Capitolo
XI
LA GIUSTIZIA E LA SUA ORGANIZZAZIONE
Tutte le società civili sono fondate
sull'ordine, il quale si concretizza nel corretto e pacifico rapporto tra gli
individui. Dove questo rapporto non è regolato da una autorità suprema, in cui
ognuno si sente rappresentato, ma è lasciato al capriccio o all'arbitrio degli
individui, non vi ordine, ma caos. E dove esiste il caos c'è la barbarie, il
terrore, la paura l'insicurezza. In breve, dove c'è caos non ci può essere
civiltà.
La civiltà si distingue dalla barbarie
appunto perché essa è governata da un insieme di regole (leggi) che
stabiliscono e fissano il rapporto tra i cittadini e tra i cittadini e lo
Stato, che stabiliscono e fissano le sanzioni (pene) contro coloro che vengono
meno alla loro osservanza.
Ma l'esistenza delle leggi in sé e per sé
non è garanzia di ordine. L’ordine si può avere solo se dietro di esso vi è una
autorità legalmente investita del potere di usare la forza per farle rispettare
e un'autorità (la magistratura), indipendente da tutti gli altri poteri dello
Stato (e questo salvaguardia del cittadino), che abbia il potere esclusivo di
interpretarle ed applicarle, ed abbia alle sue dirette dipendenze un nucleo di
polizia investigativa, in modo da garantire il cittadino contro le brillanti
iniziatidi poliziotti troppo zelanti.
1- LE LEGGI
La maggior parte delle nazioni del mondo
occidentale è governata da due differenti sistemi di leggi: il sistema
anglosassone della Common Law, o diritto non scritto, che é adottato da tutti i
paesi dì lingua inglese (Gran Bretagna, Stati Uniti, Australia, Nuova Zelanda,
Canadà), e sistema del diritto scritto o diritto romano, a cui si rifanno quasi
tutti
gli altri paesi.
2. - IL SISTEMA DELLA
COMMON LAW O DIRITTO NON SCRITTO
«Nel sistema anglo-americano della
Common Law, le leggi non sono produzione esclusiva dello Stato o Sovrano,
sebbene la loro applicazione può essere sua esclusiva. Gran parte delle leggi è
prodotta nei tribunali ordinari dai giudici che giudicano controversie
specifiche tra privati cittadini” (1) .
Un breve cenno storico ci aiuterà a capire
meglio la sua natura. il suo meccanismo e le sue principali caratteristiche.
Nell'Inghiiterra feudale del XII secolo, lo
Stato era diviso in numerose contee, ognuna delle quali aveva un sistema di
leggi proprio ed indipendente, basato sui costumi e sulle tradizioni locali,
per cui non di rado accadeva che un reato punito in una contea con una ammenda
di pochi scellini, in un'altra veniva punito con una pena molto più grave.
Per ovviare a questo stato di cose, Enrico
Il (1133-1189) avocò ai potere centrale le cause più importanti e diede vita ad
un gruppo di giudici itineranti che aveva il preciso compito di recarsi nelle
varie contee per presiedere le cause di competenza del governo centrale e
cercare di emettere sentenze che, pur rispettando i costumi e le tradizioni
locali, potessero trovare uniforme applicazione in tutto il territorio
nazionale.
Il principio che doveva guidarli, nelle
loro lunghe peregrinazioni, per le varie contee, può essere così sintetizzato:
a reati simili, pene simili in tutte le contee. E la Common Law vuole
appunto significare legge comune a tutte le contee del regno in
contrapposizione a Local Law o legge locale.
Se vogliamo, possiamo definire la Common Law come il
corpo delle leggi che i giudici hanno tratto dai costumi, dalle situazioni
concrete che si presentavano, e dalle tradizioni nel corso dei secoli, o
diversamente la Common Law
è l'insieme dei vecchi costumi e delle vecchie tradizioni trasformate in leggi
che hanno forza in tutto il paese.
La sua caratteristica principale è che essa
non è un insieme di norme prestabilite da un potere legislativo che il giudice
deve interpretare ed applicare al caso concreto, ma è, come abbiamo visto, un
insieme di sentenze che i giudici hanno emesso su casi concreti basando il
loro giudizio sulla consuetudine e sulla tradizione.
______________________________________________________________________
(1) ENCICLOPEDIA
BRITANNICA: Homae Reading Guide: Business Law, p. 2.
