello Stato
9) Stato ed individuo
10) Il Parlamento
11) La Giustizia
12) La Pubblica Amministrazione
13) La Finanza pubblica
14) I partiti politici
15) Voto e sistemi elettorali
16) L'opinione pubblica
 

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