.
Altra importante caratteristica è che ogni
sentenza emessa da un giudice
costituisce un precedente a cui in casi simili gli altri giudici devono
attenersi. Questo potrebbe far pensare che, essendo basata e costretta ad
uniformarsi ai giudizi precedenti, la Common Law sia rigida ed incapace di espandersi
per includere nuovi casi che la nuova realtà viene ponendo (1).
Nulla può essere più lontano dal vero.
Ancora oggi è possibile trasformare una consuetudine in una legge: in una
legge locale (Locai Law), cioè una legge che ha efficacia in un'area
particolare la consuetudine invocata ha
carattere locale; in una legge comune (Common Law) se la consuetudine ha
carattere generale.
Nel primo caso bisogna dimostrare che la
consuetudine risale ai tempi antichissimi ed esisteva già quando iniziò la
"memoria legale", arbitrariamente fissata dal 1189 (anno di morte di
Enrico II); nella pratica basta dimostrare che essa è sempre esistita a memoria
d'uomo. Inoltre la conssetudine deve essere stata continua e il diritto ad
osservarla non deve essere stato interrotto. La sua area di applicazione deve
essere certa e definita; deve essere ragionevole e deve avere forza
obbligatoria, cioè la gente si deve sentir obbligata ad osservarla. Infine,
deve essere consistente e non contrastante con la Common Law e con la
"statute law" (diritto scritto).
Nel secondo caso il requisito essenziale
perché una consuetudine, un uso, una pratica sia elevata a dignità di legge,
non è (come nel primo) la sua esistenza da tempo immemorabile (anche perché in
questo secondo caso rientrano principalmente le transazioni commerciali che
mutano col mutare del sistema di produzione e di scambio), ma la sua universale
accettazione o il suo preminente interesse pubblico. Ed è proprio la
elasticità di questo ultimo criterio che consente alla Common Law di adeguarsi
costantemente alle mutevoli condizioni di una società in continua evoluzione,
che. creando nuove situazioni, mette il giudice nella necessità di giudicare da
un angolo visuale che sia più aderente alla nuova realtà.
Tuttavia, il quadro che abbiamo tracciato
di questo sistema non sarebbe completo se non aggiungessimo che, accanto alla
Common Law, esistono altri due tipi di leggi: la "Statute law" o
diritto scritto, di produzione parlamentare, a cui la Common Law deve cedere
il passo in caso di conflitto e la "equity law” che è un gradino al di
sopra della common lawn ed è sorta appunto come necessità di riparare alle
contraddizioni più vistose della Common Law.
_____________________________________________________________________
(1) Cfr. K. SMITH and
D.J. KEENAN: English Law; Pitman, Londra, 1963, p. 5 e seg.
3. - IL DIRITTO ROMANO
Se la caratteristica principale della common
law è la sua flessibilità, la sua capacità di adattamento alle esigenze di una
società in continua evoluzione, la caratteristica del diritto scritto, o
diritto romano, è la sua rigidità e la sua incapacità di uniformarsi
automaticamente alle mutevole realtà di una società dinamica.
Nei paesi che adottano il sistema del
diritto romano, le leggi sono prodotte esclusivamente dal parlamento e vengono
raccolte nei cosiddetti codici, i quali restano in vigore, se il legislatore
non si preoccupa di modificarli con una nuova legislazione, anche quando hanno
finito di svolgere la loro funzione sociale o sono in aperto contrasto con la
nuova realtà; per cui è stato detto (e giustamente) che questo sistema è più
conservatore del sistema anglosassone. Infatti esso può avere un effetto
frenante sullo sviluppo del costume della nazione che lo adotta.
Comunque è vero anche il contrario.
L'efficiente funzionamento della macchina statale, la prontezza e la
sensibilità del legislatore possono renderlo un elemento propulsore del
costume. Basta che il legislatore avverta il mutamento in atto e lo favorisca
legiferando, sempre che la macchina dello Stato glielo consenta.
4. - LE
CLASSIFICAZIONI DEL DIRITTO
Le due branche
fondamentali del diritto sono il diritto pubblico e il diritto privato.
Per diritto pubblico si intende quel
complesso di regole (norme o leggi) che
regolano il rapporto tra lo Stato e gli Enti pubblici e tra lo Stato ed i
cittadini quando i primi (Stato ed Enti pubblici) agiscono come organi dotati
di sovranità, per cui godono di una posizione di supremazia nei confronti dei
cittadini.
Per diritto privato si intende quel
complesso di norme che regolano i rapporti tra i cittadini, e tra i cittadini e
lo Stato o Enti pubblici, quando quest'ultimi agiscono non come organi dotati
di sovranità, ma come privati, cioè quando agiscono su un piede di uguaglianza
con i privati.
Il diritto pubblico a sua volta si divide in
diritto costituzionale, diritto amministrativo, diritto penale, diritto
ecclesiastico e diritto finanziario. Il diritto privato comprende il diritto
civile e il diritto commerciale.
Lo scopo di questo testo non ci consente di
prendere in esame tutte queste classificazioni, perciò limitiamo il nostro
esame (che necessariamente dovrà essere sommario) al diritto penale, diritto
amministrativo e al diritto privato.
a) il diritto penale
Le leggi hanno lo scopo di proteggere la
collettività dall'azione di qualsiasi individuo che per vari motivi metta in
pericolo l'incolumità dei suoi simili, ne attenti i beni o ne limiti o meno i
diritti fondamentali. Quindi commette reato non solo chi attenta alla vita
delle persone o chi commette furti o rapine, ma anche chi, essendo chiamato a
tutelare la sicurezza dei cittadini e dei loro beni (la polizia) usi, per
eccesso di zelo, metodi e sistemi, come la tortura fisica ecc., che menomano i
diritti riconosciuti dell'individuo. I reati contemplati da queste leggi sono
puniti, a seconda della loro gravità, con la pena di morte (Stati Uniti ecc.),
con la detenzione, con multa e ammenda, con la rimozione dalla carica, con
l'interdizione dalle cariche pubbliche, ecc.
b) il diritto privato
Oltre a vivere in una società organizzata,
l'individuo vive a contatto dei suoi simili, con i quali entra in un complicato
sistema di rapporti: affettivi, economici, culturali, professionali, ecc.
Questi rapporti nella maggior parte dei casi si svolgono pacificamente e nella
concordia, ma altre volte sono turbati da contrasti e da animosità, per cui,
quando il contrasto non può essere sanato diversamente, si deve fare ricorso al
giudice.
Persone unite da vincoli di parentela
possono essere in contrasto per motivi di interesse; un commerciante o un uomo
d'affari possono essere contrasto con il loro fornitore e col loro cliente per
la mancata consegna o il mancato pagamento della merce; una persona può essere
in contrasto con un'altra a causa di un danno subito; una persona, infine, può
essere in contrasto con un'altra a causa della diffusione di false notizie, da
parte di quest'ultima, che tendono a diffamare la sua rispettabilità. In tutti
questi casi si ricorre al giudice, il quale, applicando le leggi che quel caso
contemplano, giudica quali delle parti ha ragione e, in caso vi siano danni
(possono essere morali o alle cose), stabilisce la quantità del risarcimento
che l'offensore deve alla parte lesa.
c)
il diritto amministrativo
Per diritto amministrativo intendiamo quel
complesso di norme che regolano e disciplinano l'attività degli organi dello
Stato e degli Enti pubblici; che regolano e disciplinano i rapporti tra
quest'ultimi ed i cittadini; che regolano e disciplinano il rapporto di impiego
tra questi organi e persone fisiche (impiegati) che sono alle loro dipendenze.
5. - LA STRUTTURA DEI
TRIBUNALI IN ITALIA
a) gli organi
della giustizia civile
Al primo gradino degli organi della
giustizia civile troviamo i giudici di pace (che non appartengono alla
magistratura, ma sono giudici onorari) che hanno competenza a giudicare le
cause civili di valore minimo. Contro le decisioni dei giudici di pace ci si
può appellare all'organo che si trova al gradino successivo: il Pretore, il
quale pronuncia la sentenza finale.
Il Pretore, oltre ad essere giudice di
appello, è competente a giudicare, in primo esame, le cause civili (ma svolge
anche funzioni penali, come vedremo più avanti) di valore superiore a 100.000
lire. Tutte le cause che non ricadano nella sfera di competenza del giudice di
pace o del Pretore sono di competenza del tribunale, il quale è anche l'organo
di appello contro le decisioni del Pretore (prima istanza). L'organo di appello
contro le sentenze dei tribunali è la
Corte di appello (una per regione) formata da cinque
giudici.
Al vertice di questa struttura si trova La Corte di Cassazione (7
giudici), alla quale si può ricorrere avverso le sentenze degli organi
inferiori, ma solo per controllare, su richiesta delle parti, se questi hanno
applicato esattamente la legge.
b) gli organi della
giustizia penale
Il primo organo della giustizia penale è il
Pretore. il quale è competente a giudicare tutte quelle cause che prevedono
una pena detentiva non superiore a tre anni. Il secondo è il tribunale penale,
il quale giudica quei reati che non sono di competenza né del Pretore, né della
Corte di Assise.
Le Corti di Assise (di primo e di secondo
grado) sono competenti a giudicare i delitti di strage, di omicidio, di
infanticidio, di rapina ed estorsione aggravata, di sequestro di persona, ecc.
Anche qui il legislatore, cosciente della
fallacità umana, ha voluto prevedere un meccanismo di maggior sicurezza e
garanzia per il cittadino, per cui ogni controversia può essere sottoposta ad
un duplice esame, se il giudicabile decide di ricorrere in appello contro la
decisione del giudice di prima istanza. Il giudice di appello è quello
immediatamente superiore. Tuttavia anche nella giustizia penale è possibile un
terzo esame ricorrendo alla Corte di Cassazione, ma solo per far controllare
se i giudici di prima e di seconda istanza hanno applicato esattamente la
legge.
a) la
giustizia amministrativa
La giustizia amministrativa è rappresentata
dal Consiglio di Stato e dai
Tribunali amministrativi regionali (T.A.R.).
Il Consiglio di Stato è formato da sei
sezioni, le prime tre svolgono funzioni consultive (v. Cap. XI), le seconde tre
funzioni giurisdizionali. Ad esso si può ricorrere: 1) contro qualsiasi atto
della P.A. che leda un interesse legittimo, purché questo atto sia definitivo
e il ricorso sia presentato entro 60 giorni dalla ratifica dell'atto; 2) contro
le decisioni della Giunta Provinciale Amministrativa, la cui competenza è
limitata agli atti degli Enti locali e al rapporto tra quest'ultimi e i loro
impiegati; 3) contro decisioni del T.A.R.
6. - LA MAGISTRATURA
Negli Stati moderni il grado di libertà
del cittadino dipende dal grado di autonomia della magistratura dagli altri
poteri dello Stato. Ad essa è affidato il delicatissimo compito di proteggere
il cittadino non solo contro la violenza dei suoi simili, ma anche contro
l'invadenza degli organi esecutivi dello Stato, i quali, essendo investiti del
potere legale di usare la forza, potrebbero essere tentati a restringere la
sfera delle libertà del cittadino.
Se essa fosse posta sotto il controllo
sotto la direzione degli altri poteri dello Stato o se, comunque, essa ne
subisse l'influenza, le potrebbe essere difficile mantenere quella imparzialità
e serenità di giudizio che sono condizioni essenziali per il suo corretto
funzionamento.
L'indipendenza della magistratura può
essere assicurata solo adottando un metodo di reclutamento dei giudici che sia
al di fuori delle possibili influenze degli altri poteri ed un metodo di
sviluppo delle carriere che sia autonomo ed indipendente.
Il metodo di reclutamento dei giudici è
importante non solo per garantire l'indipendenza del magistrato, ma anche per
assicurare che sia il migliore ad occupare una carica così essenziale alla
sicurezza e alla libertà del cittadino.
Dove il reclutamento avviene tramite
elezioni popolari periodiche, come negli Stati Uniti (sistema statale, v. Cap.
IV), non solo i posti sono molto spesso occupati dai meno capaci, ma accade
anche che i magistrati «siano esposti ad essere dominati da influenze
personali e politiche, in quanto il giudice non può dimenticare la sua
rielezione, ed è tentato a compiacere coloro che nella elezione possono
influire»(1).
_______________________________________________________________________
(1) 'J. BRYCE: Democrazie
moderne; Mondadori, 1949, p. 559
Dove, invece, il reclutamento avviene
tramite nomina a vita da parte del Lord Chancellor (Lord Cancelliere), come
nella Gran Bretagna, o da parte del Presidente con l'assenso del Senato, come
negli Stati Uniti (sistema nazionale), molto spesso non si sfugge alla
tentazione di farsi guidare da considerazioni politiche; tuttavia bisogna ammettere
che, quando questo avviene, il giudice ha dato sempre prova della sua indipendenza dall'organo che lo ha nominato,
come l'esperienza di questi due paesi dimostra.
Il miglior modo di reclutamento è senza
dubbio quello dell'esame concorso adottato dall'Italia e da altri paesi, il
quale non solo garantice il successo del migliore, ma assicura anche la
massima indipendena della magistratura dagli altri organi.
Tuttavia bisogna precisare che questo metodo
dà ottimi risultati inn un paese come l'Italia dove la carriera del magistrato
è separata e distinta da quella dell'avvocato, ma sarebbe di difficile
applicazione in in Paese come gli Stati Uniti o la Gran Bretagna dove
la carriera del magistrato è il coronamento di una lunga e brillante carriera di
avvocato.
Ma il metodo di reclutamento da solo non
basta per garantire l'indipendenza del giudice dagli altri poteri dello Stato
e dal potere esecutivo in particolare. Se lo sviluppo della carriera del
giudice dipende da un organo politico, sia esso un Ministro o un Consiglio di
Ministri, c'è sempre il pericolo che il giudice nell'espletamento delle sue
funzioni si comporti in modo tale da non dispiacere l'organo da cui dipende la
sua carriera, e questo può significare che il cittadino non è affatto sicuro di
trovare giustizia contro gli atti del potere politico che ledono i suoi diritti.
Quando in Italia, durante il fascismo, la carriera del giudice dipendeva dal
Ministro di Grazia e Giustizia la magistratura divenne uno strumento
formidabile per consolidare il potere del partito fascista.
Nell'Italia democratica dei nostri giorni,
l'indipendenza e l'autonomia della magistratura sono assicurate dal fatto che
al vertice della sua organizzazione è stato istituito un nuovo organo: il
Consiglio Superiore della Magistratura, il quale è investito di quei poteri,
quali «le assunzioni, le assegnazioni e i trasferimenti, le promozioni e i
provvedimenti disciplinari nei riguardi dei magistrati» (1) che una volta
erano di pertinenza del Ministro di Grazia e Giustizia e costituivano, perciò,
motivo di vincolo del magistrato verso l'esecutivo.
_______________________________________________________________________
(1) Art. 105 della
Costituzione italiana.
7. - LA CRISI DELLA
GIUSTIZIA IN ITALIA
L'esperienza storica italiana degli ultimi
anni, tuttavia, ha dimostrato che l'indipendenza e l'autonomia della
Magistratura non sono messe in pericolo dall'esterno, cioè dagli altri organi
dello Stato e dal Governo in particolare. Ormai negli Stati democratici moderni
è profondamente radicato il concetto della separazione dei poteri, che è a
fondamento e a garanzia del potere democratico.
L'indipendenza e l'autonomia della
magistratura sono messe in pericolo dall'interno della magistratura stessa, e cioè
dalla politicizzazione e dal protagonismo dei singoli magistrati.
Amministrare la giustizia significa
garantire la certezza del diritto e la certezza del diritto è garantita solo
quando il magistrato, oltre ad essere indipendente e autonomo, riesce a
garantire anche la sua imparzialità. La giustizia di parte non è giustizia: è
la prevaricazione di un potere che persegue fini di diversa natura: politici,
sociali, economici, ideologici, ecc.
Nel passato questa giustizia di parte era
istituzionalizzata ed era esercitata a favore della classe egemone detentrice
del potere politico. Il proprietario di Adam Smith, come abbiamo visto nel
capitolo VIII, poteva dormire i suoi sonni tranquilli solo se c'era una
magistratura che salvaguardava il suo diritto di proprietà dalla classe
sfruttata.
Oggi, l'evoluzione del diritto ha fatto
giustizia di questa concezione. La giustizia non è di parte, anzi postula
l'uguaglianza dei cittadino: di fronte alla legge (art. 3 della costituzione) e
alla magistratura è stato affidato il compito di garantire questa uguaglianza.
Per questo al singolo magistrato, oltre all'indipendenza e all'autonomia, è
stata data tutta una serie di garanzie che lo metteno al riparo da qualsiasi influenza
che non sia la sua coscienza. È reclutato per concorso, è inamovibile, si
distingue solo per le sue funzioni e l'azione disciplinare contro di lui è
esercitata da un organo di autogoverno.
Ma tutto questo non si è dimostrato
sufficiente per garantire al cittadino la certezza del diritto e
l'imparzialità del giudice. Spesso il singolo magistrato porta con sé sullo
scranno le sue passioni politiche e le sue esigenze di mettersi in mostra
(protagonismo) che lo fanno allontanare da quell'esigenza di equilibrio e di
prudenza indispensabili nella sua funzione.
Quando il giudice è sensibile alla
motivazione politica, intesa come adesione ideologica ad un partito (pratica
piuttosto diffusa), alla lusinga della ricchezza, intesa come esigenza di
vivere al di sopra dei propri mezzi, e del potere, vissuto, quest'ultimo,
"come delirio di onnipotenza” (molto diffuso tra i pretori, per cui si
parla di "pretori d'assalto"), la giustizia è in crisi e la
magistratura nella sua interezza (anche se i guasti sono opera di una
minoranza) perde di credibilità e con essa lo Stato.
SPUNTI PER LA DISCUSSIONE IN
CLASSE
1)
Alcuni pensano che la crisi della
magistratura dipende anche dal metodo di reclutamento dei giudici. Il concorso
immette nei ranghi della magistratura persone che sono ancora in preda alle
passioni giovanili (pensa ai pretori d’assalto) per questo pensano che il
concorso dovrebbe essere accompagnato da un corso di formazione professionale.
Tu che ne pensi?
2)
Alcuni pensano di correggere il
protagonismo di certi magistrati portando il magistrato d’accusa, il pubblico
ministero, alle dipendense e sotto il controllo del potere politico. Altri
temono che, se questa proposta dovesse concretizzarsi, questo ufficio, così
delicato e importante, possa trasformarsi nel braccio violento del potere
politico. Tu che ne pensi? E come elimineresti il protagonismo di certi
giudici?
3)
La giustizia italiana è fondata sul
processo indiziario. L’incriminato può essere condannato quando una serie di
indizi suffragano l’accusa. Nel paesi anglosassoni, invece, dove vige il
processo accusatorio, l’incriminato può essere condannato solo quando esistono
prove che sono al di là di ogni ragionevole dubbio. Quale sistema ti sembra più
giusto e il più civile?
4)
Nel diritto italiano, l’incriminato
conserva la presunzione di innocenza finchè la sentenza non sia passata in
giudicato. Perchè questo avvenga bisogna attendere l’ultimo grado della
giustizia, la cassazione, si sia pronunciata (se adita). Molto spesso, per
percorrere tutti i tre gradi della giustizia, si impiegano decenni, perciò
alcuni hanno pensato di risolvere gran parte dei guai della giustizia,
proponendo di far cadere la presunzione di innocenza dopo la prima condanna.
Pensi che i mali della giustizia si debbano risolvere con un più efficiente
funzionamento della sua macchina o riducendo le garanzie del cittadino, come
vorrebbe questa proposta?
5)
L’Italia, per combattere il terrorismo e la
criminalità organizzata, (Mafia e Camorra) ha fatto ricorso a leggi speciali
che concedono abbreviazioni di pena a coloro i quali collaborano con la
giustizia. Questa scelta politica ha dato dei frutti innegabili e concreti. Ma
ora sta dimostrando i suoi limiti. I giudici, molto spesso, accettano per buone
le dichiarazioni dei “pentiti” quando le versioni di più “pentiti” coincidono,
anche quand non sono suffrgate da riscontri obiettivi. Tu cosa ne pensi del
fenomeno “pentitismo” e del comportamento della magistratura?
6)
Le correnti non esistono solo nei partiti.
Anche nella magistratura troviamo correnti ideologiche, che si rifanno ad
altrettanto visioni politiche. Le tre correnti sono:magistratura indipendente
(destra conservarice), unità per la costituzione (sinistra) e magistratura
democratica (estrema sinistra). E’ stato detto che l’indipendenza del giudice e
la certezza del diritto possono essere meglio garantite se la magistratura
stessa rinuncia a fare politica, abolendo la correntocrazia e facendo uso di
quell’unico, ma immenso potere che è la giurisdizione, attraverso sentenze
pronunciate in nome del popolo. Qual è il tuo pensiero su questo grosso
problema dell’indipendenza dei giudici?